Come dev’essere il colore dell’urina e quando preoccuparsi

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La quantità, il colore e l’odore della nostra urina rappresentano importanti prove del nove per la salute, perché possono rivelare una patologia organica oppure abitudini di vita scorrette. Questo liquido infatti, a cui di norma prestiamo poca attenzione, è formato dall’acqua e dalle sostanze chimiche di cui il corpo non ha più bisogno: valutarne la composizione può diventare quindi uno strumento utile per capire se mangiamo e beviamo correttamente, se il nostro corpo metabolizza bene le varie sostanze, se gli organi digestivi ed escretori (tra cui fegato e reni) funzionano in modo ottimale. «Un primo importante indicatore è l’aspetto, che può essere limpido oppure torbido», spiega il dottor Angelo Naselli, co-direttore dell’Unità operativa di Urologia presso l’Ospedale San Giuseppe di Milano. «In una persona ben idratata, l’urina è un liquido chiaro e pressoché incolore in quanto poco concentrata, cioè contiene molta acqua. In altre parole, più beviamo e più ci avviciniamo alla limpidezza. Questo dato viene riportato anche nelle comuni analisi delle urine, sotto la dicitura peso specifico, e ci avvisa se ci stiamo idratando a sufficienza oppure no».

Come dev’essere il colore dell’urina

Prima regola, dunque: quando notiamo nelle urine una colorazione gialla, più o meno marcata, proviamo ad assumere più liquidi durante il giorno. «Un altro colore insolito o atipico, invece, può essere sintomatico di qualche malattia. Ad esempio, un’urina marrone potrebbe essere la spia di una malattia a carico del fegato oppure di un’ostruzione delle vie biliari, così come una colorazione biancastra potrebbe essere dovuta alla presenza di globuli bianchi aggregati fra loro che sono tipici di infiammazioni e infezioni alle vie urinarie. Meglio approfondire, dunque», raccomanda il dottor Naselli.

La giusta quantità dell’urina

Anche la quantità prodotta dice qualcosa di noi. La maggior parte delle persone urina dalle quattro alle sette volte al giorno, ma non esiste il numero “perfetto” in assoluto. «Di sicuro c’è un quantitativo minimo, pari a circa mezzo litro per gli adulti, sotto il quale si parla di oliguria, una condizione per cui la produzione di urina diminuisce rispetto alla norma e può essere una semplice spia di disidratazione oppure il segnale di un disturbo serio, come un blocco delle vie urinarie, gravi infezioni o altre condizioni mediche che meritano sempre un approfondimento».

Negli anziani, la causa più frequente di oliguria è la scarsa assunzione di liquidi: «Con il passare del tempo, lo stimolo della sete può diventare meno efficiente», racconta Naselli. «È come se ci fosse una mancata coordinazione fra cervello e corpo nell’interpretare i segnali sensoriali della sete, quindi è fondamentale sforzarsi di bere senza assecondare unicamente il proprio istinto naturale, che potrebbe difettare». Ovviamente, anche la condizione opposta – cioè una produzione abbondante di urina, associata a un aumento della frequenza di minzione – non va sottovalutata: alla base della poliuria, infatti, possono esserci cause endocrine (come il diabete mellito), malattie croniche renali, patologie metaboliche (come una carenza di potassio) o altre condizioni mediche.

Anche l’odore dell’urina conta

Se l’urina è maleodorante, potrebbe essere segno di un’infezione del tratto urinario oppure potrebbe c’entrare la dieta. Gli asparagi, ad esempio, sono noti per innescare un odore forte e penetrante, dovuto ai composti solforati contenuti in questi vegetali. Ma gli odori che devono preoccupare sono altri: per esempio, nel caso di cistiti, pielonefriti (infezioni renali) o uretriti, si può avvertire un forte odore di ammoniaca o candeggina, ma c’è anche chi avverte un olezzo simile a zolfo o pesce.

Quando l’urina contiene glucosio

A volte, però, non tutte le informazioni sono visibili a occhio nudo o percepibili “a naso”: per esempio, l’urina può contenere glucosio (che normalmente non è presente se non in tracce) oppure sangue, spesso in quantità microscopiche. Nel primo caso è bene indagare i valori di glicemia nel sangue, che solitamente sono alti (oltre 180 mg/dl) quando gli zuccheri vengono escreti nelle urine. In condizioni di normalità, infatti, il glucosio filtrato dai reni viene completamente riassorbito e restituito al sangue, in quanto rappresenta un nutriente essenziale per l’organismo e non va “sprecato”.

«Se però gli zuccheri circolanti sono troppi, i reni non riescono a riassorbirli e a quel punto li lasciano andare. Ecco perché la loro presenza nelle urine deve immediatamente far sospettare una condizione di diabete, sempre da ricercare con i dovuti accertamenti». Ci sono casi, comunque, in cui il glucosio viene escreto nelle urine malgrado i suoi livelli nel sangue siano normali o bassi. In questo caso si parla di glicosuria renale, che si manifesta per un difetto delle cellule tubulari dei reni, ma si tratta di una patologia ereditaria estremamente rara.

Se invece nelle urine c’è sangue

La presenza di sangue nelle urine invece può essere la spia di problemi non preoccupanti, come un’infiammazione a carico delle vie urinarie, ma anche più seri, come un tumore del rene e della vescica. «Il sangue può essere visibile a occhio nudo e in questo caso si parla di macroematuria: rosso vivo, se arterioso, oppure più scuro, se prevalentemente venoso.

Di fronte a questo sintomo, è bene rivolgersi tempestivamente al medico curante per una valutazione o direttamente al pronto soccorso se si avvertono anche altri disturbi, come difficoltà a urinare, febbre, stanchezza profonda, dolore al basso ventre oppure sul fianco». Talvolta, però, l’entità del sanguinamento è minima (microematuria), per cui è necessario un esame al microscopio per rilevare il problema: nella maggior parte dei casi si tratta di uno stato infiammatorio, come la cistite, ma ulteriori accertamenti (come un’ecografia dell’addome inferiore) possono aiutare a confermare la diagnosi oppure a formularne un’altra.

Quali esami

Tutte le informazioni utili si possono ottenere attraverso il test diagnostico di routine, ovvero l’esame chimico-fisico delle urine, un’analisi semplice ma estremamente informativa a cui dobbiamo sottoporci almeno una volta all’anno, a meno che non siano in atto patologie note che ne suggeriscano una frequenza più elevata.

«Se invece il medico sospetta un’infezione delle vie urinarie, potrebbe rendersi necessaria un’urinocoltura, che consiste sempre nella raccolta di un campione di urine, ma stavolta è utile per ricercare la presenza di eventuali batteri». Quasi sempre, l’esame viene associato all’antibiogramma, un test che mette a contatto i germi isolati con i principi attivi di diverse famiglie di antibiotici, in modo da selezionare quelli più idonei a debellare il microrganismo identificato.

Infine, siccome l’urina contiene anche ormoni, l’esame delle urine è fondamentale in gravidanza sia per accertare l’avvenuto concepimento (attraverso i tradizionali test venduti in farmacia) sia per monitorare il buon andamento della gestazione durante i nove mesi: nel secondo caso, serve a individuare eventuali infezioni urinarie oppure a diagnosticare problemi gravidici come la preeclampsia e il diabete gestazionale.

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