L’aneurisma fa paura perché può restare silente per tutta la vita, ma se all’improvviso si “rompe” può essere potenzialmente mortale o gravemente invalidante. Ecco perché la diagnosi precoce è fondamentale. Si tratta della dilatazione permanente di un’arteria, una sorta di rigonfiamento simile a una pallina, determinata dal cedimento delle pareti di quel vaso sanguigno. «Anche se la più nota è l’aorta, ci sono arterie in tutto l’organismo, perché il loro compito è quello di trasportare il sangue ricco di ossigeno dal cuore ai vari organi e tessuti del corpo», spiega il dottor Ferruccio Ferrero, chirurgo vascolare del Centro Medico Diagnostico di Torino. «Un capitolo a parte spetta all’aneurisma cerebrale: nonostante sia simile nella manifestazione, perché si tratta sempre della dilatazione di un’arteria, solitamente è dovuto a un difetto congenito, avviene all’interno di gruppi familiari, riguarda soprattutto i giovani ed è appannaggio dei neurochirurghi, non dei chirurghi vascolari».
Che cos’è un aneurisma
Normalmente si parla di aneurisma quando il diametro di un tratto arterioso raggiunge circa il doppio di quello considerato normale. «Questa dilazione può interessare tutte le arterie dell’organismo, come quella iliaca, femorale e poplitea, ma più frequentemente colpisce l’aorta e lì si corrono i maggiori pericoli», tiene a precisare il dottor Ferrero.
«Il segmento più colpito è quello dell’aorta addominale sottorenale, anche se l’aorta toracica non ne è indenne. Se in condizioni normali questo tratto ha un diametro di due centimetri, si parla di aneurisma quando la dilatazione raggiunge i 3,5-4 centimetri, anche se fino ai 5 non è generalmente pericoloso. Al secondo posto in termini di frequenza invece c’è l’aneurisma che interessa l’arteria poplitea, dietro il ginocchio, mentre altrove l’incidenza è piuttosto rara, quasi aneddotica».
Che cosa provoca un aneurisma
La definizione scientifica di aneurisma fa riferimento alla dilazione di un’arteria causata da una “interruzione parziale delle sue componenti elastiche e muscolari”. Questa interruzione non è altro che un indebolimento della parete arteriosa, che nel tempo si danneggia a causa della formazione di placche aterosclerotiche, costituite da colesterolo, prodotti di degradazione cellulare, calcio e fibrina.
«Questi depositi possono condurre a due esiti finali: l’arteria si chiude, determinando un’arteriopatia ostruttiva, oppure si dilata, causando un aneurisma», avverte Ferrero. Dunque, i fattori di rischio per questa patologia sono gli stessi dell’aterosclerosi: quelli non modificabili sono l’età (perché l’invecchiamento ne facilita la comparsa), il sesso (fino ai 50-60 anni, gli uomini sono più predisposti rispetto alle donne) e la genetica (conta l’ereditarietà), mentre per intervenire su quelli modificabili – migliorando lo stile di vita – bisogna curare ipertensione arteriosa, diabete, obesità e ipercolesterolemia, ma anche evitare fumo di sigaretta e sedentarietà.
Quali sono i sintomi
L’aneurisma è un nemico subdolo, perché generalmente è del tutto asintomatico e non presenta sintomi, soprattutto nelle fasi iniziali. «Il riscontro infatti è spesso casuale e avviene durante una visita medica, una radiografia del torace, un esame ecocardiografico o una Tac eseguiti per altri motivi. Possono accorgersene più facilmente i soggetti molto magri, che talvolta avvertono una sensazione di pulsazione nella pancia. Sentire delle palpitazioni a livello addominale è un segno da non sottovalutare mai», osserva il dottor Ferrero.
Come si fa la diagnosi
La rottura di un aneurisma rappresenta un’evenienza drammatica, che comporta la morte del paziente in un’elevata percentuale dei casi, anche se operato in urgenza. Per questo motivo, l’unica arma a nostra disposizione è la diagnosi precoce, che può avvenire sottoponendosi una volta all’anno (a partire dai 50 anni o anche prima se ci sono fattori di rischio) a un’ecografia addominale oppure a un ecocolordoppler dell’aorta addominale, in modo da individuare tempestivamente il problema.
Qual è la cura
Qualora venisse riscontrato un aneurisma, quali sono i trattamenti possibili? Il primo è l’intervento open, la procedura chirurgica più classica in questo settore che prevede l’incisione dell’addome (dallo sterno fino all’altezza del pube) per raggiungere il tratto interessato dall’aneurisma, asportarlo e poi sostituirlo con una protesi sintetica.
«Oggi, però, viene quasi sempre scelto un intervento meno invasivo, quello della chirurgia endovascolare: anziché aprire l’addome, si passa attraverso l’arteria femorale, dove viene inserito un introduttore di piccolo calibro per trasportare una endoprotesi fino all’aneurisma», illustra Ferrero. È come se le pareti dilatate venissero protette con una struttura, in modo che il sangue scorra all’interno della protesi sintetica e non più nel segmento naturale.
«Deve sempre essere lo specialista a valutare la necessità di intervenire e il tipo di chirurgia, perché gli aneurismi non seguono regole precise né si rompono sempre alla stessa grandezza. Ogni valutazione deve quindi essere personalizzata», conclude l’esperto.
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