Nell’era del Metaverso c’è chi si è portato avanti anni prima, capendo da subito le potenzialità non solo della realtà virtuale, ma anche quelle di un linguaggio trasversale che unisca le generazioni, dai boomers fino ai millennials e alla generazione Z, che identifica “nativi digitali” e non. Area X è nel centro di Torino, in una delle più belle sedi di Intesa Sanpaolo. Si entra e inizia subito l’esperienza che ci porterà su altri pianeti, ma anche a compiere scelte personali di protezione e sopravvivenza. La si può fare da soli, ma rende molto di più in coppia, in famiglia, persino con i nonni (gli over 60 si dimostrano spesso fra i più dinamici alle prese con la realtà virtuale).
«Area X non è uno spazio commerciale, ma un luogo di educazione e intrattenimento che veicola principalmente un messaggio: con le giuste protezioni si può andare lontano. Il nostro obiettivo è che Area X possa contribuire a creare una crescente consapevolezza sul tema della Protezione», spiega Alessandro Scarfò, amministratore delegato e direttore generale di Intesa Sanpaolo Assicura.
Un divertimento che unisce
Che cosa succede una volta entrati in Area X? Gli addetti spiegano come interagire con le macchine e, soprattutto, con gli attrezzi tipici della realtà virtuale, gli speciali “occhiali”, uno zaino da indossare che trasporta il software necessario per il “viaggio”, dei bracciali hi-tech che consentono di inviare comandi e fare delle scelte di equipaggiamento ma anche comportamentali e, infine, un braccialetto, che registrerà tutte le nostre azioni, opzioni e risultati. Già, perché il viaggio in Area X, come ogni buon gioco, propone anche una gara con noi stessi e/o gli altri, premiando le scelte che faremo con un punteggio, che non serve solo a sottolineare “chi vince”, ma soprattutto chi ha imparato di più da questa esperienza, a mano a mano che la vive.
Per giocare però prima si devono fare delle scelte cruciali alla consolle centrale, che rimangono registrate “al polso”: porteremo con noi uno scudo anti raggi o del cibo? Gli stivali anti gravità o un casco particolare? E poi, di fronte agli imprevisti… Avevamo provveduto a dotarci di un kit salvavita o abbiamo optato per una protezione dai danni da meteoriti? Ovvio, bisogna fare delle scelte, sarebbe troppo facile portarsi in viaggio tutti gli strumenti anti imprevisti.
Le varie esperienze
La realtà virtuale è totalmente immersiva: una volta indossati gli occhiali ci si sente proprio “dentro” i mondi artificiali costruiti dal computer. Quando si entra nella prima sala dove gli addetti di Area X ci aiutano a indossare l’equipaggiamento, i muri sono bianchi e il pavimento soffice, perché ci farà provare, una volta avviata l’esperienza, l’effetto di una gravità diversa dalla Terra. E infatti il gioco parte subito: ci troviamo di colpo su un’astronave che atterra su un pianeta circondato da piattaforme vicine e lontane, sulle quali dobbiamo spostarci.
La prima prova è quella di scendere dall’astronave, ed è anche quella che inizia già a rivelare qualcosa della personalità del giocatore: c’è quello prudente e il temerario, che spicca un grande balzo. Si barcolla un po’, si agitano le mani nel vuoto, ma se la dotazione di partenza è quella giusta (gli stivali speciali o lo scudo? Non spoileriamo nulla, come direbbe un ragazzo della generazione Z). Poi si passa alla verifica dei punteggi e si prova l’auto spaziale, che guideremo noi. Anche qui la situazione è fantascientifica ma concreta: si tratta di portare a prendere un aperitivo una ragazza appena conosciuta (davvero realistica), scegliendo fra una scorciatoia o una strada più lunga; che cosa ci farà fare la voglia di Dating futuribile? È tutta una sorpresa ma, ancora una volta, le nostre scelte faranno la differenza.
Si prosegue con altre esperienze (come la casa su Marte, vedi foto) e, a mano a mano che si avanza, avremo un punteggio individuale in termini di protezione e la posizione rispetto ai concorrenti.
Un nuovo linguaggio che fa parlare generazioni diverse
Diventare più consapevoli sul tema della protezione, questo fa Area X. Giocando, ma non solo. Anche attraverso un nuovo linguaggio, che è poi il viatico primo della trasmissione della conoscenza da genitori a figli, dai decisori di oggi a quelli di domani. Usando però lo stesso alfabeto, quello più moderno, quello dei giovani.
«Prendiamo TikTok», commenta Maria Giovanna Luini, medico psicosomatista. «Abbiamo visto come con le elezioni, ma anche prima, un mondo solo poco tempo fa popolato eminentemente da millenials e generazione Z sia stato piano piano colonizzato da adulti anche over, quelli che hanno voluto usare un mezzo dei giovani per parlare ai giovani. Ottima idea, se non si finge di “fare i giovani”, ma si rimane se stessi e li si raggiunge, si è fra di loro, con il loro mezzo».
TikTok vuole messaggi veloci, rapidi e immediati, come quelli di Area X e delle sue tecnologie: si capisce subito, si impara subito, si gioca subito. «Per parlare con i più giovani niente preamboli: bisogna essere diretti, efficaci e trasmettere velocemente il messaggio chiave», spiega Luini. «Così si aggancia la loro attenzione e, una volta ottenuto il risultato, saranno loro i primi a voler approfondire certi temi».
Ma non basta solo il linguaggio giusto nel posto giusto per trasmettere cultura e valori nuovi. «L’adulto deve essere “centrato”, cioè dimostrare di saperne e rappresentare un punto di sicurezza», aggiunge l’esperta. «Essere centrati significa essere stabili e chiari in qualunque situazione: siamo noi che per primi siamo in grado di darci un valore, di prenderci cura di noi stessi, di fare le scelte giuste, per poi trasmettere questo patrimonio culturale agli altri. È un atteggiamento vincente e trasversale, anche sul terreno economico, che capiscono tutti: risparmiare o investire? Imparare a tutelarsi anche dal punto di vista materiale è un passo importante per la nostra sicurezza, ma anche per la nostra crescita e la trasmissione di questi concetti alle nuove generazioni».
Le scelte per il futuro sono età-dipendenti ma…
Vincere o perdere, bianco o nero e bidimensionale: le generazioni over dei boomers sono un po’ così. Mentre dai millennials in poi l’atteggiamento è più aperto, gioca su più piani, come la realtà virtuale. «I giovani sono disponibili a fare scelte multiple e non unidirezionali: cercano la loro strada, tendenzialmente non si affidano agli altri (se non nel mondo dei “pari”), ma spesso prevale il dubbio, e quindi la confusione e il “ci penserò”», spiega Daniela Bavestrello, psicoterapeuta a Rimini.
«Per parlare con loro e trasmettergli dei valori (che però noi per primi dobbiamo aver ben acquisito) il gioco è un sistema molto efficace, rompe le barriere ed entra nel profondo, non tanto come “sfida”, ma come linguaggio universale e modalità trasversale di entrare in relazione». Un consiglio per interagire di più fra diverse età? «Fare le cose il più possibile insieme», suggerisce Bavestrello. «Ai giovani non dobbiamo subito spiegare il perché e il percome, ma coinvolgerli. Fatti aiutare, aiutami. Promuovere a nostro “consulente” un figlio anche su temi da “adulti” è portarlo a un piano relazionale superiore». Si inizia per gioco e si finisce per condividere valori e cultura.