Anemia da carenza di ferro, cosa fare se ti manca l’energia

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Sono troppo stanca, ho tirato la corda oltre il limite. Devo prendermi un periodo di riposo, la tensione e lo stress sul lavoro hanno superato la soglia di accettabilità. Sono frasi che diciamo spesso, uomini e donne indistintamente, e che non hanno età, perché anche i giovani che studiano pagano la loro dose di fatica psicofisica quotidiana.

Certo, lo stress, i tanti impegni a casa e fuori ci sono eccome. Ma se vi dicessimo, noi di Starbene, che il “logorio della vita moderna” è colpevole solo in parte? Basterebbe infatti fare un semplice esame del sangue, l’emocromo, per scoprire che affaticamento e mancanza di forza possono essere dovuti anche, in più della metà dei casi, a una “semplice” carenza di ferro. Semplice ma subdola, come uno stillicidio quotidiano che ci fa perdere, goccia a goccia, quello sprint al quale siamo abituati e che la vita ci richiede.

Ma attenzione: non è un problema solo legato al ciclo abbondante o all’alimentazione come si pensa, in genere, in questi casi. C’è ben altro e, per fortuna, sempre rimediabile: ce lo spiega Milena Coppola, ematologa del Centro Trasfusionale dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Dottoressa Coppola, la rivista scientifica The Lancet ha lanciato l’allarme…

I dati riportati dallo studio dicono che oggi sono 2 miliardi le persone nel mondo affette da anemia. La prevalenza è alta per le donne in età fertile, tocca il 33,7% rispetto all’11,3% degli uomini. Possiamo quindi ancora dire che l’anemia è tendenzialmente donna (almeno fino ai 50 anni), ma anche gli uomini non ne sono indenni. L’allungamento della vita ha poi portato il problema a coinvolgere anche le età più avanzate.

Quindi abbiamo casi anche dopo i cinquant’anni?

Sì, l’anemia è legata per esempio all’uso della terapia antiaggregante per prevenire le malattie cardiovascolari, che comporta uno stillicidio di ferro fino a darne carenza. Questa terapia non è di utilizzo frequente solo negli uomini, ma anche nelle donne dopo la menopausa, quando il rischio cardiovascolare si parifica perché vengono a mancare gli estrogeni protettivi, quelli che facevano la differenza di genere in questo campo. Che fare? Dipende dai casi.

Se è prescritta per prevenire il rischio cardiovascolare in persone che non hanno mai avuto un problema cardiaco ma sono ipertese, obese, diabetiche, la correzione delle abitudini (alimentazione, sedentarietà, fumo) e il buon controllo della pressione possono permettere di evitarla. Se invece c’è stato un evento cardiovascolare è necessaria, ma occorre usare anche un gastroprotettore perché così si riduce la tossicità gastrointestinale e, quindi, il rischio di anemia. Abbiamo visto come alcuni farmaci possano indurre l’anemia ma, in moltissime persone, può anche dipendere da una gastrite cronica e il conseguente malassorbimento.

È vero che i fibromi possono favorire una carenza di ferro?

Sì, non tutti sanno che i fibromi, una delle patologie ginecologiche tipiche della menopausa, provocano una carenza di ferro. Sono infatti delle strutture muscolari che si formano nell’utero e che accumulano questo minerale, sottraendolo all’organismo, e che vanno individuate con la visita ginecologica valutando se asportarle chirurgicamente, anche per evitare l’anemia conseguente.

E l’alimentazione squilibrata è una causa importante?

Sì, e non solo fra le donne sempre a dieta. Si è visto, per esempio, che anche molti giovani uomini, quarantenni, hanno delle abitudini alimentari scorrette: per esempio consumano più carboidrati e meno cibi ricchi di ferro come il pesce o la carne. Se a queste abitudini si aggiunge una gastrite, come detto, può insorgere anemia in un periodo di superattività, che richiede molta energia.

I vegani rischiano di più?

Sono in generale a rischio di anemia. È un regime alimentare sconsigliato ai bambini e alle giovani in età fertile, in gravidanza e in allattamento. Però, se fuori da queste categorie lo si vuole adottare e non si è già anemici, può essere sostenibile ma occorre integrare la dieta con la vitamina B12 (altrimenti presente solo nei cibi di origine animale). Il dosaggio consigliato di è di 400-500 mcg 2-3 volte alla settimana.

Le ragazze invece che errori fanno?

Hanno in genere dei cicli irregolari a volte con forti sanguinamenti, perché l’assetto ormonale non si è ancora equilibrato, ma a 18 anni non si fanno visitare dal ginecologo se non ci sono sintomi di altro tipo o se non vogliono prendere la pillola. In più, come i ragazzi, hanno non di rado un’alimentazione non equilibrata, se non un disturbo del comportamento alimentare.

Quando non siamo di fronte a veri e propri casi di anoressia e bulimia, comunque abbiamo atteggiamenti tipo il salto del pasto, l’eliminazione di categorie di cibi per moda, per seguire il gruppo di riferimento o per la linea. Ultimamente c’è una grande attenzione, in questa fascia d’età, alla dieta gluten free, o a evitare il lattosio e le uova per scelta. Tutti alimenti che servono per soddisfare l’elevato fabbisogno di ferro (e non solo) tipico di questa fase della vita molto attiva, anche dal punto di vista cerebrale.

