Covid: geni e forme asintomatiche, da quale variante si è stati infettati, difese più deboli dopo i vaccini

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di Laura Della Pasqua

1. I geni sono responsabili delle forme asintomatiche?

2. È possibile scoprire il tipo di variante da cui si viene infettati?

3. Con tre vaccini e il sistema immunitario pigro si è più vulnerabili all’influenza?

1. I geni sono responsabili delle forme asintomatiche?

La scoperta è italiana. Un team di ricercatori del Ceinge-Biotecnologie di Napoli diretto da Mario Capasso e Achille Iolascon, entrambi docenti di Genetica medica dell’Università Federico II di Napoli, hanno dato una risposta al perché alcune persone contraggono il Covid in forma asintomatica, pur avendo fattori di rischio come l’età avanzata. Lo studio pubblicato sulla rivista Genetics in Medicine, rileva che all’origine dei casi asintomatici ci sarebbero almeno tre mutazioni genetiche rare che agiscono indebolendo i geni coinvolti nei processi di attivazione del sistema immunitario. «Oggi è ampiamente dimostrato che l’eccessiva risposta immunitaria all’infezione da SarsCoV2 e la successiva iper-attivazione dei processi pro-infiammatori e pro-coagulativi sono la causa principale del danno agli organi come polmoni, cuore, rene», osserva Capasso, e «la nostra ricerca dimostra che le mutazioni del genoma umano che attenuano questa eccessiva reazione immunitaria possono predisporre a un’infezione senza sintomi gravi».

Sono state inoltre identificate le mutazioni patogenetiche rare che erano significativamente più frequenti nei soggetti infetti e asintomatici e non, in una grande casistica di circa 57.000 soggetti sani. La scoperta è destinata ad avere numerose applicazioni e i ricercatori hanno reso disponibili, in un database online, tutti i dati genetici ottenuti, in modo che possano essere consultati dai ricercatori di tutto il mondo. Achille Iolascon ha spiegato che “si possono utilizzare queste mutazioni per individuare soggetti che sono predisposti a sviluppare forme meno gravi o asintomatiche della malattia Covid-19. Inoltre, i livelli sierici dei tre geni individuati potrebbero essere utilizzati come marcatori prognostici della malattia grave. Infine, oggi sappiamo qualcosa in più sulle basi biologiche di questa malattia e dunque abbiamo qualcosa su cui lavorare per sviluppare nuovi trattamenti farmacologici”.

2. È possibile scoprire il tipo di variante da cui si viene infettati?

Omicron sta variando velocemente e la domanda che si pongono i malati è se è possibile riconoscere il sottolignaggio del virus. Abbiamo girato il quesito al virologo Maria Chironna, professoressa dell’Università di Bari e responsabile del laboratorio di analisi Covid del Policlinico.

Stabilire con certezza da quale specifica variante si è stati infettati è possibile solo con l’utilizzo di tecniche molecolari avanzate come il sequenziamento dell’intero genoma virale. Sequenziare richiede tempo. Perciò, esistono dei test molecolari più rapidi che consentono di fare un primo screening e quindi “sospettare” una determinata variante.

Cambia qualcosa nel trattamento terapeutico se si conosce la variante?

Non è necessario eseguire un test di routine per sapere da quale variante si è stati contagiati perché la gestione clinica non cambia. La rilevazione delle varianti, inoltre, è molto costosa e viene fatta a scopo epidemiologico, solo in un campione selezionato di pazienti della popolazione, allo scopo di valutare in che proporzione circolano. Quando una variante diviene predominante si assume che praticamente tutti i casi siano dovuti a tale variante. Il monitoraggio continuo delle varianti sulla popolazione ha valenza di Sanità Pubblica e serve anche a intercettarne di nuove, se dovessero emergere. E con rilevazioni periodiche se ne segue la diffusione. In questo momento in Italia oltre il 90% dei casi e ascrivibile a Omicron 2.

3. Con tre vaccini e il sistema immunitario pigro si è più vulnerabili all’influenza?

Sarà forse che sono state allentate le misure di sicurezza, che la mascherina si indossa pochissimo, che siamo tornati ad abbracciarci, ma anche il virus influenzale, dopo due anni di arresto, ha ripreso a circolare. Alcuni lettori hanno chiesto se è da attribuire anche a un impigrimento del sistema immunitario dovuto anche ai tre vaccini anti Covid. Ecco cosa risponde il virologo Maria Chironna. «Le tre dosi di vaccino anti Covid-19 (2 dosi + il richiamo o booster) non “impigriscono” affatto il sistema immunitario e non ci rendono più vulnerabili. Nel corso della vita sono raccomandate molte vaccinazioni, alcune delle quali vengono effettuate somministrando più dosi per garantire il massimo della protezione, come nel caso della vaccinazione contro Covid19. Il sistema immunitario è “addestrato” a rispondere adeguatamente a più stimoli antigenici. Purtroppo, non esistono vaccini contro tutti i possibili virus causa di malattie respiratorie. Ed è per questo che ci possiamo ammalare lo stesso. Esistono, invece, vaccini efficaci contro l’influenza causata dai virus influenzali (A e B) da non confondere con altri agenti (virus parainfluenzali, rhinovirus, adenovirus, virus respiratorio sinciziale, altri coronavirus umani ecc.) che possono causare sintomi in parte sovrapponibili a quelli dell’influenza e contro cui non esistono ancora vaccini».












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