Amori di cristallo, un mosaico di narrazioni e racconti per gridare l’orrore della violenza: dal mito alla sofferenza del tempo presente

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Dal cerchio di scarpe, realmente appartenute a vittime di violenza, da Antonella a Marianna che campeggiano come reliquie con le punte attaccate come a costruire una rete di sorellanza alla donna costretta al silenzio, con un fazzoletto sulla bocca, nell’opera di Maurizio Nittolo, che sceglie un titolo suggestivo “Non poter parlare”. Dal muro di Antonio Bergamino che racconta le false relazioni che dovrebbero proteggere la donna vittima ma finiscono per lasciarla sola alla madre dolorosa di Gennaro Vallifuoco che ha il volto di Michela Murgia.

E’ un mosaico di narrazioni e racconti dedicati all’universo donna e alla sua sofferenza quella che consegna la mostra “Amori di cristallo”, inaugurata questo pomeriggio al Carcere Borbonico. Un evento, fortemente voluto dal Museo Irpino, ideato e curato dal comitato Amori di Cristallo, direzione artistica del fotografo Antonio Bergamino, con il partenariato della Cooperativa Demetra, Casa sulla Roccia, Casa Rifugio, fortemente radicate sul territorio nel sostenere quelle donne che hanno subito atti di violenza. Nell’arco di 28 giorni, tempo di permanenza della mostra nelle sale espositive del Museo Irpino – Complesso Monumentale Carcere Borbonico, si alterneranno convegni ed eventi artistici. Ad esporre le loro opere e proporre i loro percorsi dedicati all’universo femminile Antonio Bergamino, Stefano Bergamino, Compagnia Clan H, Emanuela Sica, Gennaro Vallifuoco, Mariolina Carifano e Durayy Nayab, Luigi Cola, Mr Francese, Andrea Matarazzo, Anna Magistro, Paola Nazzaro, Maurizio Nittolo, Mario Ricciardi, Mariella Siano, Giovanni Spiniello, Chireutike, Giuseppe Cicalese, Antonio Di Rosa

Ad inaugurare la mostra una suggestiva performance degli attori del Clan H, guidati da Salvatore Mazza, Santa Capriolo, Laura Tropeano, Andrea De Ruggiero e Federica Avagnano. Le donne gridano la loro  sofferenza mentre le figure maschili vanno e vengono, secondo un rituale sempre uguale, in cui si susseguono frasi stereotipate, ora di amore, ora di odio, la richiesta di un’ultima possibilità, seguita da una nuova scenata di gelosia”.  E’ Salvatore Mazza a spiegare come “La mostra nasce da una visione di Bergamino che ha riunito una serie di artisti nel segno di una serie di idee performative. Il nostro ‘Sguardo muto’ si fa denuncia di ogni forma di violenza. In un momento in cui si avverte l’esigenza di ripartire dall’educazione alla gentilezza il teatro si fa avamposto della formazione dell’individuo. Bisogna riscoprire il valore dell’umanità”

Giovanni Spiniello ci ricorda con la sua creazione “Con il sole della vita nel cuore” la sacralità della donna, come quella della madre terra, che non è proprietà di nessuno “A diventare importante è quindi l’infinito abbraccio che riscalda l’universo, l’ascolto, sentire da dove partono le parole delle donne della nostra famiglia, siano essere sorelle, figlie e mogli”. A trovare spazio nella mostra anche la Sant’Agata di Francesco Guarini che si sofferma sul momento in carcere dopo lo strappo dei seni con tenaglie, quando di notte riceve la visita di San Pietro. Bergamino, curatore della rassegna spiega come “Il progetto nasce da lontano, da un progetto portato avanti con la Casa sulla roccia che mi ha permesso di conoscere le storie di donne, vittime di violenza. Un progetto che affiancherà alla mostra performance e dibattiti, grazie al sostegno dei tanti. Si è creata una rete solidale. La mia opera racconta il falso buonismo, di chi è incapace di comprendere il dramma di una donna”.

Gennaro Vallifuoco sottolinea come “di fronte a un tema così scottante, il rischio è quello di essere scontati. Ho scelto di rifuggire dalla cronaca quotidiana e di trovare rifugio nella situazione mitologica a partire dalla figura di Michele Murgia, che ormai appartiene alla dimensione del mito, trasformatasi in una madre dolorosa su un fondale che richiama le lotte delle donne con slogan in tutte le lingue del mondo e una kefia che si fa richiamo alla sofferenza del tempo presente”

Di forte suggestione anche il video della scuola di danza Choreutike, nata da un concept dell’insegnante Antonella De Angelis  “Nessuno di noi è un’isola”, attraverso una coreografia che ci consegna la necessità di trovare un varco attraverso l’indifferenza, di prendersi cura gli uni degli altri perchè siamo tutti parte di un tutto.

Emanuela Sica consegna un’immagine suggestiva in cui si fondono classicità e natura con “il volo solitario della mariposa” “Ero solo diversa dalle altre, destinate a tessere generazioni, nient’altro che fattrici, utensili di carne, oggetti di possesso” per ricordarci che “Non fu la mela ad essere addentata ma la donna ad essere spolpata”

Andrea Matarazzo si propone “Attraverso le sensazioni” di entrare nell’intimità e nella vita di un altro, allertando tutti i sensi. La fotografia diventa strumento per sovrapporre uno strato di vita all’altro. Mentre “Il Soffio” di Mario Ricciardi si fa omaggio alla libertà delle donne, attraverso la rappresentazione di forme, colori, figure e materie. In “Corporeità e luce” Luigi Cola si sofferma su simboli antichi e misterici, giocando su valenze opposte, dal rosso della passione al bianco come metafora della prigionia della bellezza.

La mostra è dedicata alla memoria di Antonio Di Rosa, amico, scenografo, scultore, pittore e aderisce alla campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne e di genere “Posto Occupato”.  Ed è proprio l’opera di Antonio Di Rosa a lanciare un segnale forte di libertà con un omaggio alla poetessa Isabella Morra, segregata in casa, che riesce finalmente a spiccare il volo da una roccia


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