Concorso esterno in associazione camorristica. Con questa accusa le forze dell’ordine hanno arrestato i tre fratelli del parlamentare di Forza Italia Luigi Cesaro nel corso del blitz che ha decapitato i tre clan (Puca, Verde e Ranucci) attivi nella zona di Sant’Antimo, nella periferia settentrionale di Napoli.
Antimo è finito in carcere, Aniello e Raffaele agli arresti domiciliari. C’era una richiesta di misura cautelare in carcere anche per lo stesso senatore di Forza Italia ma il gip di Napoli Maria Luisa Miranda si è riservato di prendere una decisione in seguito all’eventuale autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni. Aniello Cesaro è anche il rappresentante legale della Polisportiva Avellino, l’associazione che gestisce il centro sportivo Avellino di via De Gasperi con un project financing già oggetto di un’ordinanza di sgombero da parte della Polizia Municipale di Avellino per l’interdittiva antimafia che aveva colpito Aniello.
n tutto sono 59 le misure cautelari notificate dai carabinieri del Ros, nell’ambito di un’inchiesta della Dda su presunte collusioni tra camorra e politica (38 arresti in carcere, 18 ai domiciliari, due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e una sospensione dai pubblici uffici). Le accuse sono molteplici: associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione elettorale, tentato omicidio, porto e detenzione di armi da fuoco e di esplosivo, danneggiamento, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, minaccia, turbata libertà degli incanti, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, favoreggiamento personale, rivelazione di segreti d’ufficio.
Contestualmente è stato notificato anche un sequestro di beni per un valore di oltre 80 milioni di euro. Sotto sequestro anche la società ‘Il Molino’. L’operazione colpisce i clan Puca, Verde e Ranucci svelando – secondo gli investigatori – una fitta rete di ‘cointeressenze’ sia in ambito politico sia imprenditoriale. Nel dettaglio, dalle indagini, durate dall’ottobre 2016 al gennaio 2019, è emerso un datato rapporto tra la famiglia Cesaro, noti imprenditori di Sant’Antimo, e il clan Puca, con riferimento a interessi e a partecipazioni del sodalizio mafioso nel centro polidiagnostico ‘Igea’ e nella galleria commerciale ‘Il Molino’, entrambi con sede a Sant’Antimo, risultate essere società di fatto tra i Cesaro (formali titolari) e il capoclan Pasquale Puca, detto Pasqualino ‘o minorenne.
Già nel 2014, esponenti del clan, al venir meno dei pregressi accordi, avevano compiuto attentato dinamitardo al centro ‘Igea’ ed avevano esploso cinque colpi di pistola contro l’auto di Aniello. Emblematica appare la figura dell’anziana madre del capo clan, destinataria della misura della presentazione alla poiizia giudiziari perchè chiamata a rispondere del reato di ricettazione aggravata dalla finalità mafiosa per aver nel tempo ricevuto danaro proveniente dai fratelli Cesaro, frutto delle società di fatto esistenti tra gli imprenditori e il figlio.
Nelle indagini è stato poi accertato il condizionamento delle elezioni comunali del Comune di Sant’Antimo (sciolto il 20 marzo per infiltrazioni mafiose) del giugno 2017, attraverso una capillare campagna di voto di scambio: è emersa un’incalzante opera di compravendita di preferenze, con una tariffa di 50 euro per ogni voto, a favore di candidati del centrodestra, risultato poi sconfitto al ballottaggio, dopo un primo turno favorevole. Il controllo del Comune di Sant’Antimo da parte della locale criminalità organizzata risulta proseguito anche dopo le elezioni, come chiaramente documentato dallo sviluppo delle indagini. Infatti, a seguito della mancata affermazione elettorale, la strategia criminosa è stata finalizzata da un lato a far decadere quanto prima la maggioranza consiliare e dall’altro a mantenere – malgrado una Amministrazione di diverso schieramento politico – il controllo sull’ ufficio tecnico attraverso la conferma nel ruolo di responsabile dell’ingegner Claudio Valentino.
Infine, le indagini hanno consentito di raccogliere indizi anche su illeciti rapporti tra due marescialli, già effettivi alla Tenenza Carabinieri di Sant’Antimo, e alcuni indagati. Il GIP ha disposto per un militare (già sospeso dal servizio all’esito di un’altra recente indagine) la misura della custodia in carcere e per l’altro, ora in servizio fuori provincia, la misura dell’interdizione dal pubblico ufficio. Il primo risponde dei reati di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento, mentre il secondo del reato di favoreggiamento, aggravati dall’aver agevolato le attività illecite dei clan Puca e Verde.
Tra i beni sequestrati ci sono 194 unità, tra civili abitazioni, uffici, magazzini, autorimesse, nonché di 27 terreni (tutti ubicati tra le province di Napoli, Caserta, Frosinone e Cosenza), 9 società e 3 quote societarie, 10 autoveicoli e 44 rapporti finanziari. Tra i beni immobili spicca la galleria commerciale di Sant’Antimo ‘Il Molino’, con oltre 90 locali adibiti ad esercizi commerciali ed uffici.