Biodigestore, il comitato per il no a Chianche chiama i sindaci – IL CIRIACO

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No al biodigestore Chianche

«Non è vero che non ci sono alternative a Chianche per il biodigestore. Il presidente dell’Ato rifiuti Valentino Tropeano lo sa bene e per questo ha paura che i sindaci irpini, in maggioranza contrari a Chianche, si riuniscano per discuterne. Ma il presidente dell’assemblea è il sindaco di Avellino che ha già garantito che a breve la convocherà». Il coordinamento «Nessuno Tocchi l’Irpinia» si riunisce in streaming e convoca la stampa per lanciare un’azione di moral suasion proprio nel momento in cui, nonostante la partecipata manifestazione di Piazza Libertà a fine luglio, il presidente Ato ha comunicato che, vista la mancanza di proposte alternative per il sito, il progetto Chianche sta andando avanti. «La nostra iniziativa, è ormai acclarato, non è solo di contrarietà al biodigestore nelle terre del Greco, ma si interroga su come realizzare un processo democratico, nella programmazione del ciclo rifiuti, che tenga presenti le peculiarità del territorio. Il vizio di origine sta nel bando a chiamata promosso dalla Regione a cui il comune di Chianche ha risposto dimenticandosi però di far parte di un contesto territoriale, l’areale del Greco. L’Ato – spiega Ranieri Popoli-aveva il dovere e l’opportunità di colmare questo vulnus, nell’unica sede deputata, l’assemblea dei sindaci. Le alternative ci sono basti pensare alle autocandidature di Domicella, Montella, Savignano Irpino e alle indicazioni arrivate da più parti di utilizzare aree industriali dismesse  che sarebbero più compatibili con un discorso di impiantistica rifiuti in provincia. Il sindaco di Avellino aveva annunciato di portare la questione all’attenzione dell’assemblea dei sindaci, facendo sua la posizione non solo dei sindaci dell’areale del Greco ma di larga parte della provincia». Un impegno che Festa è pronto a mantenere, secondo il sindaco di Petruro Irpino Giuseppe Lombardi che spiega «non siamo stati fermi e insieme al sindaco di Altavilla, in questi mesi, abbiamo avuto diverse interlocuzioni con Festa che, da presidente dell’assemblea dei sindaci, ha assicurato che convocherò l’appuntamento entro il 2020. Noi non ci fermeremo, anche se il Tar dovesse darci torto. Personalmente sono pronto anche alle barricate davanti al cantiere». Una battaglia che si continua a giocare su più livelli, compreso quello giudiziari con diversi ricorsi pendenti davanti al Tar di Salerno perché «un procedimento strano, privo di studio di fattibilità del territorio. La Regione ha finanziato il primo progetto per 14 milioni di euro per realizzare un impianto aerobico. Poi, con delibera di giunta, Chianche cambia il progetto e lo trasforma in anaerobico, e i costi arrivano a 18, 6 mln. A gennaio scorso poi è arrivato il progetto definitivo e i costi sono lievitati fino a 21 milioni. Ci chiediamo – interviene Carmine Camerlengo consigliere comunale di Altavilla- come sia possibile cambiare progetto e costi rispetto ad un finanziamento pubblico». Di calo di attenzione dell’opinione pubblica, «perché siamo tutti giustamente preoccupati dal Covid» parla Franco Mazza, portavoce dell’associazione “Medici per l’ambiente” che aggiunge «qualcuno approfittando della distrazione generale, va avanti per la sua strada. Per questo, adesso più che mai, è fondamentale che i sindaci si assumano la loro responsabilità e affrontino la questione. L’Ato è completamente assente sulla programmazione, non c’è stato alcun ragionamento serio sui veri bisogni dell’Irpinia, che ha peculiarità territoriali precise, ma si è preferito insistere su Chianche senza ascoltare le ragioni di cittadini, imprenditori e amministratori». C’è ancora il tempo «per un ripensamento responsabile» secondo Luca Beatrice, presidente Gal Partenio che dice «è una vicenda grottesca, è un nostro diritto che la legge sia rispettata a tutti i livelli. L’Irpinia ha diritto alla dignità che si è guadagnata grazie al lavoro di tanti cittadini. Siamo di fronte ad una volontà che si vuole imporre a tutti i costi, se l’Ato non riesce a vedere quello che chiunque non abbia interessi particolari riesce a comprendere, allora qualcosa non va. Immaginare un biodigestore in un’area non urbanizzata, caratterizzata da produzioni agricole di grande pregio a cui sono legate le ultime possibilità di sviluppo di questa provincia, è incomprensibile. Il senso di responsabilità lo sta dimostrando la popolazione, non la politica. Bisogna investire della questione l’assemblea dei sindaci Ato». Sulla stessa lunghezza d’onda Teresa Bruno, esponente del “Consorzio tutela vini irpini”: «non possiamo lasciarci prendere dalla rassegnazione, bisogna allargare la protesta oltre l’areale Greco di Tufo, coinvolgendo tutta la provincia». Durissimo Ferrante Di Somma, a capo di “Cantine Di Marzo”: «siamo di fronte ad un affare vero e proprio, dobbiamo valutare di rivolgerci alla Procura. Con chi è cattivo con il territorio, non si possono usare i guanti di velluto». Un’analisi condivisa da Piero Mastroberardino, a capo della storica e nota cantina di famiglia: «le economie locali proiettano la sofferenza attuale sul futuro, impattare su di loro oggi è più facile. Al tempo stesso assistiamo ad un decadimento del confronto tra istituzioni e comunità, ad una deriva verticistica della politica a tutti i livelli che ha azzerato le rappresentanze di livello intermedio. Ed è qui che si inseriscono comportamenti opportunistici, la macchina burocratica non si ferma e chi vuole giocare oggi, in un meccanismo che è stato lasciato inerte, trova terreno fertile e agevole. Si sta giustificando una decisione già presa in partenza, la dimostrazione più evidente è stata la mancata convocazione dell’assemblea dei sindaci dell’Ato che avrebbe dovuto dibattere in maniera prolungata ed ininterrotta per raggiungere una soluzione sostenibile per tutta la provincia».



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