Rosa Bianco
Ieri presso il Bar equo e solidale “Hope” di Avellino, si è svolto un importante incontro dal titolo “Cultura della non violenza: autodeterminarsi”. Organizzato dall’Aps Avellino per il Mondo, l’Aps Il Bucaneve e l’Archeoclub Avellino, l’evento ha offerto una preziosa opportunità di riflessione su due dei temi più urgenti del nostro tempo: il rapporto tra libertà individuale e violenza sistemica e la capacità dell’essere umano, in particolare della donna, di riconquistare la propria autodeterminazione.
La questione dell’autodeterminazione, intesa come possibilità di costruire la propria esistenza in accordo con i propri valori e aspirazioni, è una questione fondante per le donne oggi.
La violenza, in tutte le sue forme – fisica, psicologica, economica – non è solo un attacco al corpo o alla mente: è un atto che tenta di disarticolare la stessa capacità di autodeterminarsi. Le donne che si ritrovano a ricostruire se stesse dopo un’esperienza di sopruso incarnano, nella loro resilienza, una delle più alte espressioni della libertà umana: la capacità di rigenerarsi, di riprendere il filo spezzato della propria storia. È qui che la forza d’animo e il coraggio delle donne incontra la realtà concreta, suggerendo strumenti per superare l’oppressione e coltivare la consapevolezza.
L’incontro ha posto al centro proprio questa consapevolezza, articolando il dialogo attorno a tre pilastri: tutela, indipendenza e cultura. La tutela, che si declina attraverso strumenti legislativi e sociali, risponde alla necessità di proteggere i diritti fondamentali, ma non può sostituire il lavoro più profondo dell’autonomia interiore. L’indipendenza, invece, non è solo economica o relazionale, ma soprattutto una condizione spirituale: è la capacità di affermare il proprio valore indipendentemente dagli sguardi e dai giudizi altrui. Infine, la cultura: senza una riforma culturale, nessuna misura legislativa può radicarsi veramente. Come sosteneva Hannah Arendt: “solo la comprensione della nostra comune umanità può spezzare le catene della violenza.”
Ciò che rende eventi come questo particolarmente preziosi è la capacità di unire la riflessione teorica a gesti concreti. Attraverso i reading poetici e gli interventi dei partecipanti – donne e uomini impegnati nella cultura e nel sociale – il messaggio si è fatto azione, dimostrando che la lotta contro la violenza non è una battaglia solitaria, ma un impegno collettivo. Tra i protagonisti dell’evento si sono distinti Elvira Napoletano, Elsa Maria Nigro, Graziella Di Grezia, Simona Maietta, Maria Ronca, Salvatore Pignataro, Agostina Spagnuolo, Dorotea Virtuoso, Anna Cortese, Alessia Ausiello e Mayumi Ue. Ciascuno ha offerto il proprio contributo, dimostrando come la cultura e l’impegno sociale possano essere strumenti fondamentali, per promuovere una società più equa e rispettosa.
A moderare l’incontro e a stimolare il dibattito è stato il giornalista e scrittore Gianluca Amatucci, il cui intervento ha fornito spunti di riflessione preziosi, sottolineando il ruolo della comunicazione nel denunciare e combattere la violenza di genere.
In un’epoca in cui la violenza sembra normalizzarsi e la solitudine amplificarsi, la vera sfida è quella di costruire spazi di solidarietà, dove le esperienze individuali si intrecciano con il pensiero comune. Forse – come ci insegna Simone Weil – la radice di ogni violenza risiede nell’oblio della realtà dell’altro. Riconoscere l’altro come pienamente umano, degno di rispetto e libertà, è il primo passo per un’autentica cultura della non violenza.
L’incontro di ieri al Bar Hope di Avellino non è stato solo un evento, ma un monito e un auspicio: che ciascuno di noi diventi portatore di una cultura diversa, in cui la forza non sia mai dominio, ma sempre creatività e riconciliazione. In questo risiede il senso più profondo dell’autodeterminazione: non la semplice affermazione di sé, ma la costruzione di un mondo in cui ogni individuo possa essere, finalmente, libero.