Campo largo, magro raccolto | Corriere dell’Irpinia

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Solo pochi giorni fa una simulazione di You Trend sulle prossime (quando?) elezioni politiche ipotizzava una netta vittoria del centrosinistra in seguito alla realizzazione del “campo largo” teorizzato dal segretario del Pd Enrico Letta e in via di costruzione grazie all’iniziativa delle “agorà” democratiche inventate da Goffredo Bettini, “suggeritore” politico degli ultimi leader del partito. Lo scenario proposto dal sito diretto da Lorenzo Pregliasco, che tiene conto della riduzione del numero dei parlamentari e del voto per il Senato esteso ai diciottenni, assegnava 210 seggi alla Camera e 107 al Senato: una vittoria schiacciante che ribalterebbe tutte le previsioni in favore del centrodestra, che oggi vanno per la maggiore. Ma sarà così? E’ chiaro che in un caso e nell’altro si parla di ipotesi futuribili, da prendere con le molle; ma nelle ultime ore è stato lo stesso Enrico Letta a mostrarsi più prudente. Nell’intervista al “Corriere della Sera” di ieri, ha parlato del “campo largo” come di una “fatica quotidiana”, “senza soluzioni immediate”, che però in qualche caso già esiste; ed ha citato come esempio il collegio di Siena che due mesi fa lo ha mandato in Parlamento con poco meno del 50% dei consensi. Già, ma a Siena per le suppletive del 3-4 ottobre hanno votato poco più del 35% degli aventi diritto, un po’ pochini per indicare un trend nazionale. E non solo: negli ultimi giorni nel “campo largo” dei progressisti sono accaduti fatti che hanno gelato ogni facile ottimismo. A Roma, dove fra un mese si vota per le suppletive nel collegio più prestigioso della capitale, da sempre appannaggio dei democratici che vi hanno eletto Paolo Gentiloni e Roberto Gualtieri, il capo politico dei Cinque Stelle, partner imprescindibile dell’alleanza di centrosinistra, ha declinato la generosa offerta del seggio avanzata dal Pd accampando motivazioni francamente pretestuose; subito dopo, proclamando insieme alla Uil uno sciopero generale contro la manovra economica del governo, la Cgil di Maurizio Landini ha dato un forte colpo di piccone alla base sociale dei democratici che rivendicano invece il merito di aver contribuito alla elaborazione di una legge di bilancio “positiva per il Paese”, che “offre segnali importanti di investimento e di attenzione verso le fasce più deboli” (parole di Enrico Letta nella già citata intervista al “Corriere”).

Ora, non sarebbe corretto confondere responsabilità della politica e autonomia del sindacato, né trarre conclusioni affrettate dai due episodi; ma certamente la successione degli eventi (smarcamento di Conte dal Pd a Roma e rottura della Cgil col governo Draghi sostenuto dal Nazareno) qualche problema lo pone. Quanto meno occorre prendere atto dei finora scarsi frutti maturati nel “campo largo” e conseguentemente realizzare una messa a punto della strategia, che non può non partire dal tentativo di una ricucitura su entrambi fronti. Impresa non facile. Se, come pare, lo sciopero generale, cui la Cisl non ha aderito, verrà confermato, i rapporti fra il sindacato e il principale partito della sinistra sono destinati fatalmente ad incrinarsi, e il segretario del Pd dovrà vedersela con quella componente del suo partito che è più sensibile alle istanze sindacali. Quanto al Movimento Cinque Stelle, se lo smarcamento di Giuseppe Conte fosse il preludio di una rivendicazione di autonomia dal Pd nella partita del Quirinale, sarebbe difficile per Enrico Letta far valere il ruolo di “regista” dell’elezione del successore di Mattarella al quale giustamente ambisce.

di Guido Bossa



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