Chi trase a Montefusco, viaggio nella memoria – Corriere dell’Irpinia

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Un viaggio nella memoria della comunità, tra storie di briganti e patrioti, che risuonano attraversando celle e passaggi segreti. E’ l’antica prigione, che continuò ad essere luogo di torture fino al 1923, la protagonista della suggestiva rievocazione “Chi trase a Montefusco”, in programma il 14 luglio nel centro irpino, a partire dalle 9.30, promossa dal Comune e dalla pro loco. Tra il 1600 e il 1800, Montefusco, antica capitale del Principato Ultra, ospitò un Tribunale Regio. Le feroci pene inflitte ai condannati fecero sì che il luogo passasse alla storia come una delle prigioni più crudeli e spietate dell’Irpinia. Il carcere continuò ad essere utilizzato fino al 1877 e successivamente come carcere mandamentale fino al 1923.

Montefusco si trasformò nei racconti affidati alla memoria orale in un luogo infernale. Si diceva: “Chi entra a Montefusco e riesce ad uscirne vivo può dire di essere rinato per una seconda volta sulla terra”. Una storia, quella della prigione, che si intreccia con le pagine più dolorose del Risorgimento, poichè lo Spielberg d’Irpinia accolse numerose patrioti, tra cui Carlo Poerio, ex ministro di Ferdinando II, il barone Nicola Nisco e il duca Sigismondo Castromediano di Lecce che qui rimasero rinchiusi fino al 1859 quando, per Decreto Reale, la pena dell’ergastolo venne commutata in esilio perpetuo. E’ la storica Emilia Dente, ideatrice dell’iniziativa, a sottolineare la scelta di puntare su “una formula narrativa in grado di affascinare e coinvolgere il visitatore  trasportandolo nei secoli passati.

Il visitatore attraversa fisicamente il tormentato luogo, ascoltando l’eco di voci lontane ed inquietanti suoni soffocati nel silenzio delle possenti mura, sfiorando gli occhi e il cuore  dei protagonisti dell’emozionante racconto. Prigionieri, rivoluzionari, detenuti liberali, briganti, uomini e donne, ombre inquiete condannate al silenzio e all’oblio, interpretati da attori e figuranti del gruppo occasionale ‘il Popolo del Carcere’, intrecceranno le loro voci con quelle dei due narratori, la Storia e la Giustizia, che accompagneranno i visitatori nel cammino oscuro dei secoli.  Tra i figuranti ci sarà anche il neoeletto sindaco Salvatore Santangelo. Una rievocazione che nasce dal desiderio di dare voce alle mura possenti e silenziose della storica fortezza, di dare un volto ai tanti detenuti, innocenti e colpevoli, prigionieri dell’odio e dell’oblio, e alle loro tormentate storie perse e ritrovate tra le polverose carte degli archivi.   La rievocazione si arricchisce ogni anni di storie e particolari appresi dall’acquisizione di conoscenze storiche e documentali nel segno di un impegno continuo in direzione della ricerca archivistica. Le prime rappresentazioni sono state realizzate nell’anno 2011, in occasione del Centocinquantesimo Anniversario dell’Unità d’Italia, a cura del gruppo amatoriale “Gli amici del Museo “, pure se in forma parziale e meno elaborata delle rappresentazioni successive. Da allora sono diventate un appuntamento fisso, nell’ambito di un progetto di recupero della memoria”. Protagonisti anche i ragazzi del Forum dei giovani con i balli in costume, l’arte del pizzillo e della ceramica e il gusto del Greco di Tufo.

Anche le degustazioni saranno legate ad antichi sapori e ricette Il Tagliere di formaggi e prosciutti era, infatti, il cibo tipico dei briganti che, nelle loro fughe nei boschi portavano, come scorte di cibo, carni salate e formaggi. Quanto alla Lasagna, la ricetta, importata alla corte dei Borbone dai monzù francesi – i cuochi di corte – fu molto apprezzata dai sovrani borbonici, in particolare dall’ultimo sovrano della dinastia, Francesco II, che fu proprio denominato ” Re Lasagna”. Come secondo i visitatori potranno assaggiare lingua (di vitello) al sugo. La pena del taglione era sancita già da una costituzione di Federico Il e confermata da una prammatica di Ferdinando I d’Aragona e prevedeva il taglio e l’amputazione della lingua per i bestemmiatori. Nel carcere di Montefusco tale tortura veniva praticata, ma fortunatamente, in rari casi. Oppure carne alla brace, era il cibo più pericoloso per i briganti, perché il fumo che si sprigionava quando arrostivano la carne, poteva segnalare la presenza dei fuggiaschi che si nascondevano tra i boschi. Tutte da gustare le Fave di Garcea che richiamano le fave bollite ed unte d’olio che passava il Fisco nel periodo della prigionia borbonica e l’episodio del detenuto liberale Antonio Garcea,che subì la pena delle legnate, per essersi lamentato del rancio. Fino al Babbà, il dolce che regnava alla corte dei Borboni. In programma, inoltre, visite guidate ai monumenti del territorio.

 



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