di Elisa Buson e Rossella Briganti
Soluzioni rapide per dimagrire? Basta digitare “dieta per dimagrire in fretta” e si viene travolti da quasi 7 milioni di siti che propongono consigli e trucchetti di ogni sorta. La strategia più gettonata? Azzerare i carboidrati e aumentare le proteine per non sentire i morsi della fame, sulla scia di diete ormai storiche, come la Atkins o la Dukan. Del resto, chi non ha mai sentito parlare delle “diete chetogeniche”?
«Sono regimi alimentari che puntano su una drastica riduzione dei carboidrati per mimare il meccanismo fisiologico scatenato dal digiuno», piega Simona Bertoli, professore associato di nutrizione umana e dietetica all’Università Statale di Milano. «Alla ricerca di fonti di energia alternative agli zuccheri, l’organismo inizia a bruciare i grassi producendo molecole di scarto, chiamate corpi chetonici, che finiscono in circolo e vengono usate come substrato energetico dalle cellule, soprattutto da quelle di cuore, cervello e sangue, le più importanti per la nostra sopravvivenza».
In effetti, a scattare è un vero e proprio piano di emergenza, che l’evoluzione ha messo a punto nel corso di milioni di anni, e non è opportuno attivarlo per una semplice remise en forme.
Quali sono le controindicazioni di una dieta chetogenica
«Molte persone pensano che le diete chetogeniche siano una scorciatoia per perdere in fretta i chiletti di troppo, ma non è così», ammonisce Bertoli, che è anche responsabile del Centro obesità e del Laboratorio sperimentale di ricerche sulla nutrizione e l’obesità dell’Irccs Istituto Auxologico Italiano. Prevedono infatti un forte sbilanciamento tra carboidrati, proteine e grassi che assumiamo attraverso il cibo e per questo motivo non sono adatte a tutti: sono assolutamente controindicate in caso di diabete di tipo 1, disturbi del comportamento alimentare, insufficienza epatica o renale, angina instabile, infarto recente, gravidanza e allattamento.
«In realtà questo regime alimentare può essere applicato solo in casi particolari, che devono essere accuratamente selezionati e tenuti sotto stretto controllo medico», afferma l’esperta. «In un certo senso chi segue queste diete diventa un “sorvegliato speciale”, per evitare effetti collaterali potenzialmente anche gravi come aritmie cardiache, anemia o ipoglicemia».
Quante sono le diete chetogeniche
Un altro falso mito da sfatare è che la dieta chetogenica sia “una”: in realtà ne esistono diversi tipi, perché lo schema alimentare cambia da persona a persona a seconda delle necessità. «Ci sono le diete chetogeniche a basso contenuto calorico che vengono usate per aiutare gli obesi a dimagrire in fretta, in caso di gravi scompensi metabolici o come strategia ponte in vista della chirurgia bariatrica», ricorda la nutrizionista.
«Poi ci sono le diete chetogeniche normocaloriche, che non fanno dimagrire ma inducono solo il cambiamento del “carburante” delle cellule: in genere vengono usate da atleti professionisti, che vogliono potenziare le loro performance in vista di una gara negli sport di resistenza come il ciclismo o la maratona, e soprattutto da pazienti, che nel cibo trovano un vero e proprio farmaco per i loro problemi di salute di origine neurologica o metabolica».
Quando le diete chetogeniche sono una terapia
Forse non tutti sanno che la dieta chetogenica è nata agli inizi del Novecento proprio a scopo terapeutico, per migliorare il controllo delle crisi epilettiche nei pazienti resistenti ai farmaci. Si era visto infatti che i pazienti epilettici riuscivano ad avere un miglior controllo delle loro crisi nei periodi di digiuno. Ipotizzando che i corpi chetonici potessero avere un ruolo nel regolare la funzionalità dei neuroni, Russell Wilder, ricercatore presso la Mayo Clinic (Usa), mise a punto una dieta normocalorica (con l’80-90% di grassi e poche proteine e carboidrati) che ne favorisse la formazione, simulando il digiuno.
