Carenza di personale e mancata assistenza sanitaria sono solo alcune delle crticità delle carceri irpine emerse dalla Relazione 2022 del Garante Campano dei detenuti presentata, quest mattina ad Avellino dal Garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Samuele Ciambriello.
“856 detenuti, ma io mi occupo della comunità penitenziaria e quindi di detenuti e detenenti, perché se stanno bene gli uni stanno bene gli altri. Parlare dei detenuti – ha specificato il Garante – significa parlare dei problemi reali, dei 132 detenuti con problemi di tossicodipendenza, della mancanza di psichiatri e psicologi, dei 32 detenuti malati di mente. Nel carcere di Sant’Angelo dei Lombardi, ad esempio, ci sono 10 posti per malati psichiatrici, ma un solo un posto è occupato perché non c’è lo psichiatra. Credo si tratti di omissioni di atti di ufficio. Se nelle carceri aumenta la presenza di tossicodipendenti e pensiamo di curarli solo scalando il metadone, sbagliamo, perché vanno in crisi di astinenza e chiedono la droga, da qui il sequestro di sostanze stupefacenti e cellulari. Per cui dobbiamo passare dal concetto di custodia a quello di accudire”.
Ciambriello ha proseguito: “Dalla REMS di San Nicola Baronia escono più o meno 4 o 5 persone all’anno e quindi c’è il rischio che, nonostante i magistrati diano la possibilità di misure alternative al carcere, non ci sono i posti sufficienti. Inoltre abbiamo avuto lo scorso anno 14 tentativi di suicidio, e ce n’è stato uno. Non basta, dunque, rafforzare il numero degli agenti, bisogna anche stabilire meglio turni e operatività di quello che è uno dei lavori più usuranti. Abbiamo centinai di immigrati stranieri e un solo mediatore culturale a Bellizzi irpino. Così come abbiamo forme di autolesionismo: 107 quelli che si sono tagliati, un centinaio in sciopero della fame, o in scioperi sanitari, ma io stesso che sono il Garante ho difficoltà a parlare con i responsabili sanitari”.
“Se il carcere è una discarica sociale – ha aggiunto Ciambriello – nel momento di un’aggressione ad un agente facciamo il titolone ‘rivolta in un carcere’, ma la mia attenzione di oggi è rivolta anche al team che sarà intorno a me, Procura, magistratura di sorveglianza, comune e UEPE. Il problema vero è la centralità della persona che deve essere aiutata”.
Sull’ultimo episodio avvenuto nel carcere di Avellino, ha dichiarato: “Ancora una volta cito fatti e persone che conosco, in quel primo piano c’erano detenuti che escono in permesso. Dunque, bisogna avere più consapevolezza della responsabilità singola, perché non si tratta sempre di proteste generali, ma molte volte di problemi personali che posso diventare focolai e far scattare una rivolta. Bisogna incrementare quello che si fa molto bene a Sant’Angelo dei Lombardi, cioè l’art. 21, all’esterno del carcere. E quindi prestare attenzione alle piccole cose che possono migliorare la vita e la serenità quotidiane dentro le carceri”.
Anche il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, Vincenzo D’Onofrio, ha sottolineato che le criticità non sono solo nel penitenziario di Bellizzi irpino: “Le criticità sono ovunque, ormai da anni la situazione si profila come endemica. Riduzione del personale di polizia penitenziaria, disparità di numero tra detenuti e personale che è sotto numero, già questo dà l’idea della difficoltà di gestire una situazione sempre più esplosiva. Perché all’interno delle carceri vi sono gruppi di detenuti che gestiscono tutta la comunità anche grazie a nuovi strumenti tecnologici che facilitano la gestione di nuovi traffici di droga, computer e cellulari. Tutto questo all’interno di strutture vetuste, per cui la gestione di una tale situazione con personale ridotto risulta difficile se non impossibile”.
“Quello di Avellino è solo l’ultimo episodio, ma quotidianamente la polizia penitenziaria è costretta a subire abusi da parte dei detenuti. La struttura penitenziaria, dunque, si deve adeguare ai tempi, sia come struttura che come personale, perché altrimenti si rischia di mettere davvero il carcere in mano ai detenuti”.
“Credo che sia importante a riuscire- sottolinea il magistrato di sorveglianza del tribunale di Avellino Francesca De Marinis- tra gli organi coinvolti una sinergia per un lavoro comune finalizzato al reinserimento sociale dei detenuti. Il carcere non non può e non deve essere un luogo dove temporaneamente mettiamo in stand by dei soggetti, che hanno rotto il patto sociale e alloccare delle persone, che, prima o poi, tranne nel caso degli ergastolani, usciranno. Ma, l’obiettivo che ci dobbiamo dare è quello di utilizzare, per tempo, quel luogo per avere cittadini consapevoli . Cittadini che quando usciranno non tornino a delinquere non tornino a far male al resto della comunità. Questo compito di recupero del detenuto il carcere non riesce a farlo. Abbiamo dei tassi di recidiva del 70%, ma queste percentuali scendono in modo vertiginoso, quando abbiamo soggetti, che prima della fine della pena, iniziano dei percorsi all’esterno come l’affidamento al lavoro. E quindi abbiamo un’enorme problematica legata alla sfida del reinserimento e su questo sarebbe fondamentale il carcere si ammoderni ”.
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