Bianco, la scuola come valore. Quel discorso ai giovani nel centenario della nascita di De Sanctis

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Forse non è un caso che per andar via l’onorevole Gerardo Bianco abbia scelto il 1 dicembre, anniversario di fondazione di quel Convitto Nazionale “ P. Colletta”, verso i cui giovani frequentanti di ieri e di oggi ha sempre riservato attenzione ed ascolto. Vibranti furono le sue parole al Teatro Gesualdo di Avellino, in occasione dell’inaugurazione delle Celebrazioni per il Bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis, quando come Presidente dell’apposito Comitato istituito per la commemorazione, al fianco dei Proff. Toni Iermano e Bruno Gambardella spiegò: “ De Sanctis rifugge dagli schematismi, sempre attento al reale che lo circonda, perché il mondo non lo si capisce se non si guardano le persone negli occhi. Lo stesso “Viaggio elettorale” ne è la prova”.
Bianco, da uomo delle istituzioni con pluriennale esperienza, avvertì: “I politici non dovrebbero mai allontanarsi dal Paese reale, ancor più nel momento attuale in cui si rischia di cadere nel “chiasso” del web e dei social network. Per l’on. Bianco, ex Ministro della Pubblica istruzione negli anni ’90 non mancarono, quindi, le mirate domande dei giovani redattori di Eos, giornale di istituto del Convitto Nazionale che è giusto riproporre come furono riportate anche dal Corriere dell’Irpinia del 9 aprile 2017.
“Che cosa occorre recuperare del pensiero del De Sanctis per una scuola migliore?
Gerardo Bianco: De Sanctis era un uomo libero, capace di rinnovare le sue stesse idee, come dimostra la polemica molto forte da lui sostenuta in merito alla scuola di formazione tecnica, che, inizialmente, volle affidata al ministero dell’agricoltura, come è successo nel 1861. Quando invece diventò per la terza volta ministro, ci ripensò ed immaginò che anche nelle scuole tecniche bisognasse avere una formazione più ampia, più umanistica.
L’uomo di Morra, infatti, aveva avuto l’intuizione politicamente rilevante, che attraverso la scuola si poteva creare l’ unità degli Italiani, perché c’era l’unità politica ma mancava l’unità degli Italiani.
E’ da tener presente che l’80% dei cittadini italiani parlava il dialetto, motivo per cui l’uomo siciliano non si capiva con il veneto e neanche con il napoletano, malgrado avesse un dialetto meridionale. La grande questione era quella di utilizzare l’unità della lingua come elemento di unificazione degli italiani non solo dal punto di vista linguistico ma anche dal punto di vista culturale.
“Qual è il valore più importante riscoperto dal De Sanctis? “
Gerardo Bianco: La padronanza della lingua, l’attenzione al senso della precisione di ogni parola; la parola, per il de Sanctis, aveva la sua sacralità e, quindi, doveva essere rispettata per quello che è, perché chi domina il linguaggio domina le proprie idee, il proprio carattere.
Quale posizione assumerebbe oggi il De Sanctis, che credeva in un mondo “nostro”, dinanzi un’Europa che rischia di non essere più “nostra”?

Gerardo Bianco: Il nostro De Sanctis si esprime molto chiaramente riguardo al Discorso sul monumento di Dante. L’Italia deve offrire il suo contributo alla civiltà europea, la stessa “Storia della letteratura” deve essere letta in questo senso. La grande esperienza internazionale di Zurigo rendeva veramente De Sanctis aperto alle grandi prospettive europee. Egli era un sostenitore della nazione come civiltà italiana che si apre alla civiltà mondiale, soprattutto alla civiltà europea, perché in questo era consistito il Rinascimento. Profondo conoscitore della lingua italiana, il letterato di Morra non disdegnò lo studio della lingua tedesca, che gli consentì di leggere e tradurre Hegel negli anni di prigionia a Castel dell’Ovo.”

Quello del marzo 2017 non fu l’unico momento di confronto avuto con il Prof. Gerardo Bianco, essendo l’onorevole sempre vicino al mondo della scuola come quando il 13 marzo 2020 volle portare, su invito di Luca Cipriano, il suo contributo come presidente dell’ Associazione nazionale per gli interessi nel Mezzogiorno alla presentazione del libro di Ernesto Galli Della Loggia “ L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la scuola”, ricordando le origini irpine dell’editorialista del Corriere della sera, il suo attaccamento ad una terra da cui trae le sue radici.
«La scuola – si chiese Bianco – deve insegnare i saperi o deve dare l’educazione? Assistiamo ad un prevalere della didattica, del metodo per trasmettere il sapere, che finisce con lo schiacciare il sapere stesso. L’analisi di Della Loggia – affermò Bianco – parte dai mali che hanno provocato la perdita di consistenza della scuola. Si rischia, così, di avere un sistema scolastico incapace di fornire l’istruzione ai ragazzi. Penso alla battaglia di alcuni docenti come Paolo Saggese contro l’ingiusto oblio, nelle antologie, di autori meridionali, come Leonardo Sciascia. Nel 2014 si scrisse che si doveva approfondire la dimensione unitaria dell’Europa. Se andiamo a Parigi, ad esempio, respiriamo l’identità europea, cosa che a Roma non accade allo stesso modo. Oggi, purtroppo assistiamo all’emigrazione di tanti nostri ragazzi, alla perdita dei nostri talenti».

Gerardo Bianco, da politico ma ancor prima da intellettuale umanista, studioso del mondo classico e condirettore dell’Enciclopedia oraziana ha sempre sostenuto il ricordo e l’operato di suoi conterranei, come Guido Dorso e Fiorentino Sullo, del quale, insieme con l’on. Gianfranco Rotondi, difese la memoria in occasione della visita del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il 14 ottobre 2019. In quell’occasione ai ragazzi presenti in sala ebbe a dire: “ Noi abbiamo bisogno di storia, di ricostruire sempre esattamente come sono andate davvero le cose, senza pensieri necessariamente osannanti, nel ricordo di uomini inquieti come tutti i cavalli di razza, con le loro luci ed ombre, ma dalle opere comunque esemplari”. Una lezione da non dimenticare.
Pellegrino Caruso



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