Nell’operazione “Lockwheels” che stamane ha portato all’esecuzione di nove ordinanze di custodia cautelare, tra Genova, Roma, Avellino e Savona, a carico di altrettanti soggetti ritenuti i componenti di un sodalizio criminale protagonista di una maxi frode fiscale da 9 milioni di euro nel settore del commercio delle automobili. 13 le persone indagate, 10 le società interessate dall’indagine. Le menti dell’operazione sono tutte liguri, l’imprenditore avellinese coinvolto nell’operazione è il 40enne C.R..
(Foto di copertina di repertorio).
Tre degli indagati sono finiti in carcere, due ai domiciliari e quattro hanno ricevuto l’obbligo di dimora. I reati contestati sono relativi ad un’associazione per delinquere, finalizzata alla dichiarazione fraudolenta IVA, mediante emissione di fatture per operazioni inesistenti, occultamento di scritture contabili e falso in atto pubblico.
L’indagine e’ nata da una attività investigativa condotta dai funzionari delle Dogane, incrociatasi con un’analoga attività della Guardia di Finanza di Genova, che ha portato alla luce l’esistenza gruppo criminale radicato nel capoluogo ligure e operante già dal 2016 il cui scopo era facilitare l’acquisto e la vendita, soprattutto nelle regioni del centro sud Italia, di veicoli anche di lusso, di provenienza sia intracomunitaria che nazionale, in totale evasione di IVA.
La rivendita di auto da parte del gruppo criminale incriminato nell’operazione “Lockwheels”, avveniva ad un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello praticato dalla concorrenza. Le operazioni di compravendita seguivano, a detta degli inquirenti, “un complesso e sofisticato sistema fraudolento basato sull’interposizione di societa’ ‘cartiere’ con incessante utilizzo di soggetti prestanome“.
Ruolo fondamentale spettava ad un’agenzia di pratiche auto genovese che si era prestata ad assecondare le numerose richieste illecite di immatricolazione di veicoli provenienti dal gruppo criminale. Per gli acquisti intracomunitari veniva presentata documentazione falsa presso gli Uffici della Motorizzazione Civile al momento dell’immatricolazione dell’automobile, in modo da far apparire gli stessi come effettuati dal soggetto privato e, dunque, già assoggettati ad IVA nel Paese di origine.
Per gli acquisti di auto da fornitori italiani, il sistema era quello di simulare la propria condizione di esportatore abituale, emettendo lettere di intento false, grazie alle quali i veicoli venivano acquistati senza di fatto corrispondere l’IVA dovuta. Le lunghe ed articolate indagini, coordinate dal pm Maresca – durate oltre due anni, anche attraverso intercettazioni telefoniche ed indagini finanziarie – hanno permesso di individuare tutti i soggetti coinvolti nella frode che ha comportato l’evasione di oltre 9 milioni di euro di I.V.A. oltre che delle imposte sui redditi