di Beatrice Serra
La nostra cute è messa a dura prova dai tempi che corrono, in cui l’inquinamento e i ritmi supersonici sono delle costanti giornaliere. Tutte le sostanze tossiche che respiriamo si traducono in invecchiamento precoce, tutte le emozioni snervanti che ci sovrastano “parlano” con una carnagione disidratata e spenta. È normale: da sempre pelle, psiche e ambiente sono in strettissimo contatto, spiega la scienza.
Come salvare la pelle dall’inquinamento
Non c’è solo da salvare l’ambiente dall’emergenza climatica, bloccando i gas che producono l’effetto serra e quello sballo dei parametri normali. C’è anche da salvare la nostra pelle dai contraccolpi delle variazioni di umidità e temperatura, da raggi solari sempre più agguerriti e dagli agenti inquinanti, tutti fattori che ne modificano il comportamento.
«L’epidermide, infatti, agisce come un biosensore e risponde subito ai cambiamenti nell’ambiente per mantenere l’omeostasi interna», chiarisce Anna Graziella Burroni, dermatologa e dirigente medico al Policlinico San Martino di Genova. «Questo fenomeno produce alterazioni della vascolarizzazione, ispessimento o assottigliamento dello strato corneo, accentuata produzione di melanina, mutazione del film idrolipidico ». Senza contare, poi, che la pelle è per sua natura l’organo più esposto del nostro corpo al mondo esterno, il più bersagliato a conti fatti dall’azione corrosiva dell’inquinamento.
«A nuocerle, non ci sono solo le polveri sottili, il cosiddetto “particolato», continua Gisberto Caccia, chimico farmaceutico, che da oltre un decennio si occupa di cosmetologia.
«Tutti i giorni, la cute se la deve vedere anche con ozono, ossido di azoto e idrocarburi policiclici aromatici che, piccolissimi, penetrano facilmente attraverso la pelle generando stress ossidativo e infiammatorio, due condizioni legate a doppio filo. Studi recenti, infatti, dimostrano che le sostanze tossiche dell’aria producono sull’epidermide gli stessi risultati di un’eccessiva e incontrollata esposizione solare, come macchie cutanee, poiché tra i mediatori dell’infiammazione compare la prostaglandina E2, diretto stimolatore dell’enzima responsabile della la sintesi della melanina; rughe e lassità precoci in quanto l’attacco dei radicali liberi riduce la fabbricazione di collagene ed elastina; forte disidratazione, carnagione spenta e tendenza all’irritazione dal momento che l’assorbimento continuo di inquinanti cambia la struttura della barriera cutanea. Tutto ciò è un problema importante, per la salute e la bellezza del derma: infatti quando lo strato corneo diventa rigido e fessurabile, non trattiene più l’acqua e la pelle, oltre che arida, è esposta all’invasione di virus, batteri e allergeni».
La detersione, sempre soft
Di fronte a un probabile rischio di carnagione spenta, discromica, arrossata o segnata anche in giovane età, sembra più che sensato adottare una skincare che tenga conto del nostro habitat.
Partendo da un’opportunità concreta: soluzioni mirate esistono, e sono in continua evoluzione, dato che «la ricerca cosmetica, oggi, non può prescindere dall’elaborazione di formule in grado di contrastare l’azione nociva dell’inquinamento sulla pelle», ci dice Mariaceleste Nicoletti, Training Manager Filorga Italia. «Tra i nostri ultimi lanci, per esempio, ci sono prodotti per il viso specificatamente destinati al target urbano e ai suoi problemi cutanei. Abbiamo mixato 5 antiossidanti, per potenziare l’efficacia di ciascuno grazie alla loro azione sinergica e, nello stesso tempo, garantire maggiore tollerabilità della formula». Sì, perché contro la degenerazione cutanea da gas velenosi non basta solo rimuovere dalla pelle sporco e smog.
«Anche se la pulizia rimane l’indispensabile step antinquinamento: il viso va deterso, mattina e sera, ma con delicatezza», chiarisce Sonia Dalla Ragione, titolare di un salone d’estetica ad Arezzo. «Meglio con un latte detergente a base di tensioattivi non ionici e oli vegetali, che non aggredisce la barriera cutanea».
Stessa filosofia soft con lo scrub. «D’inverno, va bene farlo una volta alla settimana, d’estate l’intervallo giusto è ogni 10-15 giorni: in questa stagione, lo strato corneo è fisiologicamente più spesso per difendersi dal sole, assottigliarlo significa solo alterarlo», puntualizza il dottor Caccia.
L’antipollution è con il filtro
Ma il grosso del lavoro lo fanno sieri e creme mirate, con attivi specifici antipollution. «Necessariamente antiossidanti, che svolgono una massiccia azione antiradicalica», continua il cosmetologo. «Qui le vitamine, soprattutto la E ma anche la A e la C, la fanno da padroni. Ottimi anche i prodotti che contengono il resveratrolo e il dimethylmethoxy chromanol, quest’ultimo capace di inattivare sia i radicali dell’ossigeno che dell’azoto. L’importante, in ogni caso, che nelle creme ci sia anche una percentuale di oli vegetali, come di jojoba, di vinaccioli o di crusca di riso. I lipidi, ricordiamocelo, sono il collante della barriera cutanea. Se questa è ben strutturata, le particelle inquinanti si depositano meno sulla sua superficie».
Il rituale antistress ambientale si completa, comunque, con la protezione solare, l’ultimo step della beauty routine: i filtri, infatti, attenuano l’impatto degli inquinanti sulla pelle, amplificato da raggi UVA, sempre più forti per via del buco nell’ozono. «Le creme con SPF alto sono uno dei nostri capisaldi antinquinamento, in moco da proteggere ulteriormente la barriera cutanea e prevenire il photoageing», dice Monica Broccoli, R&D Supervisor Collistar. «Questa più è difesa, più respinge gli effetti dannosi delle radiazioni UV e delle polveri sottili. Perciò, nelle nostre BB Cream e fondotinta utilizziamo ingredienti che creano un film sulla cute che fa da scudo».
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