Biodigestore, Bruno: si farà a Chianche? Allora si prendano le chiavi delle aziende, non servono più – IL CIRIACO

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È prevista per venerdì mattina la “Giornata provinciale di mobilitazione non stop” per dire no al Biodigestore di Chianche. La protesta organizzata contro la decisione dell’Ato di costruire in un’area D.O.C,G avrà questa volta luogo nel capoluogo e ci sarà un atto dimostrativo da parte dei manifestanti: i proprietari delle aziende agricole consegneranno le chiavi delle proprie imprese in segno di protesta, come a sfidare chi ha preso la decisione ad amministrare al posto loro in queste condizioni.

 

In prima fila, come sempre, ci sarà Tiziana Bruno dell’Azienda Agricola “Petilia” di Altavilla Irpina.

 Venerdi ci sarà la grande manifestazione ad Avellino. Lei è stata protagonista di quella precedente, una delle sostenitrici più appassionate delle ragioni del No. Qual è l’obiettivo di questa mobilitazione e cosa avete in animo di fare, oltre alla protesta, per scongiurare il rischio dell’impianto a Chianche?

 

“In realtà la protesta è proprio per scongiurare che ci siano danni al territorio e che ci sia uno sperpero economico. I lavori potrebbero infatti essere ripetutamente bloccati, proprio perché è un luogo posto sotto sequestro  e suscettibile a blocco lavori. I sono rifiuti sotto la cosiddetta zona industrial. Vorremmo scongiurare proprio uno sperpero economico in un luogo dove nulla potrà andare bene. Il danno potrebbe diventare triplice: in primis il biodigestore deturpa un angolo che andrebbe messo a tutela per l’aspetto naturalistico, come la migrazione di determinati uccelli in specifici periodi dell’anno; poi economico perché non si farebbe un giusto asservimento per le strade e in ultimo per i continui blocchi che ogni comune richiederebbe ai lavori. Quello che non riesco a capire è che era stata data una soluzione,  c’erano altri paesi disponibili, ed invece va fatto tutto qui contro il volere di un’intera popolazione, e non solo dei viticoltori come qualcuno ha detto dopo la protesta sui trattori, ma di tutto il mondo agricolo”.

 

Perché, secondo lei, è stata scelto il sito di Chianche e si sono prese poco o per nulla in considerazione le altre ipotesi che pure presentavano condizioni favorevoli?

“Chianche si è autocandidata. Non c’erano altri canditati e quindi è stata scelta. La politica, dopo la protesta, ha capito che semplicemente andava fatto  il biodigestore. L’Ato doveva valutare altri candidati ma, siccome volevano fortemente Chianche, si sono inventati un pool di esperti. Loro, molto vicini all’Ato, hanno detto che Chianche è strategicamente più importante delle altre zone che pure avevano tutto pronto e si erano fatti avanti. Quindi hanno continuato su questa linea. Tra l’altro questi esperti  non sono stati scelti dai politici, ma dall’Ato stessa. Hanno sostanzialmente trovato una strategia per forzare la scelta di Chianche”.

 

Questa è stata una battaglia lunga e difficile che oggi sembra arrivata ad uno snodo decisivo: l’Ato ha deciso che il Biodigestore si deve fare a Chianche. Come si blocca questa scelta?

“C’è una grande raccolta di firme anche da parte dei sindaci. I rappresentati dell’Ato sono affiancati dai sindaci di alcuni comuni. Abbiamo la firma per il no di quasi il 50% di questi primi cittadini. Tra l’altro noi agricoltori abbiamo avuto un forte attacco da parte del sindaco di Chianche e di altri sindaci che dicono che siamo i maggiori inquinatori del territorio. Sostengono che la creazione di un biodigestore aerobico, porti ecologia perché il compost che ne viene fuori è adatto ad essere concime. Il compost di un biodigestore aerobico è in realtà uno scarto che va smaltito come rifiuto. Non va assolutamente nei terreni. Questa cosa che deve essere chiara a chi sta prendendo la decisione. È solo un altro scarto da smaltire che comporta un’ulteriore spesa”.

 

E’ da poco cominciata la campagna elettorale per le regionali. Del Biodigestore si parla poco e solo per dire, a parole, che si è contrari. Alla prova dei fatti secondo lei quanto si sta impegnando la politica?

Sinceramente io credo che la politica si stia impegnando pochissimo e che, anzi, stia facendo tutto il possibile per non dimostrarsi vicina ai cittadini che si stanno impegnando nel mondo agricolo che, tra l’altro è un mondo difficilissimo. Il settore agricolo è chiamato, non a caso, primario. Se i terreni vengono abbandonati si smette di sognare, e le aziende agricole sono un sogno perché i guadagni sono esigui e il lavoro è molto. Cercheremo di dimostrare questa cosa durante la manifestazione, con il plateale gesto di consegnare le chiavi delle aziende agricole a chi formalmente sta rappresentando l’Ato e ha preso queste decisioni contro il nostro volere. Il problema, poi, non è solo legato alla produzione dell’uva, ma ci sono importanti implicazione dal punto di vista idrogeologico, per quanto riguarda le frane e circa la deturpazione della bellezza del territorio. Continuando così la gente abbandonerà questi luoghi, non solo per le condizioni che si creeranno, ma perché è stanca di questi eventi: l’Ato dovrebbe stare vicino alle persone ma il discorso mi sembra che sia quello di farci accettare una decisione senza tener conto delle opinioni. La nostra raccolta firme, ad oggi, dice che c’è molta gente contraria, che i sindaci sono contrari, e allora mi domando come sia possibile che si voglia andare avanti”.

Lei è stata vittima di un grave atto di vandalismo, le viti tagliate, alla sua azienda: cosa le ha insegnato quel gesto vile e quanta forza le ha dato per andare avanti?

“Ho avuto la solidarietà di tutto il mondo imprenditoriale e del prefetto e delle forze dell’ordine. Anche gli abitanti del paese e dei paesi limitrofi mi sono stati vicini. Ho capito che non bisogna mollare e bisogna combattere queste persone che vivono di delinquenza. Ho anche però compreso come i sindaci e le forze dell’ordine non abbiano grande potere, anche economico, per combattere questo. Abbiamo iniziato a salvaguardare i nostri terreni con sistemi di telecamere, cosa che non sarebbe accaduta in altri tempi. La solidarietà è stata tantissima e mi ha dato la forza di impegnarmi ancora di più. Io ho denunciato e chiamato mezzi di stampa e per questo ho raccolto l’approvazione di molti colleghi, del mondo enologico e non”. 

 

 



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