Depressione senile: quando il male di vivere colpisce gli anziani

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di Giorgia Martino

La depressione negli anziani? Subdola, nascosta, pericolosa. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la definisce uno dei quattro giganti della geriatria, insieme a cadute, incontinenza urinaria e deficit della memoria. La depressione senile è un disagio molto comune, ma non per questo “normale”.

Le cause della depressione senile

Chi ha vissuto una vita intera, porta sulla schiena curva il peso di difficoltà, di conti fatti e mai saldati, di sogni seppelliti, di persone care andate via e di un futuro che non ha più l’entusiasmo delle novità, con la paura di morire che diventa insopportabile. Finito il periodo lavorativo, il tempo a disposizione è tanto, troppo, con una pensione che spesso non basta. Iniziano a comparire acciacchi e malattie più o meno gravi che, col tempo, diventano sempre più probabili. I figli, quando ci sono, sono impegnati con la loro vita. Tante volte il coniuge non c’è più, portando via con sé una forza che aveva senso solo se condivisa. E lo stesso vale per sorelle, fratelli o amici cari.

Se da un lato il mondo moderno corre troppo e relega spesso l’anziano a un pezzo d’antiquariato “improduttivo”, dall’altro talvolta la stessa depressione senile porta il soggetto a chiudersi e a ritirarsi socialmente, peggiorando ulteriormente la propria condizione psicofisica.

Chi è più a rischio di depressione senile

PASSI D’Argento (un sistema di sorveglianza della popolazione italiana con più di 64 anni) ha pubblicato alcuni dati risalenti al biennio 2020-2021, evidenziando che il 10% degli ultra 65enni soffre di sintomi depressivi. Sempre secondo le rilevazioni raccolte, i sintomi aumentano col passare dell’età (si arriva al 17% dopo gli 85 anni), raddoppiano nella popolazione femminile, e sono più frequenti in soggetti con problemi economici e di salute. Non è un caso che, tra i fattori che aumentano il rischio di depressione, vi siano danni da condizioni fisiche come ictus, ipertensione, cancro, demenza o dolore cronico, con eventuali conseguenze come paralisi, mutilazioni fisiche, dipendenza da macchinari e caregiver, disabilità.

«Anche una storia di depressione pregressa rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di una depressione senile – sostiene la dott.ssa Beatrice Peroni, psicologa clinica a Milano – oltre alla familiarità con parenti che hanno sofferto a loro volta di depressione».

I sintomi da non sottovalutare

Un anziano depresso si mimetizza meglio rispetto a un giovane con lo stesso problema, perché, dopo una certa soglia d’età, ci si aspetta meno reattività ed efficienza. Non riconoscere subito i sintomi della depressione porta a non curarli, rendendo così più lungo e difficile il recupero.

«Non bisogna mai sottovalutare cosa l’anziano ci dice – afferma la dottoressa Peroni – Non è raro che un anziano depresso, anziché lamentare tristezza e senso di vuoto, faccia riferimento a dolori fisici. Fondamentale, dunque, una diagnosi differenziale effettuata da esperti in ambito sia fisiologico che geriatrico, in modo da intervenire nel minor tempo possibile».

Quando si parla di depressione, ovviamente, non si fa riferimento a un singolo episodio di tristezza, magari motivato da un evento scatenante e circoscritto a un arco di tempo limitato. «La depressione, si definisce sindrome in quanto è caratterizzata da un insieme di sintomi: umore deflesso, apatia, tendenza all’isolamento, desiderio di passare molto tempo a letto, perdita dell’appetito, a volte negazione del disturbo dell’umore, perdita della memoria e deficit dell’attenzione» specifica la Peroni.

«La depressione poi, diversamente dalla tristezza passeggera, si accompagna ad altre sensazioni come la mancanza di interesse per cose che prima entusiasmavano, agitazione o rallentamento, stanchezza cronica, sensi di colpa, scoppi di rabbia».

Come affrontare il problema

La depressione nell’anziano è spesso strettamente correlata alle sue condizioni fisiche, per cui la diagnosi deve necessariamente essere completa.

«Come primo step bisogna rivolgersi al medico di medicina generale che, conoscendo il quadro clinico dell’anziano, può orientarlo verso esami e visite specialistiche atte a far luce sulle problematiche riferite» consiglia la dottoressa Peroni, sottolineando anche l’importanza di un intervento psicoterapeutico. «Anche una persona anziana può intraprendere un percorso psicologico a sostegno del delicato periodo che sta attraversando. Confrontarsi con un esperto privo di giudizio è sempre utile a far chiarezza dentro di sé».

La psicoterapia potrebbe accompagnarsi altresì all’utilizzo di psicofarmaci che, se necessari, possono essere prescritti solo da un medico psichiatra o neurologo esperto. Dopo un’attenta valutazione del singolo caso, lo specialista sceglierà gli psicofarmaci giusti, scongiurando eventuali interazioni con altri medicinali assunti dall’anziano.

Al di là delle terapie strettamente cliniche, è importante anche il supporto sociale: non tutte le regioni italiane sono dotate di luoghi ricreativi per la Terza Età, che favoriscano attività di socializzazione e svago, per questo la nostra esperta ribadisce l’importanza del sostegno dei parenti stretti, come figli e nipoti. «Ascoltarlo, sostenerlo e soprattutto non banalizzare mai i sintomi e le emozioni che esprime, sono tutte azioni che hanno l’obiettivo di far tornare l’anziano a trovare la motivazione e ad essere il vero protagonista della propria vita, reinventandosi una quotidianità nuova e gratificante».

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