L’Urbanistica e l’edilizia nella città di Avellino facevano gola al Nuovo clan Partenio e al gruppo malavitoso Forte Aprile, attivo nel settore delle aste fallimentari. Un affare che, però, per essere ancora più redditizio richiedeva un investimento “politico” sulle amministrative 2018 nel comune di Avellino. Nelle circa 1000 pagine di ordinanza firmate dal gip di Napoli Fabrizio Finamore, che ha disposto 8 arresti in carcere, 6 ai domiciliari, il sequestro di società e beni per 4 milioni di euro, che si aggiungono alle disponibilità finanziarie già sequestrate tredici mesi fa per 1,5 milioni (leggi qui tutti i dettagli dell’operazione Aste Ok), trovano il loro posto tutte le tessere del mosaico investigativo della Dda napoletana che già ad ottobre 2019 portò alla decapitazione del Nuovo clan Partenio guidato, secondo gli inquirenti, da Pasquale Galdieri detto O Milord e dal fratello Nicola. La lente di ingrandimento della magistratura antimafia si sofferma sull’attività di intimidazioni e minacce a danni di esecutati e persone che in qualche modo tentavano di riprendersi la propria casa finita alle aste immobiliari, affare andato avanti anche dopo gli arresti e le indagini di un anno fa, e sul voto di scambio politico mafioso che, secondo l’impianto accusatorio, avrebbe dovuto portare il nuovo clan Partenio, con le amministrative 2018, a mettere le mani sul Comune di Avellino.
LE ASTE GIUDIZIARIE. Nella nuova ordinanza che ha portato all’arresto in carcere di Livia e Modestino Forte e di Armando Pompeo Aprile, il gip fotografa il salto di qualità del gruppo dei Tre Tre, definendolo di fatto “inglobato” nel nuovo Clan Partenio. Lo schema di azione, d’altronde, era già venuto chiaramente fuori nella maxi inchiesta Partenio 2.0. Il sistema vedeva l’azione dei Galdieri come braccio armato dei Forte e di Aprile per dissuadere, con minacce e violenze, eventuali partecipanti alle aste immobiliari. Un sistema che, questo uno dei dati più inquietanti, si consumava anche all’interno del Tribunale dove, questa l’impressione di alcune delle vittime sentite dai magistrati inquirenti, gli arrestati sembravano “spadroneggiare”. Un’attività che ha permesso al sodalizio di ottenere immobili, ma soprattutto ingenti ricavi, poi equamente divisi con i Galdieri, dall’azione estorsiva ai danni degli ex proprietari degli stessi che, per rientrare in possesso di case, negozi, garage, avrebbero dovuto sottostare alle percentuali maggiorate applicate dai Forte e da Aprile. Il tutto grazie ad un sistema di scatole cinesi di società immobiliari intestate anche a prestanome, attraverso le quali far perdere le tracce del flusso di denaro incassato dalle estorsioni.
IL VOTO DI SCAMBIO. Per il Gip Finamore il clan voleva “influenzare la vita politica e amministrativa della città di Avellino allo scopo di accedere alla cabina di regia delle scelte operate dalla pubblica amministrazione in materia urbanistica ed edilizia”. Come? Sostenendo la candidatura a sindaco dell’allora segretario provinciale della Lega Sabino Morano, anche lui tra gli indagati, che secondo gli inquirenti avrebbe accettato la promessa di procurargli i voti nelle elezioni comunali del 2018 fatta dai capiclan Pasquale e Nicola Galdieri, anche attraverso Damiano Genovese, figlio del boss Amedeo, poi eletto consigliere e nominato capogruppo del Carroccio ed oggi finito in carcere (era già ai domiciliari con l’accusa di detenzione abusiva di armi e perché ritenuto vicino al clan). In cambio dei voti Morano (che come è noto non fu eletto sindaco e poi si sospese dalla Lega) avrebbe dovuto soddisfare non meglio specificate utilità e interessi ed esigenze del clan. Ma le amministrative ebbero tutt’altra risoluzione, con l’elezione del sindaco Cinque stelle Vincenzo Ciampi, oggi consigliere regionale, il cui mandato amministrativo durò solo cinque mesi.
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