Il disturbo d‘ansia generalizzato arriva di soppiatto come un nemico invisibile e piano piano diventa il compagno fedele delle tue giornate. All’inizio può sembrarti solo un lieve malessere, una preoccupazione su quello che devi fare nei giorni seguenti e su come puoi pianificare i tuoi impegni, ma via via quella che sembrava una banale lista di incombenze si trasforma in una montagna informe di doveri dove ogni voce richiede una performance intollerabile. E pensiero dopo pensiero, come onde di un mare invisibile, ti trovi in mezzo a una tempesta emotiva che non si placa mai. Cosa ti sta succedendo? Forse hai iniziato a soffrire di DAG, il disturbo d‘ansia generalizzato (in inglese Generalised Anxiety Disorder). Secondo le statistiche ne è vittima il 4% della popolazione europea, mentre l’11% ha affermato di averlo provato almeno una volta nella vita.
Ormai ne parlano apertamente anche celebrities come Alessandro Gassman, Ryan Reynolds ed Emma Stone. Persino il principe Harry ha voluto diventare un “testimonial” importante per convincere chi soffre di DAG a farsi aiutare. Perché la cura c’è e funziona. Abbiamo chiesto alla dottoressa Maria Cristina Cavallini, psichiatra all’Ospedale San Raffaele Turro di spiegarci come si manifesta questo problema e come correre ai ripari.
Cos’è il DAG?
È un disturbo caratterizzato da una preoccupazione costante e pervasiva che permea ogni momento della giornata di chi ne è affetto. Le persone, di solito, di fronte a un problema riescono a contestualizzare la situazione che stanno vivendo. Chi è soggetto a DAG invece continua a rimuginare su pensieri fissi e inizia a sviluppare una sintomatologia complessa. In genere, le donne ne soffrono maggiormente: il rapporto è di 2 a 1.
Quali sono i sintomi fisici?
I più diffusi sono simili alla risposta che si verifica durante una situazione stressante: accelerazione del battito cardiaco, tremori, tensioni muscolari, ma anche gastrite, colite, bruxismo, insonnia. Spesso chi soffre di DAG viene da noi lamentando inizialmente questi problemi fisici. Solo dopo si accorge che in realtà tutti questi disturbi sono causati dall’ansia.
Ma queste reazioni non sono normali se si sta vivendo una situazione particolarmente stressante?
Certo. Anzi, in questo senso l’ansia è un fattore protettivo perché ci aiuta a difenderci dai potenziali pericoli dell’ambiente esterno: ci permette di scappare in caso di necessità o di attivare una risposta adeguata se veniamo messi sotto scacco. Ciò che distingue chi soffre d’ansia generalizzata è che continua a rivivere questa reazione da stress più e più volte al giorno senza riuscire a superarla. Diventa un rimuginio paralizzante dove ogni piccolo evento viene ingigantito e percepito come insormontabile. Per esempio, devo presentare questo lavoro al capo e non so come andrà. Oppure non riesco a dormire finché mio figlio non rientra a casa perché mi immagino che gli accadano le peggiori disgrazie. Se questi pensieri ricorsivi si fanno via via più insistenti, perdurano per più di 6 mesi e iniziano a interferire con le attività quotidiane, come per esempio se non riesco più a lavorare, perdo l’appetito, non riesco a prendere sonno la sera, non ho più voglia di uscire, allora possiamo dire che si soffre di disturbo d’ansia generalizzato.
La pandemia, la guerra, la crisi energetica possono essere stati fattori scatenanti di questo disturbo?
Possiamo dire che magari hanno fatto da acceleratore. Il malato di DAG ha la tendenza a immaginarsi il futuro come una sequenza di fatti catastrofici ma la cosa singolare è che poi, di fronte alle difficoltà oggettive, questi soggetti a volte reagiscono meglio di altri. In pratica, ingigantiscono una litigata, un malessere o un fatto assolutamente banale, ma di fronte alla pandemia per esempio mostrano una resilienza assolutamente nella media. È come se riuscissero ad attingere a risorse nascoste che fino a quel momento non sapevano di avere. Il guaio però è che poi non le utilizzano per risolvere le contrarietà di tutti i giorni.
Quali sono i sintomi psichici più evidenti?
Oltre al rimuginio continuo su correlati mentali disturbanti (i cosiddetti “pensieri fissi” appunto), una delle caratteristiche principali è la smania di voler avere tutto sotto controllo. E questa attitudine si manifesta soprattutto riguardo al futuro: dal momento che nessuno può prevederlo, è uno spazio che si riempie di contenuti negativi. È tipico dell’ansioso immaginare un domani catastrofico dove ogni suo timore si trasforma in realtà. In questo modo non riesce mai a vivere nel presente perché si macera in un mondo immaginario caratterizzato da una serie di conseguenze ineluttabili e negative.
Esiste una cura farmacologica?
Certo. La ricerca ha visto che gli antidepressivi che hanno un effetto di rimodulazione sull’ansia sono i cosiddetti antidepressivi serotoninergici, farmaci che agiscono sull’attività della serotonina, l’ormone del buonumore. Sono terapie poco invasive (si usano dosaggi inferiori a quelli che vengono utilizzati per la depressione e per il disturbo ossessivo ovviamente). Inoltre, per trattare il DAG al San Raffaele non usiamo i farmaci che vanno per la maggiore come le benzodiazepine perché, anche se sono maneggevoli (3 goccine e via), il paziente tende a sviluppare tolleranza e assuefazione e ad automedicarsi (le prende al bisogno e spesso eccede). Preferiamo invece farmaci che, pur agendo sugli stessi recettori delle benzodiazepine, i Gaba, non hanno effetto immediato ma curano meglio il disturbo. Mi spiego meglio: i farmaci gabaergici non danno assuefazione e permettono di prevenire il disturbo. Facciamo questo esempio: le benzodiazepine hanno effetto immediato ma coprono solo il disturbo, sono come un coperchio su una pentola. Se tolgo il coperchio l’acqua fuoriesce. Al contrario i gabaergici e i farmaci attivi sul sistema serotoninergico iniziano a funzionare dopo una decina di giorni ma controllano i sintomi, li prevengono e non fanno risalire l’ansia. Sono la regolazione della fiamma sotto la pentola, per mantenere la metafora.
E quale tipo di psicoterapia è consigliata?
Quella che funziona meglio è quella cognitivo-comportamentale che prevede una costellazione di interventi mirati a tenere sotto controllo l’ansia. Sono efficaci per esempio le terapie come la Mindfulness che inducono il rilassamento, aiutano a gestire la respirazione, a regolare il battito cardiaco e a gestire i propri stati interni. Oltre alla ristrutturazione cognitiva (imparo a riconoscere il disturbo e a controllarlo), la psicoterapia è efficace anche a livello comportamentale. Spesso l’ansioso evita di andare in alcuni luoghi o diventa evitante in termini di relazioni sociali. Un percorso adeguato (in genere possono anche bastare pochi mesi) gli permette di tornare a godere di una socialità ricca e piena.
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