La crisi dell’Italpack rappresenta l’ennesimo smacco all’Irpinia, la proprietà dell’azienda ha dichiarato l’intenzione di chiudere lo stabilimento di food packaging nell’area industriale del Calaggio di Lacedonia nonostante la presenza da oltre 30 anni dell’azienda.
“Paradossale questa decisione”, dichiara Angelo Di Pietro, del Direttivo di Più Europa Avellino, “in quanto l’azienda si trova all’interno dell’area ZES, quindi, come zona economica speciale gode di condizioni favorevoli in termini fiscali e amministrativi, utili a fronteggiare eventuali momenti di crisi”.
Inoltre, continua Di Pietro “Lacedonia, come gli altri comuni dell’Alta Irpinia rientra anche nella Strategia Nazionale Aree Interne – SNAI che ha come missione “partire dal valore dei territori per contrastare lo spopolamento delle aree interne” e questa situazione va nell’esatta direzione opposta, ovvero, con la malaugurata chiusura dello stabilimento, perderanno l’occupazione 103 lavoratori con un danno sulle comunità dei comuni dell’Alta Irpinia e dell’Ufita, costringendoli ad abbondonare i propri luoghi di residenza, condannando al continuo spopolamento delle aree interne.
La motivazione fornita di smobilitare lo stabilimento per mancanza di commesse è ingiustificata considerando la presenza di un trend nazionale nel settore dell’imballaggio dei prodotti alimentari in costante crescita, soprattutto a seguito delle recenti normative europee che limitano l’utilizzo della plastica ed una maggiore attenzione alla sostenibilità prestata dai consumatori nella scelta dei prodotti alimentari.”
Alfonso Maria Gallo, coordinatore provinciale di +Europa, aggiunge: “Sempre più brand optano per un packaging plastic-free al 100% o per soluzioni che siano prodotte con materiale riciclato, l’Italpack con la produzione di imballaggi alimentari in cartone, riciclabili e sicuri, ha sempre dimostrato sul mercato una forte attenzione alla sostenibilità, quindi la carenza di commesse risulta essere risolvibile in condizioni di un mercato in espansione. L’incremento del costo dell’energia e la scarsità delle materie prime sono sicuramente invalidanti e possono limitare la produttività, ma la politica si deve interfacciare con le imprese per comprendere quali sono le problematiche oggettive e come poterle risolvere o quantomeno mitigare”.
Conclude Di Pietro: “Lo scenario che si prospetta per l’indotto è all’insegna delle contraddizioni, occorre intervenire subito confrontandosi con Italpack, convocando un tavolo allargato con i principali stakeholder delle realtà italiane del food packaging, come le associazioni di imballaggi alimentari e Federalimentare, per individuare un piano di ripresa delle attività garantendo la conservazione dell’attuale dotazione organica di tutti i lavoratori”.
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