L’Alzheimer è un enigma che ora potrebbe aver trovato una luce di conoscenza. La malattia è caratterizzata dalla perdita di cellule cerebrali, i neuroni, ma i meccanismi che la causano non sono ancora del tutto chiari.
Ora un team di ricercatori del Dementia Research Institute dell’University College di Londra e della KU Leuven in Belgio ha pubblicato uno studio sulla prestigiosa rivista Science, che potrebbe rappresentare un passo in avanti nella conoscenza di questa malattia. Gli studiosi hanno individuato come e perché i neuroni muoiono. La causa è il meccanismo di accumulo di proteine anomale nel cervello che porta alla “necroptosi”, una forma di suicidio cellulare.
Lo studio è il frutto di una ricerca effettuata su topi modificati geneticamente nei quali sono stati introdotti 100.000 neuroni umani nel cervello. I ricercatori spiegano così il processo di degenerazione dei neuroni: «La proteina amiloide anormale inizia ad accumularsi negli spazi tra i neuroni, portando a un’infiammazione del cervello, che ai neuroni non piace. E questo inizia a cambiare la loro chimica interna: appaiono grovigli di proteina Tau e le cellule cerebrali iniziano a produrre una molecola specifica (detta Meg3) che innesca la morte per necroptosi».
Il dato significativo è che le cellule cerebrali sono sopravvissute quando il team è riuscito a bloccare Meg3 con farmaci somministrati per via orale (due antitumorali e un antinfiammatorio).
Susan Kohlhaas, dell’Alzheimer’s Research UK, ha sottolineato l’importanza di questa ricerca perché «indica nuovi meccanismi di morte cellulare nell’Alzheimer che non avevamo compreso in precedenza e potrebbero aprire la strada a nuovi trattamenti per rallentare o addirittura arrestare la progressione della malattia in futuro».
Di recente sono arrivati nuovi farmaci per la terapia ma che hanno il limite di non poter essere somministrati a tutti i pazienti, di avere una bassa efficacia ed effetti collaterali anche gravi.
Secondo i dati dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Alzheimer e le altre demenze rappresentano la settima causa di morte nel mondo. Attualmente si stima che nel mondo oltre 55 milioni di persone convivono con una demenza. In Italia questa malattia colpisce circa 1,2 milioni di persone, di cui il 60% circa (600mila) rappresentato da casi di Alzheimer, e si stima che nel 2040 proprio quest’ultima patologia vedrà arrivare i casi oltre quota 2,5 milioni.
Il costo medio annuo per paziente, comprensivo dei costi diretti e indiretti, sia familiari sia a carico del Sistema Sanitario Nazionale e della collettività, è pari a 70.587 euro, cifra che, moltiplicata per la quota attuale di malati, si traduce in oltre 42 miliardi. Il maggior fattore di rischio associato all’insorgenza delle demenze è l’età e, in una società che invecchia, l’impatto del fenomeno è di dimensioni allarmanti. Si prevede che queste patologie diventeranno, in tempi brevi, uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica.
L’Alzheimer esordisce nella maggior parte dei casi dopo i 60 anni (7% dei casi tra 65 e 74 anni; 53% dei casi tra 75 e 84 anni; 40% dei casi dopo gli 85 anni), con un’incidenza che raddoppia ogni cinque anni, arrivando a interessare circa una persona su 3-4 dopo gli 80 anni.
Soltanto nel 2-3% dei casi si riconoscono forme ereditarie. Avere un nonno o un genitore con demenza esordita in età avanzata non espone, quindi, necessariamente a un maggior rischio di esserne colpiti a propria volta. Quanto incidano lo stile di vita e l’alimentazione ancora non è noto.
21 settembre 2023
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