Da allora sono state identificate diverse patologie che possono trarre beneficio dalla produzione dei corpi chetonici, a partire dalla sindrome da deficit di Glut1: si tratta di una rarissima malattia neurologica di origine genetica, che colpisce in media una persona su un milione. A causarla è la carenza di un enzima, Glut1 appunto, che trasporta il glucosio nelle cellule: la sua mancanza finisce per “affamare” il cervello, provocando crisi epilettiche, ritardo psicomotorio, disturbi del linguaggio e del movimento.
«A oggi non esiste una cura: l’unica terapia salva-vita è la dieta chetogenica, che permette di ottenere un netto miglioramento del quadro clinico nel giro di poco tempo», sottolinea Bertoli. «Nel corso degli anni sono emerse evidenze sempre più numerose in merito all’azione dei corpi chetonici sul sistema nervoso: per questo la dieta chetogenica è stata sperimentata anche nell’emicrania farmacoresistente, ottenendo dati molto incoraggianti per quanto riguarda la riduzione della frequenza e dell’intensità degli attacchi nelle fasi più acute.
Miglioramenti sono stati osservati pure nel trattamento di alcune malattie legate al metabolismo del glicogeno, chiamate glicogenosi, con un alleviamento dei sintomi soprattutto a livello muscolare. Esistono poi dei dati incoraggianti, sebbene preliminari, sul controllo di alcuni tumori cerebrali come il glioblastoma».
Ora c’è un’app per chi è in cura
Per rispondere a esigenze così diverse, la dieta chetogenica deve essere cucita su misura dal nutrizionista, ma seguirla alla lettera non è sempre facile. Per gestirla nella quotidianità, senza cadere negli errori del fai-da-te, ora c’è l’app Ketonet, nata dall’idea di una mamma, Alessandra Camerini, ingegnere e mamma del piccolo Lorenzo, che oggi ha quattro anni ed è affetto da deficit di Glut1, da quando aveva solo 5 mesi. Alessandra Camerini è anche responsabile comunicazione e fundraising dell’Associazione italiana Glut1 onlus.
«Abbiamo iniziato a seguire da subito la dieta chetogenica», racconta Alessandra Camerini. Nel giro di 3 mesi si hanno importanti miglioramenti clinici, e l’epilessia in genere si risolve in quasi il 90% dei casi. «La difficoltà è che bisogna essere precisi al decimo di grammo, per assicurarsi che il cervello abbia tutto il nutrimento di cui ha bisogno: un vero problema se facendo la spesa non si trovano esattamente gli alimenti indicati o se il bambino si rifiuta di mangiare. Per mantenere le giuste quantità e proporzioni, teoricamente dovrebbe spazzolare sempre il piatto senza lasciare avanzi».
Abituata da ingegnere ad analizzare e risolvere i problemi, Alessandra ha così pensato a uno strumento digitale che potesse semplificare la vita a lei e a tante altre mamme. «Volevo una app gratuita ma di alto livello, semplice da usare e modulabile, che permettesse di personalizzare la dieta rispettando le indicazioni dei medici ma adattandola meglio ai gusti del paziente». Così è nata Ketonet, che a oggi ha già conquistato più di 6.000 utenti.
L’app Ketonet è stata sviluppata dagli esperti del Politecnico di Milano in collaborazione con l’Università di Pavia e l’Associazione italiana Glut1 onlus. È gratuita e disponibile per iOs e Android in 22 Paesi europei. Installarla sullo smartphone equivale ad avere un piccolo nutrizionista tascabile a cui chiedere aiuto quando si fa la spesa o si vuole sperimentare ai fornelli.
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Articolo pubblicato sul n. 20 di Starbene, in edicola e nella app dal 14 luglio 2020