Cosa c’entra il ferro col cervello?

Questo organo consuma ferro per mantenere la plasticità neuronale, cioè la capacità delle sue cellule di funzionare al meglio, aumentarne la moltiplicazione e le connessioni fra neuroni. Nei giovani il primo sintomo dell’anemia è proprio la difficoltà di concentrazione e una bassa prestazione negli studi, così come disturbi del sonno che però, spesso, non vengono correlati a questa condizione. Quando c’è una carenza di ferro il nostro organismo ritiene infatti prioritaria la produzione di globuli rossi, i nostri trasportatori di ossigeno, quindi se c’è poco ferro lo destina tutto a questa attività.

E la stanchezza?

Anche i muscoli hanno bisogno di ferro per lavorare perché sono costituiti dalla mioglobina, una proteina ferrodipendente, e quindi le difficoltà nell’eseguire lavori o attività quotidiane sono legati di nuovo a questa “distrazione” del ferro per produrre globuli rossi, fino al suo esaurimento. È lo stesso motivo per il quale anche le unghie e i capelli ne soffrono: il nostro corpo decide le priorità nell’usare le scorte del minerale.

Altri sintomi classici dell’anemia?

Il pallore, la tachicardia, l’affanno, quest’ultimo quando i valori di emoglobina sono molto bassi. La tachicardia è un meccanismo di compensazione: se i globuli rossi sono pochi il nostro organismo percepisce un ridotto apporto di ossigeno ai tessuti e quindi lo fa girare più velocemente attraverso l’attività “spinta” del cuore. La tachicardia quindi, in una persona giovane e apparentemente sana, è sintomo di un’anemia già importante. A cui può associarsi, in tutte le età, una disfunzione della tiroide, che dà anch’essa tachicardia.

Se si trascura che cosa può succedere?

A parte vivere male e sempre più “stancamente”, può essere coinvolto soprattutto il sistema cardiovascolare, quello che è chiamato a compensare la mancanza di “forza” e di ossigenazione del sangue dovuti alla caerenza di ferro. Questa compensazione avviene gradualmente nel tempo tanto che, alla fine, ci si ritrova al Pronto Soccorso per il “cuore in gola” quando ormai l’emoglobina è a 5, un valore bassissimo. Ciò succede se il cuore è sano. Se invece esiste una cardiopatia pre-esistente, questo sistema di compensazione non funziona e quindi appaiono aritmie fino a sintomi come quelli dell’infarto.

È vero, come dice The Lancet, che si rischia anche la depressione?

Sì. Il ferro, come abbiamo visto, è necessario per le funzioni cerebrali. Un rallentamento della funzione cognitiva può portare alla depressione, soprattutto di tipo reattivo. Mi accorgo che non sono più efficiente come prima e mi butto ancora più giù per questo motivo e perché non riesco a “reagire”.

Che esami vanno fatti?

Innanzitutto un emocromo, almeno una volta all’anno: l’emoglobina deve essere superiore a 12 g nelle donne, 13 g per gli uomini. E poi il ferro, la vitamina B12, l’acido folico, anche in assenza di anemia, perché il fabbisogno di questi nutrienti è diverso per ciascuno di noi, dipende dalla massa muscolare, dal tipo di vita che si fa, dall’età.

Però molte persone non tollerano l’integrazione orale di ferro…

Succede soprattutto a chi ha una malattia gastrointestinale, che risponde con grande acidità di stomaco, mal di pancia o stitichezza: in questi casi può aiutare un farmaco inibitore di pompa protonica ed eliminare la fonte della gastrite (per esempio l’Helicobacter pylori). Poi ci sono gli intolleranti al ferro orale, il 20-30%.

Per fortuna esistono altri preparati, i “ferri” di nuova generazione, molto ben tollerati, incapsulati in gocce lipidiche (liposomi) o complessati con particolari zuccheri che ne permettono l’assorbimento nell’intestino bypassando lo stomaco, e senza il bisogno di avere un pH acido che invece è necessario per l’assorbimento delle formulazioni di ferro tradizionali. Questi integratori vanno bene, però, per le carenze lievi e precedenti all’anemia o per il mantenimento dopo una cura.

Per i casi più gravi invece?

Si deve fare l’infusione in vena in ospedale, in regime ambulatoriale. I nuovi medicinali per via venosa sono ben tollerati e anche le anemie più severe possono essere gestite con una infusione alla settimana per tre settimane, seguite poi dai controlli periodici. Così si recupera completamente l’anemia, ma occorre comunque correggere la causa che l’ha provocata.

Insomma, non è una condizione da sottovalutare.

La stanchezza che la caratterizza agisce come una sorta di lento stillicidio che mina le attività quotidiane, da quelle fisiche a quelle mentali, ma noi “tiriamo avanti” perché i sintomi non sono acuti, sono diluiti nel tempo. Tanti dicono: forse mi devo prendere una pausa di riposo. Usiamola per fare un controllo. E magari, se stiamo bene, donare del sangue che, soprattutto per i più giovani, è un modo di verificare in maniera precisa e costante la quantità di ferro che ci serve per vivere bene.

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