Gli italiani che soffrono di insonnia si aggiravano, prima dell’era Covid-19, tra i 6 gli 8 milioni, ma ora sono ben di più. Secondo i dati del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi oggi il 63% della popolazione soffre di disturbi legati allo stress, primo fa tutti l’insonnia.
«Senz’altro il Coronavirus sta avendo un grande impatto sulla qualità del sonno», conferma Gloria Ragno, psicologa clinica e psicoterapeuta a Milano e Pavia. La conseguenza è che si entra in un circolo vizioso senza fine.
«Ci si sente stanchi e si vive in uno stato di tensione che amplifica l’ansia causata dalla pandemia», prosegue l’esperta. Contratture muscolari, dolori cervicali, mal di schiena, emicranie (la più comune è la cefalea muscolo-tensiva) sono tra gli effetti più comuni di questa situazione di disagio.
«La bella novità è che esiste un nuovo protocollo psicoterapeutico, specifico per l’insonnia, che sta dando risultati molto promettenti», spiega l’esperta.
Il nuovo protocollo per combattere l’insonnia
«Di origine anglossassone, si chiama CBT-I, Cognitive behavioral therapy for insomnia. Si tratta di una terapia breve, che si può fare anche online (centro-psicologico-integrato-ragno.webnode.it): si articola in 8 incontri di una durata che va dai 30 ai 45 minuti e offre a chi soffre di questo disturbo una serie di “tricks” (soluzioni) che agevolano il buon riposo», continua Gloria Ragno.
«I primi tre incontri sono orientati soprattutto alla valutazione del tipo di insonnia che affligge il paziente: se è “clinica” e cioè richiede un vero e proprio intervento terapeutico o se può bastare una “psicoeducazione” al riposo. Per avere un quadro più preciso utilizziamo un test diagnostico (Sci, sleep condition indicator) che ci segnala se siamo davanti a un disturbo di tipo cognitivo o comportamentale.
Nel primo caso significa che non riusciamo a dormire a causa di pensieri “intrusivi”, per esempio preoccupazioni economiche, o problemi relazionali, in coppia o in famiglia, così frequenti in questo momento. In caso di insonnia comportamentale invece si fa riferimento a come viviamo, a quelle azioni virtuose o disfunzionali che mettiamo in atto durante il giorno e che non agevolano il riposo. Per esempio è utile, soprattutto in questa fase in cui si lavora spesso da casa, separare l’ambiente di lavoro da quello in cui si dorme (ed è possibile farlo anche in un monolocale, se si utilizzano i giusti accorgimenti). E ancora, per chi sta lavorando in smartworking, occorre fare attenzione ai pisolini pomeridiani: il “napping” non deve superare i 30 minuti, altrimenti va a inficiare la qualità del sonno. Importante anche non indugiare fino a tardi a letto al mattino, evitare di svolgere attività fisica dopo le ore 20 o la permanenza sui social o davanti alla tv fino a tarda ora», prosegue l’esperta.
La fase degli esercizi
«Gli altri 5 incontri del protocollo invece sono dedicati a lavorare sugli elementi “chiave” dell’insonnia del paziente e cambiano in funzione delle caratteristiche emerse: utilizziamo esercizi e tecniche mirate tagliate “su misura” a seconda dei casi. In generale, più il partecipante è collaborativo, più è efficace il protocollo. Non esiste insonnia che non possa essere curata, se si è determinati a guarire», conclude Gloria Ragno.
PROVA A INGANNARE LA MENTE
Lo scopo di questo esercizio chiamato di “intenzione paradossale” è quello di confondere la mente, che è la principale nemica degli insonni. Funziona così: ci si sdraia a letto trovando una posizione comoda. Si spengono la luce e tutti i device che possono disturbare il riposo (tv, cellulare, computer) e si rimane al buio a occhi aperti in uno stato di veglia rilassato.
A quel punto si può cercare di resistere blandamente al sonno, abbandonandosi all’idea che, se dovesse arrivare, si è capaci di opporsi. Lo si fa per 5-10 minuti, finché non si è pronti per chiudere gli occhi e lasciarsi andare nelle braccia di Morfeo.
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Articolo pubblicato sul n. 18 di Starbene, in edicola e nella app dal 26 maggio 2020
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insonnia.