Coronavirus, Santoro: pagati tagli e scelte politiche sbagliate. La città soffre, altro che protagonismo – IL CIRIACO

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Riforme pasticciate, protagonismo eccessivo e ritardi endemici. Ci sono varie ragioni utili a spiegare le difficoltà che il Paese e il Mezzogiorno hanno vissuto nella fare uno, peraltro non ancora terminata del tutto, e i rischi ai quali si va incontro nella fase due. Di questo è convinto Amalio Santoro, capogruppo di “Si Può” in consiglio comunale, che analizza la vicenda dal punto di vista sanitario, essendo lui medico, ma anche amministrativo e politico. “L’epidemia – dice – ha colto impreparato tutto il sistema sanitario nazionale e in particolare quello campano che, abbastanza presto, ha perso anche il vantaggio che aveva rispetto al Nord dove il contagio si è esteso prima”.

Secondo lei quali sono state le cause?

”A livello nazionale, purtroppo, abbiamo pagato la politica dei tagli profondi che ci sono stati negli anni scorsi e l’esistenza di riforme istituzionali pasticciate, pretenziose o comunque incomplete dalle quali si è  determinato un conflitto tra poteri che ha finito col travolgere il principio attivo della sussidiarietà”.

E in Irpinia?

”Sicuramente abbiamo registrato un numero di casi decisamente inferiore, direi perché hanno funzionato le misure decise dal Governo ma soprattutto la stragrande maggioranza dei cittadini si è comportata correttamente. Non è andata bene dal punto di vista sanitario visto che il sistema è andato quasi subito in affanno: le file al pronto soccorso del Moscati, il caso di Ariano, l’assenza di un percorso definito per i pazienti Covid, fino ad arrivare alla vicenda della palazzina Alpi, pronta quando oramai l’emergenza era quasi finita. C’è stata, comunque, tutta una serie di criticità che riguarda l’assenza dei tamponi,  dei dispositivi di protezioni di un’adeguata assistenza domiciliare ai positivi con sintomi. Insomma, ci sarebbe voluto un lavoro più efficace da parte delle aziende sanitarie, dei sindaci e della Prefettura”.

Ai primi segnali di difficoltà si nuovamente iniziato a parlare di ritorno della sanità nelle competenze dello Stato: lei è d’accordo?

”Che ci siano dei limiti nella riforma del Titolo V è una questione antica. Così come mi pare abbastanza scontato, è scritto nelle norme, che in condizioni di emergenza l’ultima parola spetti allo Stato. Il problema è che, con il passare del tempo, è diventato esorbitante il potere gestito dai Presidenti di Regione eletti dal popolo a fronte di un governo parlamentare, spesso espressione di maggioranze cambiate, e alla scarsa capacità di mediazione dimostrata dai riferimenti sul territorio. Si pone sicuramente un problema istituzionale ma anche una questione politica rispetto alla quale andrebbe recuperata una lettura intelligente della Costituzione ed anche il ruolo dei partiti oltre che l’autorevolezza della classe dirigente nazionale”.

A proposito di Governatori, De Luca non perde occasione per rimarcare il grande sforzo fatto dalla Regione, prima nel governo dell’emergenza e poi nel varo di misure che anticipavano la fase due…

“In genere chi guida nelle situazioni di emergenza gode di una oggettiva maggiore visibilità e di una grande solidarietà da parte della popolazione, ma a me pare che sul piano sanitario ci siano stati dei ritardi e un’eccessiva disponibilità verso i privati i quali non hanno dato una grossa mano nella fase acuta dell’emergenza ma hanno ricevuto dei contributi anche gratuitamente diciamo così. Per quanto riguarda l’aspetto economico mi pare che le misure adottate facciano fatica a tradursi in liquidità sia per un eccesso di “colesterolo burocratico” sia perché c’è un eccesso di accentramento sulle regioni che non possono arrivare a gestire anche il bonus affitti, a scapito degli enti locali che dovrebbero invece essere maggiormente coinvolti e De Luca a questo aggiunge anche un atteggiamento padronale e sopra le righe che a qualcuno può far sorridere, a me, che vengo da un’altra scuola di pensiero, crea non pochi imbarazzi”.

Tra coloro che non hanno accettato i diktat del Governatore c’è stato il sindaco Festa…

”Il nostro simpatico sindaco ha preso un pezzetto di verità e lo ha messo in una operazione un po’ finta e per certi versi anche controproducente. Se ho condiviso, visti i ritardi, l’idea di procedere con i cosiddetti test rapidi, non mi ha affatto convinto, invece, l’idea di fare i primi della classe in una regione che è buon ultima. Si è cercato di portare in alto l’immagine di una città ripiegata su se stessa e oggi ancor più sofferente dopo questa emergenza. Questa voglia di protagonismo non poggia su basi solide, c’è una crisi economica nella quale si vorrebbe contemporaneamente rientrare dal debito e dispensare degli aiuti, ma sono cose che insieme non si possono fare. L’amministrazione dovrebbe scegliere ed evitare misure spot come i 200mila euro spesi per Campo Genova, inopportuni in questa fase, gli aiuti alimentari per i quali è stato necessario attingere dai fondi del Piano di Zona. Stiamo grattando il fondo del barile e mi chiedo come si farà a garantire ai commercianti che non pagheranno la Tosap, legittimamente aggiungo, o a diminuire la Tari?”.

Cosa dovrebbe fare l’amministrazione?

“Scegliere decisamente la via della riduzione dei tempi del piano di rientro cercando di spalmare i crediti esigibili su un arco temporale più lungo e aprendo una partita con il Governo sugli aiuti agli enti locali in situazione di predissesto”.

Mentre invece l’attenzione è sul Dream Team…

”Mi auguro che non sia una semplice collezione di figurine ma che possa dare dei buoni suggerimenti, anche se non posso non notare come ci si sia mossi in ritardo per affrontare alcune questioni che ci avrebbero fatto arrivare alla fase due più preparati”.

Quali?

”Penso alla scuola per evitare che ci siano le cosiddette “classi pollaio”, i trasporti dove si poteva finalmente vedere questa metropolitana leggera che sarebbe servita a supplire al deficit di posti sui già pochi autobus in giro per la città. E ancora l’ambiente ancora alle prese con i continui sforamenti. Questa era l’occasione per scommettere su altro modello di città e non tornare al solito passato che non passa. Vorrei ricordare a chi ripete la storiella del tornare come prima che prima non si stava in paradiso. Per fare questo, però, occorre una forza che non credo il Dream Team abbia, e che la giunta e l’amministrazione non hanno”.

E la politica, invece, quale lezione deve trarre da questa vicenda?

”La politica ha la sua forza è la sua efficacia nel suo valore sintetico e deve avere chiaro il fatto che quando si tratta di scegliere nell’emergenza si parte dagli ultimi ma non per una scelta occasione. Occorre ritrovare la strada di un intervento ti pubblico intelligente e non invasivo che sappia riammagliare le comunità sfarinate, ricostruisca un tessuto sociale, facendo in modo che i deboli non siano costretti a diventare forti utilizzando modi inopportuni”.

 



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