Beauty therapy, farsi belle per guarire prima

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Risale al 1959 il primo esperimento di fashion therapy. In un ospedale psichiatrico della California, fu disegnato un abito per ciascuna delle donne ricoverate. Risultato: sentendosi più belle, le pazienti riscontrarono un significativo miglioramento delle loro condizioni cliniche.

«Quando si combatte una malattia, prendersi cura dell’aspetto esteriore non ha nulla di frivolo o superficiale», spiega la dottoressa Cristina Sartorio, medico estetico torinese e referente per il Piemonte della Società italiana di medicina e chirurgia estetica. «Ritornare ad amarsi fa parte del processo di guarigione da molte patologie e sfruttare qualche “ritocchino” non è sbagliato: spesso, infatti, da un intervento chirurgico oppure da una terapia derivano danni estetici evidenti, che possono diventare una problematica psicologica difficile da gestire».

La malattia può far avvertire una perdita di controllo sul proprio corpo, perché il “nemico” sembra invincibile: «In quei momenti, è fondamentale ritagliare delle aree in cui si mantiene il pieno potere decisionale, come l’aspetto o il look. Curare il proprio aspetto fa stare bene e implementa le emozioni positive», assicura la dottoressa Sartorio, che suggerisce come affrontare quattro problematiche molto comuni.

Deriva da situazioni di sovraffaticamento prolungato oppure da squilibri ormonali

Oltre a seguire ogni giorno una skincare personalizzata, suggerita dal professionista dopo un accurato check-up cutaneo, questa forma di acne tardiva può essere trattata con speciali protocolli di purificazione, che si avvalgono di un macchinario innovativo (HydraFacial). Si tratta di una biorivitalizzazione senza aghi, molto apprezzata e utilizzata da star americane come Kate Winslet, Eva Mendes o Halle Berry prima dei loro red carpet più importanti.

Il trattamento – che dura circa 30-40 minuti – si avvale di un “pennino” che veicola nella pelle sostanze idratanti, purificanti o antiossidanti, a seconda dell’esigenza specifica. Nel caso dell’acne della donna in carriera, la cute viene disinfettata, ossigenata e pulita a fondo: sin dalla prima seduta è possibile ritrovare luce e tonicità, ma nell’arco di qualche appuntamento (il numero dipende dalle esigenze individuali) si ottengono i veri risultati, perché vengono asportati punti neri, comedoni e sebo in eccesso.

Invece, per lavorare sugli esiti da acne, come discromie o piccole cicatrici, si può ricorrere ai peeling chimici con acido tranexamico oppure al microneedling verticale, che sfrutta micro-punture a diversa profondità per stimolare naturalmente la pelle a produrre nuovo collagene, elastina e fattori di crescita, fondamentali per dare tono e sostegno.

La causa più frequente è rappresentata dalla sindrome dell’ovaio policistico

Per dire addio ai peli in eccesso, si può ricorrere all’epilazione laser che, dal punto di vista scientifico, è più corretto definire semipermanente anziché definitiva (come spesso viene pubblicizzata). Il risultato più o meno duraturo è una questione individuale, così come il numero di sedute necessarie per un risultato ottimale: a grandi linee, per le ascelle occorrono 5-7 appuntamenti, mentre per gambe e inguine si può arrivare a 8-10.

L’epilazione laser non è dolorosa, ma può risultare un po’ fastidiosa: nelle ore successive al trattamento, va evitata l’esposizione solare diretta, non bisogna praticare sauna o bagno turco e vanno applicate delle creme emollienti prescritte dal medico estetico, evitando i rimedi fai-da-te. L’eventuale rossore, che può interessare le zone più delicate del corpo (come viso, inguine o ascelle), è transitorio e scompare nell’arco di 24 ore dal trattamento.

  • Perdita di volume del viso

Può derivare da un dimagrimento importante, magari legato a una patologia organica

Il viso svuotato, soprattutto a livello di zigomi e guance, si può contrastare con i filler dermici e una terapia ristrutturante a base di un complesso di acido ialuronico, vitamine, sali minerali e sostanze antiossidanti: sono micro-iniezioni, fatte con aghi sottilissimi, che contrastano il cedimento profondo dei tessuti e regalano un aspetto più giovane, fresco, luminoso e rimpolpato.

Oggi vanno di moda anche i filler di acido polilattico, in grado di recuperare i volumi persi e riposizionarli nella sede originaria, senza creare un antiestetico “effetto palloncino”. In altre parole, anziché gonfiarsi in maniera forzata, la pelle ritrova la sua naturale elasticità, perché questo acido stimola la produzione di nuovo collagene, che va a ispessire il derma e ad aumentare il tessuto sottocutaneo.

In genere, è sufficiente una seduta ogni 2-3 mesi o, comunque, con una cadenza indicata dal professionista di medicina estetica. Per riposizionare i volumi, un’altra chance è offerta dagli ultrasuoni micro e macro-focalizzati, noti anche come lifting non chirurgico: in questo caso, mediante un apparecchio simile a un ecografo, vengono erogati dei fasci di ultrasuoni a una profondità molto precisa e stabilita dal medico per rigenerare il collagene. I vari trattamenti si possono combinare fra loro e sfruttare anche per altre zone del corpo soggette a svuotamento, come mani, collo e décolleté.

  • Caduta e diradamento delle sopracciglia

È uno degli effetti collaterali della chemioterapia e la ricrescita può richiedere tempo

Si può intervenire con la dermopigmentazione, una tecnica (simile ai tatuaggi) che viene eseguita mediante uno strumento a forma di penna e dotato di aghi sottilissimi, con cui vengono introdotti dei pigmenti colorati nella pelle. Occorre tener conto, però, che la caduta o il diradamento dovuti alla chemioterapia sono temporanei: terminate le cure, le sopracciglia ricresceranno.

Ciò significa che, qualora si decida di tamponarne la mancanza durante il periodo di terapia, sarebbe bene “disegnare” le sopracciglia prima di iniziare le cure: in questo modo, se ne potrà seguire la forma naturale per evitare, poi, di ritrovarsi con un tatuaggio nel posto sbagliato.

In generale, poi, per migliorare l’aspetto di un viso provato dalle cure mediche, si può giocare semplicemente con il trucco. Come suggeriscono i tanti corsi di make-up per pazienti oncologiche, finalizzati a far recuperare autostima e orgoglio del proprio aspetto. L’uso dei cosmetici, infatti, può diventare una sorta di comfort zone nei momenti di difficoltà, quando non sempre si ha la fortuna di poter contare sul sostegno emotivo e sulla vicinanza di amici e famigliari.

I cosmetici, antidoto contro i periodi no

Un caso eclatante: nel 2001, nelle settimane successive al crollo delle Torri Gemelle a New York, venne registrato un aumento delle vendite di rossetti del 25%. In base al cosiddetto lipstick index, letteralmente “indice del rossetto” (un grafico utilizzato da alcuni economisti per monitorare cambiamenti sociali e di costume), nei periodi di maggiore crisi si impenna la vendita dei cosmetici, forse per un desiderio di leggerezza e per il bisogno di sentirsi bene anche in un momento difficile. Lo stesso meccanismo che spiega perché, nella malattia, è importante curare il proprio aspetto.

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