di Valentino Maimone e Gerardo Antonelli
Il respiro corto si cura meglio se si fa attività fisica. La qualità della vita migliora, l’efficacia delle terapie è superiore. Tutto sta a vincere la tendenza a muoversi di meno per la difficoltà respiratoria che è tipica dei pazienti affetti da BPCO. Si tratta di una malattia che si manifesta con un’ostruzione bronchiale e porta gradualmente alla “fame d’aria”. Intervenire precocemente con la giusta terapia, praticare una costante attività fisica e, se possibile, della ginnastica respiratoria è alla base di un’efficace gestione del problema.
I sintomi della BPCO
Tosse, catarro, dispnea, fiato corto anche durante sforzi di poco conto, sono i principali sintomi della BPCO, patologia che si aggrava col passare degli anni, ma che oggi si può rallentare e tenere sotto controllo. In Italia si valuta che i malati siano circa 3 milioni e 500 mila anche se, essendo una malattia sottostimata, si pensa che i numeri siano superiori. «Uno degli imputati maggiori rimane sempre il fumo di sigaretta, attivo e passivo, che contribuisce pure all’inquinamento ambientale», spiega Gianfranco Maria Beghi, Direttore della U.O. di Pneumologia e Riabilitazione Respiratoria dell’Ospedale Villa Pineta a Pavullo nel Frignano (Modena). «Gli altri fattori di rischio vanno dall’inquinamento atmosferico e domestico all’esposizione cronica a polveri e sostanze lavorative, ma anche condizioni che predispongono la malattia».
Come si fa la diagnosi di BPCO
Per la diagnosi è fondamentale la spirometria semplice o globale. «L’esame consiste nel soffiare in un boccaglio collegato a un apparecchio che “fotografa” lo stato dei bronchi in quel momento, ridandoci dei valori di flussi e volumi delle vie respiratorie. La cura che attualmente viene suggerita è personalizzata, poiché la relazione tra la gravità dei sintomi può variare da un paziente all’altro. La terapia è con farmaci broncodilatatori come quelli a lunga durata d’azione (LABA – long acting beta agonist) oppure i muscarinici (LAMA – long acting muscarinic antagonist) e, nei casi selezionati, gli steroidi inalatori (ICS – inhaled corticosteroids), da soli o in associazione, molto pratici per il paziente perché si assumono per inalazione con spray o polveri inalatorie, una o due volta al giorno», conclude il nostro esperto.
L’attività fisica è molto utile e fa stare meglio
Respirando a fatica, chi soffre di questo problema è portato a muoversi sempre meno, fino a fermarsi del tutto. «La sedentarietà va evitata a tutti i costi nel paziente con BPCO, perché comporta problemi come la perdita di tono muscolare, il calo del peso o il peggioramento di eventuali altre patologie già presenti (cardiovascolari, per esempio). Praticare attività fisica fa davvero la differenza: i pazienti respirano meglio, vivono meglio e anche la progressione della malattia viene rallentata», spiega il dotto Beghi.
Quali sono le attività più indicate per chi è alle prese con questa patologia? «Innanzitutto il movimento: camminare, almeno 20 minuti al mattino e 20 minuti al pomeriggio», sottolinea Beghi, «ma anche la bicicletta o la cyclette. Infatti è da sfatare il mito che sono attività più faticose: se si pedala a un ritmo tranquillo il telaio sostiene il nostro peso, un po’ come l’acqua nel nuoto, evitando di mandare la respirazione in affanno e, comunque, facendo lavorare i muscoli di braccia e gambe. In alternativa possiamo eseguire degli esercizi di potenziamento delle braccia, con o senza pesi».
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