dalle storie delle nostre battaglie la speranza di una nuova politica che parli di valori e diritti – Corriere dell’Irpinia

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“Far rinascere la speranza di una politica che sappia incarnare i valori che abbiamo sempre difeso e restituisca centralità alle donne”. Spiega così Alberta De Simone l’idea che ha guidato le autrici del volume “Le ragazze di via dei Fiorentini”, presentato questo pomeriggio al Carcere Borbonico, nell’ambito di un incontro promosso dalle associazioni “ParoleTraNoiLeggere” & “ACIPeA”. Un racconto, introdotto da Sandra Macci e Anna Catapano, che parte dalle storie di militanza delle donne che frequentavano la sede regionale del Pci, in via dei Fiorentini a Napoli. “Tramandare la memoria – spiega De Simone – consente di gettare nel terreno semi che potranno germogliare, di costruire una nuova stagione basata su ideali e passioni e non fondata su arrivismo e tecnocrazia, E’ tempo di tornare a guardarsi negli occhi”. Racconta come le relazioni siano state la forza di questo gruppo di donne che ha scelto di consegnare la propria testimonianza nel libro “il nostro rapporto di amicizia, sopravvissuto nel tempo, ci ha consentito di partorire questa idea. Abbiamo ricostruito una stagione cruciale di battaglie  che hanno prodotto un cambiamento reale. Penso alle lotte per i consultori, per il divorzio, per aprire il reparto di maternità a Bisaccia. Nessuna legge ci è stata regalata”. Tanti i ricordi, dal consultorio inaugurato nel 1979 ad Atripalda da un’amministrazione comunale di sinistra alla scelta di lasciare la dirigenza nazionale a Roma per riavvicinarsi alla famiglia, perchè “il personale è sempre politico”. Non nasconde le difficoltà con cui hanno dovuto fare i conti le donne nel partito ” Le donne comuniste si muovevano con una forza che faceva paura. Tutte le donne non hanno avuto vita facile nel partito ma sono grata a quella che è stata una palestra di formazione”.

E’ Aldo Cennamo a porre l’accento sul valore di cui si carica il volume dedicato alla militante Graziella Pagani “Ci consegna un patrimonio di relazioni umane e politiche di più generazioni, animate da un’ansia di cambiamento nel segno di battaglie come quella per il divorzio o per il consultorio. Ad emergere è il contributo cruciale delle donne napoletane alla lotta per l’emancipazione. Le storie personali si intrecciano con la storia del paese negli anni ’70, dal percorso per la parità al femminismo fino al pensiero della differenza. Sono anni capaci di produrre risultati straordinari sul fronte dei diritti. Tante le donne che si sono unite al Pci per amore della politica. Malgrado ciò, hanno dovuto fare i conti con il maschilismo e il rigore del partito, fino a sentirsi spesso “semplici quote aggiuntive nel Pci”. E sottolinea con amarezza come la strada per raggiungere la parità di genere sia ancora lontana, in Italia e nel mondo, lo testimoniano gli episodi di violenza di genere o il numero ancora elevato di donne senza lavoro, di qui la necessità di “una lotta per un nuovo umanesimo che superi la scissione tra cultura e politica. Dobbiamo porre le basi di un pensiero che parta dal due, dalla cultura intesa come insieme di uomini e donne”.

E’ Patrizia Ferrione, dirigente scolastica, a porre l’accento sulla capacità narrativa che caratterizza il volume “La narrazione diventa alternativa al pensiero maschile, consente di dialogare con il passato, di consegnare storiaea cui diamo un senso nuovo, di cui acquistiamo nuova consapevolezza”. Alessandra Bocchetti del Centro Virginia Woolf ricorda come “la storia è stata fatta dagli uomini e le donne hanno dovuto condurre sempre una doppia battaglia, per un mondo più giusto e per i propri diritti. Le donne hanno sempre voluto cambiare l’ordine ma nella testa degli uomini esiste ancora una cultura di tipo patriarcale, dominata dalla violenza, L’unica strada è quella di rifuggire dal noi”. E ricorda come proprio i femminicidi siano il segno della libertà delle donne “perchè in passato le moglie accettavano con rassegnazione la condizione di subordinazione o la violenza che erano costrette a subire”.

Ad Antonio Tucci il compito di ricordare Rosanna Rebulla “nella sua vita dimensione pubblica e privata si intrecciavano. Era capace di vivere l’etica e la politica come unità ma senza alcun cedimento alla moralizzazione. Ciò che la caratterizzava come amica, come zia, come insegnante era l’attenzione alla cura, intesa come alternativa alle relazioni di potere maschile. E’ stata sempre un’insegnante che ha vissuto la scuola come luogo di emancipazione. Ha messo la sua esperienza a disposizione degli altri”. Sottolinea come “per lei qualsiasi teorizzazione politica doveva partire  da situazioni concrete”. A renderle omaggio anche De Simone “Era una combattente, nessuno avrebbe scommesso che venisse eletta in consiglio. E’ stata amministratrice con Di Nunno, ottima presidente del Rubilli. Ha sofferto moltissimo l’essere stata messa da parte con la nascita del Pd. Anche Rosanna ha rappresentato la forza delle relazioni che possono esistere solo tra donne”.



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