Un bocciolo di rose che spunta all’improvviso, una gemma preziosa che nasce dalla linfa vitale che scorre in noi e alla quale dobbiamo attingere per ricominciare a stare bene. È il concetto di salutogenesi, la costante “produzione” di salute che ci rende attori consapevoli del nostro percorso di guarigione. Perché non c’è vera guarigione se continuiamo a delegare a medici e farmaci, senza riprendere in mano la nostra vita.
È la tesi di Daniela Jurisic, autrice di La tua salute su misura (Vallardi, 16,90 €). Fisiatra di origine croata formatasi negli Stati Uniti e a Pavia, dove esercita tuttora, dal 2005 insegna la sua formula di “medicina integrata attiva” presso l’Institute of Integral Health di Baltimora (Usa). Le abbiamo rivolto alcune domande per capire cosa fare contro certi dolori cronici (lombalgia, fibromialgia, pubalgia, cervicale o sciatica).
Dottoressa Jurisic, che cosa c’è di errato nel comune approccio alla malattia?
Quando ero una studentessa di medicina, mi insegnavano a suddividere il corpo in tanti apparati: gastrointestinale, nervoso, respiratorio, ecc… E ogni sistema era un mondo a sé. La malattia era il segnale che qualcosa, in quel distretto, non funzionava. Quando poi parlavo con i pazienti, mi rendevo conto che era tutto il complesso corpo-mente-emozioni a soffrire, non un singolo “pezzo”. Chiedevo loro di raccontarmi “l’altra” vita, che avevano vissuto prima di diventare pazienti cronici. Cercavo di non farli concentrare sulla patologia ma di aiutarli a capire quando i disturbi erano insorti e, soprattutto, che cosa riusciva a farli stare un po’ meglio. Perché non c’è dolore, acuto o cronico, che non abbia un margine di migliorabilità. Certo, ci sono i pilastri dello stile di vita: sana alimentazione, attività fisica, rinuncia al fumo, all’alcol, al sovrappeso e allo stress come pane quotidiano. Ma poi ognuno deve trovare la propria strada.
Ci può spiegare il concetto di salutogenesi?
È una definizione coniata negli anni ’70 dal sociologo israeliano Aaron Antonovsky, che ha indagato i rapporti tra stress, salute e benessere globale. Si riferisce a tutto ciò che “crea” salute, cioè che permette a un paziente di stare meglio. Molto spesso, infatti, ci focalizziamo sui sintomi dolorosi, scordandoci di ciò che ci fa stare bene. È proprio in virtù di questa prospettiva rovesciata che occorre “rieducare” il corpo nei movimenti, insegnargli per esempio a sollevare i sacchetti della spesa o a pulire casa in un modo meno fastidioso per la schiena. Bisogna imparare ad ascoltarne il linguaggio e trasformarlo con l’obiettivo di “ricreare” benessere, salute, distensione muscolare.
E per concretizzare la “fabbrica” della salute?
Per i dolori cronici le attività fisiche che funzionano meglio sono quelle di tipo “mind-body”, come lo yoga, il pilates e le arti marziali quali il qi gong e il tai chi chuan. Queste discipline connettono corpo e mente, creando un ponte tra esercizio fisico, coordinazione motoria, respirazione e concentrazione mentale. Ma è impossibile dare delle indicazioni generali. Tutto dipende dalla storia personale di ogni paziente e da un questionario che faccio compilare per capire tre parametri fondamentali: i ritmi del corpo, l’interocezione e il senso di agenticità.
A cosa si riferisce con i “ritmi del corpo”?
Alla consapevolezza che una persona ha dei propri bioritmi. Non solo il ciclo sonno-veglia o appetito-sazietà ma anche tutti quelli che scandiscano le nostre giornate. Nel questionario ci sono domande del tipo: quante volte, in una giornata, senti il bisogno di eliminare le scorie (feci, urine), di respirare a pieni polmoni, di riposare, di muoverti? E quando avverti questo bisogno assecondi il tuo corpo o tiri dritto perché devi finire un lavoro? Mangi perché hai fame o per noia oppure per ansia? Quanti caffè bevi e quante caramelle sgranocchi, e in quali ore della giornata? Quanto e come dormi, e che aspettative hai sul sonno? A volte basta prendere un caffè in meno per arrivare a sera meno agitati.
