Quella notte di cinque anni fa a Marano servì a far scoccare la scintilla. Poi un’intera legislatura durante la quale il rapporto si è fortificato, mettendo radici sulla condivisione di una prospettiva e sulla concretezza di un progetto. Oggi Vincenzo De Luca e Ciriaco De Mita sono più che alleati e guardano al post voto con la certezza della vittoria (il leader Popolare tranquillizza) e le idee chiare sui primi passi da compiere ad urne chiuse (niente mercanteggiamenti fa sapere il Presidente all’esercito di candidati nelle liste che lo sostengono). Il dialogo tra i due non consegna spunti polemici ma è piuttosto una conversazione consapevole su quello che è stato realizzato e su ciò che c’è ancora da fare. Partendo, come ha fatto De Mita, dalla necessità di riprendere le due questioni sulle quali si era costruita la base di accordo nel 2015: «l’ordinamento regionale e quello degli enti locali».
Per il sindaco di Nusco la questione, accantonata nel corso della legislatura, va ripresa perché sarà ineludibile affrontare il problema «della responsabilizzazione degli enti locali», De Mita ne parla riconoscendo di aver vissuto un momento di difficoltà «nel quale c’era la tentazione della ribellione contrapposta ad un atto di intelligenza che consigliava l’attesa». Oggi quell’argomento va affrontato in un contesto nuovo, figlio «di un momento straordinario che va gestito con una intelligenza nuova» e che deve condurre «al potenziamento delle strutture degli enti locali che sono funzionali alla vita sul territorio». De Mita batte molto su questo tasto anche in rapporto alla possibile gestione dell’importante flusso di risorse che arriverà dall’Europa e che deve necessariamente vedere gli enti locali avere un ruolo di rilievo. E’ un consiglio – De Mita lo definisce cosi – che può aiutare De Luca nel governo di «una cosa da costruire e non da gestire». Solo qualche passaggio dedicato ai “senza pensiero” del Pd «che sono di una miseria morale indescrivibile», per il resto De Mita appare più concentrato sulle questioni che riguardano l’assetto della Regione piuttosto che la polemica fine a se stessa.
Ed anche su questo c’è un idem sentire con De Mita. Il bersaglio del Governatore, che ovviamente non lo nomina mai, è Stefano Caldoro. L’excursus deluchiano è impietoso nei confronti del predecessore oggi sfidante che racconta di una Regione in ginocchio e risollevata con un lavoro duro che nell’ultima parte ha consentito la fine del commissariamento della sanità e il raggiungimento del pareggio di bilancio. De Luca snocciola i risultati ottenuti e su questi chiede «una mano per continuare nel lavoro» che in 18 mesi, lo dice ostentando sicurezza, porterà la Campania ad essere la prima regione d’Italia perché «avrà una gestione autonoma dei rifiuti e del servizio idrico e il sistema sanitario più avanzato del Paese con una medicina territoriale più vicina ai cittadini e la banda larga ovunque. Io lavoro per questo e non mi faccio bloccare dal mercato della politica». Un avviso ai naviganti (per la composizione della giunta) per disinnescare l’unica mina (la gestione di un numero eccessivo di liste) che sembra essere il solo problema per De Luca, peraltro dopo una vittoria che , sondaggi alla mano, sembra essere molto, molto vicina.