Arci Avellino: Autonomia differenziata, perché è un’idea malsana

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L’approvazione del Senato segna una tappa decisiva nel processo di differenziazione delle nostre regioni nel Paese, che qualora passasse, anche alla Camera, porterebbe ad un cambiamento storico della nostra Repubblica.

L’autonomia differenziata, così come pensata, andrebbe ad attribuire autonomia legislativa a regioni a statuto ordinario sulle materie di competenza concorrente (ossia di competenza sia dello stato che delle regioni) e in tre casi di materie di competenza esclusiva dello Stato.

La proposta di legge Calderoli andrebbe ad acuire sempre di più il divario economico, sociale e culturale che esiste tra Sud e Nord Italia, causando un conflitto sempre più intenso tra le Regioni del nostro territorio.

Il Politologo Giovanni Sartori, analizzando le cause che possono portare ad un conflitto all’interno di un popolo, cita la crepa endemica che si è generata dal processo di unificazione del territorio Italiano diventata poi nei decenni successivi sempre più ampia e profonda.

Se analizziamo attentamente questa crepa non potremo far altro che sottolineare come vi siano sempre state diversità economico-sociali tra il Meridione e il Settentrione.

Molte delle argomentazioni a sostegno di questa proposta di legge, si basano su un principio meritocratico che mette al centro la capacità delle regioni di essere efficienti, efficaci e produttive. In altre parole si vuole sostenere e premiare quelle realtà regionali che vanno più veloce, lasciandosi indietro le regioni più deboli considerate come zavorre.

Possiamo dirci che questa visione parta da un assunto fallace, infatti quest’assunto potrebbe avere una sua logica, se tutte le regioni partissero da stesse condizioni sociali, economiche, culturali cosa che sappiamo benissimo non essere mai accaduta in oltre 150 anni di storia del nostro Paese.

Nonostante il divario formatosi tra il Sud e il Nord Italia abbia ragioni profonde ed endemiche pensiamo ci sia stato un ruolo centrale anche da parte della nostra classe dirigente colpevole di non aver costruito uno sviluppo, un’economia, e un terreno democratico sano e fertile nei nostri territori.

Le scarse opportunità, la desertificazione sempre più diffusa e la mancanza di un’economia sana sono conseguenze di scelte poco lungimiranti e carenti di visione prospettica da parte delle nostre classi dirigenti.

In sostanza una proposta che attribuisce sempre più competenze ed autonomia nella gestione economica, sanitaria, dei servizi alle regioni, non solo non porterebbe ad una risoluzione della questione meridionale ma andrebbe a generare uno squilibrio sempre più profondo atto a favorire le regioni più ricche rispetto a quelle più in difficoltà.

Possiamo affermare che questa proposta di legge trova una sua collocazione perfetta nell’ecosistema politico di questi decenni che prova in maniera sempre più estrema a sostenere i più ricchi, lasciando indietro i più poveri.

Ci chiediamo però per quanto altro tempo si vuole andare avanti in questa direzione, ci chiediamo quanto ancora vogliamo acuire crepe e conflitti che possono diventare drammatici dal punto di vista sociale.



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