Che cosa intende per “interocezione”?
La percezione che una persona ha dei messaggi del corpo. Com’è il tuo respiro quando lavori o ti arrabbi? E il tuo battito? Hai coscienza della peristalsi intestinale? Avverti i segnali della digestione o di un alimento indigesto? Percepisci come cambia il timbro della voce quando sei attraversato da forti emozioni? Da dove origina e dove arriva il tuo dolore? Quali organi coinvolge e come condiziona i tuoi movimenti? L’interocezione non è altro che la capacità introspettiva di guardarsi dentro, di leggere e interpretare l’alfabeto del corpo. Alcune persone soffrono di cervicalgia. Spesso hanno il collo rigido e non riescono a girare la testa. Vanno avanti così per anni senza rendersi conto che il loro collo è “scollegato” dal resto della colonna e ha perso flessibilità. Qui, l’interocezione è già la cura. La consapevolezza che nella postura c’è qualcosa che non va e che è possibile “riconnettere” il tratto cervicale al resto della colonna (per esempio, con il Feldenkrais, il metodo Mézières o l’euritmia).
Mentre l'”agenticità”?
Designa la capacità di diventare protagonista dell’iter di guarigione. È quella cosa che ti fa dire: “adesso cammino per 6 km e alla fine non avrò mal di schiena”. E se poi è così, non ti fa cadere nella trappola di pensare “è stato un caso, prima o poi il dolore ritornerà”, ma ti spinge a congratularti con te stessa, per aver trovato il ritmo giusto e le scarpe ideali. Insomma, agenticità significa credere in se stessi. Molte persone, invece, si “siedono” all’interno della malattia, come una mia paziente che soffriva di dolori pelvici da anni. Aveva provato di tutto, non riusciva neanche ad avere rapporti sessuali. Alla prima seduta, le ho chiesto se c’erano movimenti che le risultavano meno fastidiosi e più piacevoli. L’ho invitata a iscriversi a un corso di Feldenkrais, per “riorganizzare” il suo repertorio e riscoprire quelli che tollerava meglio. Tempo due mesi era rinata. Aveva allenato il suo senso di agenticità.
Quattro pratiche antistress
Lo stress è il nemico numero uno della salute, all’origine di tantissimi disturbi. Ecco quattro pratiche somatiche da ripetere quando senti “montare” la tensione.
- Inspirando, solleva le braccia in alto. Poi, espirando, inizia a flettere il busto lentamente verso il basso, tenendo il mento verso la gola e facendo scendere per ultime le braccia. Resta a testa in giù sfiorando il pavimento con i polpastrelli e oscillando le braccia avanti e indietro, a destra e a sinistra. Butta fuori l’aria.
- Cambia il punto di vista facendo, fisicamente, qualcosa al contrario. Prova a camminare all’indietro (dove non ci sono pericoli), a sollevare la tazza di tè con la mano che non usi mai, a rallentare il ritmo dell’eloquio come per scandire le parole al rallentatore.
- Seduta comodamente, a occhi chiusi, sfrega vigorosamente i palmi delle mani l’uno contro l’altro, come se volessi accendere un fuoco con la sola frizione. Poi, ponili a coppa sugli occhi sentendo il calore che emanano e osservando il buio che producono. Resta così fin che puoi. Infine, massaggia con i palmi e i polpastrelli delle dita le palpebre, la fronte, le tempie e gli zigomi.
- Inspirando, alza le braccia tenendole vicino alle orecchie e unisci i due pollici sopra la testa. Espirando, riportale in basso. Immagina che si sollevino e si abbassino come le ali di un gabbiano.
Allena la salutogenesi
Questi esercizi ti insegnano a prenderti cura di te, a ricercare il benessere e a metterti in ascolto del corpo.
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