“In un momento delicato come quello che oggi viviamo, segnato dal riaccendersi di tensioni e aggressioni nelle carceri anche ad Avellino, avremmo bisogno, oggi più che mai, di personaggi come Giuseppe Salvia”.. A sottolinearlo Antonio Mattone nel presentare al Circolo del Nuoto il libro inchiesta, edito da Guida, “La vendetta del boss. L’omicidio di Giuseppe Salvia”. “Quello di Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere di Poggioreale – spiega Mattone – resta l’unico delitto confessato da Cutolo. Ho voluto ripercorrere la storia di un uomo lasciato solo in vita, abbandonato dal Ministero e dalla direzione del Carcere e dimenticato dopo la morte, un direttore di altissimo spessore umano, capace di coniugare fermezza e umanità, pronto ad ascoltare i detenuti ma inflessibile sul rispetto delle regole. Un uomo semplice e onesto, che ha affrontato l’arroganza del più grande criminale della storia repubblicana italiana”. Ribadisce come “quello delle carceri è un mondo in sofferenza, per il quale si continua a fare poco mentre ha bisogno di ottenere la massima attenzione. Basti pensare che in alcune carceri come Poggioreale ci sono due psichiatri per 2200 persone, con la presenza di tanti detenuti con problemi psichiatrici, costretti spesso a saltare anche Tac ed esami importanti”. Ricorda come fu ucciso “perchè Cutolo aveva costruito il suo impero nel carcere, anche grazie alla complicità di tanti. Tutti erano ai suoi ordini mentre Salvia voleva far rispettare i regolamenti. Il boss non riuscì con la corruzione a piegarlo e alla fine, dopo una serie di scontri, scelse di eliminarlo”
Commosso il figlio Claudio Salvia “Questo volume ci ha restituito un ritratto completo di papà, attraverso il racconto di aneddoti e fatti che neppure noi conoscevamo. Ha, inoltre, il merito di fare luce sugli intrighi di Stato che hanno accompagnato la sua morte. Oggi, più che mai, bisogna fare memoria, poichè solo salvaguardando la memoria è possibile scardinare i falsi miti che vivono i giovani. Lo testimoniano i tanti episodi di cronaca che ci consegnano storie di giovani armati e violenti. Porto il ricordo di mio padre nelle scuole per sensibilizzare sul tema della legalità, perchè le nuove generazioni hanno bisogno di figure di riferimento”. Non ha dubbio Salvia “Il ricordo più bello che mi ha lasciato è legato al suo estremo sacrificio. In vita non avrebbe potuto insegnarmi quello che mi ha trasmesso con la sua scelta”
E’ Maria Rosaria Casaburo, direttore della Casa circondariale di Avellino, a sottolineare come “Purtroppo, la situazione nelle Carceri resta difficile. E’ cambiato poco da allora, se non per il fatto che oggi, troppo spesso, entrano anche i telefonini, oltre ad armi rudimentali. Resta la difficoltà di fare delle scelte che possano rivelarsi le più adeguate per i detenuti e troppo spesso si continua a fare i conti con una profonda solitudine”. Ricorda come Salvia è stato un “grande servitore dello Stato, che si è dedicato al suo lavoro con profonda dedizione”. Il questore Pasquale Picone lancia un appello alla politica “E’ tempo di intervenire, si continua a pensare che investire sulla sicurezza sia un costo e non un investimento ma di questo paese la situazione delle carceri non cambierà mai”.
Vincenzo Montemurro, Sostituto Procuratore della Dda di Potenza ,spiega come “Il senso del dovere è l’asse portante della vita di Salvia. Il suo è stato un omicidio di quelli che la Camorra definisce educativi, di qui la necessità di scegliere una persona che rappresentasse la difesa di un valore, stimato da tutti. Il Carcere di Poggioreale era diventato il terreno attraverso il quale Cutolo esercitava il suo potere contro la Nuova Famiglia, ecco perchè divenne teatro di omicidi efferati. Certamente, allora non esistevano gli strumenti legislativi che esistono oggi e che avrebbero consentito di impedire qualsiasi tipo di rapporto tra Cutolo ed esponenti della criminalità organizzata”. Un libro, prosegue Montemurro, capace di offrire non solo uno spaccato della vita nel carcere di quegli anni, ma anche di porre l’accento sui collegamenti con alcuni eventi del tempo come l’omicidio di Ciro Cirillo e le vicende del terrorismo.
E’ Matteo Claudio Zarrella, già presidente del Tribunale di Lagonegro a consegnare un ricordo diretto di Salvia “Eravamo tra i 90 vincitori del concorso per vicedirettore delle carceri. Ci siamo trovati sbalzati in un universo che non conoscevamo, profondamente lontano dalla dimensione della rieducazione della pena. I detenuti erano trattati come disadattati, l’educazione carceraria era basata su un’istruzione che non superava quella di livello elementare, il lavoro spesso si trasformava in sfruttamento e religione. Prima di conoscere la propria sede, mi aveva confessato più volte che si sarebbe accontentato di diventare vicedirettore a Poggioreale per non allontanarsi dalla sua famiglia. Erano gli anni delle ribellioni nelle Carceri con l’affermarsi sulla scena nazionale dei Nap e delle Brigate Rosse. Dall’idea di una possibile riforma delle Carceri si passò a quella di una controriforma sul piano della sicurezza con la nascita delle carceri speciali. Intanto, Poggioreale restava sempre uguale, un luogo in cui fare il proprio dovere significava esser eroi”. Confessa come “Dopo la morte di Giuseppe, ho scoperto un uomo profondamente coraggioso, capace di imporre a Cutolo una perquisizione proprio come quella a cui venivano sottoposti gli altri. Un uomo lasciato solo nello svolgimento del suo lavoro”. A introdurre il confronto moderato da Luigi Mattiello, Presidente IV Commissione consiliare del comune di Avellino, Antonello Lenzi, in rappresentanza del Circolo del Nuoto e del presidente dell’Ordine degli avvocati Fabio Benigni.