Dopo la Democrazia Cristiana | Corriere dell’Irpinia

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La Democrazia Cristiana, si sa, ha avuto una storia cinquantennale, che si è largamente identificata con la storia d’Italia di cui ha guidato le sorti, governandola nella nella seconda metà del Novecento fin verso la fine. Infatti, fondata nel 1944 sui resti del vecchio Partito Popolare Italiano di Luigi Sturzo, è stata sciolta agli inizi del 1994 (18 gennaio) su proposta del suo Segretario Mino Martinazzoli, che ridiede vita al Partito Popolare, destinato però a vita grama e a non rinnovellare mai più i fasti della DC; anzi di fatto sostituito da Forza Italia di Silvio Berlusconi, fondata dal suo più stretto sodale Marcello dell”Utri, condannato per mafia – quella mafia che, insieme a camorristi e ad altri sulfurei personaggi della criminalità organizzata e ad affaristi vari e personaggi del sottobosco politico, avrà sempre un posto di rilievo, pur in mezzo a molte persone perbene, in quel partito che a uno straniero potrebbe sembrare singolare, se non strano e inquietante, ma che gli italiani hanno votato in massa fino a dargli quasi il 40 per cento dei voti e a fargli vincere per tre volte le elezioni politiche insieme alla Lega e ad Alleanza Nazionale, una formazione post-fascista. Tant’è che Berlusconi ha governato per lunghi e, ahimè, non felici anni il nostro sfortunato Paese. Ma torniamo alla DC – ove mai, ma non crediamo, ce ne fossimo allontanati – per ricordare che essa fini perché, per un verso, fu travolta dalla Caduta del Muro nel novembre ’89, che ne faceva venire meno la funzione di diga contro il comunismo in Italia (il PCI, che giunse, con Berlinguer, nel 1976, al 34,4 per cento dei voti, era il più forte partito comunista dell’Occidente); per l’altro verso, fu investita, unitamente al Partito Socialista di Bettino Craxi e ai suoi alleati minori (socialdemocratici, repubblicani, liberali) da Tangentopoli, che rivelò agli italiani quel che sostanzialmente sapevano già, ovvero di essere a tutti i livelli (s)governati, con eccezioni invisibili, da una banda di malfattori di vario genere e rango, bricconi inveterati, rastrellatori del denaro pubblico, professionisti del furto con destrezza in un suburbio di ladroni e di fameliche e sterminate clientele di famuli e famigli; per l’altro verso ancora, lo scandalo enorme dell’incriminazione per mafia di Giulio Andreotti, il dc che era l’uomo politico più votato dagli Italiani, sempre ministro, sette volte presidente del Consiglio, rendeva plasticamente e drammaticamente evidenti le collusioni agghiaccianti, di cui da tanti anni di parlava e si sapeva, della DC con la mafia siciliana più altre mafie (camorra, ‘ndrangheta, Sacra corona unita) a fini elettorali, di controllo del territorio e di lucrosi quanto torbidi affari (dalla più indiscriminata e selvaggia speculazione edilizia all’inquinamento del territorio con i rifiuti tossici). La morte, qualche giorno fa, di Ciriaco De Mita, che è stato il più longevo Segretario del partito dello Scudo crociato (1982-1989), oltre che suo presidente, vicesegretario, più volte ministro e anche Presidente del Consiglio per un anno (1988-89), ha rinverdito mai sopite nostalgie di una rifondazione della DC Ci permettiamo dire che questo appare un sogno impossibile, non utile al nostro Paese. La Dc è stata un partito bifronte: ha rappresentato, con De Gasperi, Fanfani, Moro e, perché no, lo stesso Da Mita, una intuizione di libertà e una prassi democratica che hanno positivamente contributo alla crescita socio-economica e politico- culturale dell’Italia, in collaborazione con i socialisti e in dialogo dialettico con i comunisti. Ma la Dc è stata anche il partito di cui larghi settori formati da dorotei, andreottiani, reazionari della più bell’acqua non hanno esitato a dare vita a una sorta di antistato criminale, che non è fatto solo di mafia ma anche di servizi segreti deviati, stragi di Stato, strategia della tensione, attentati feroci da Piazza Fontana a fine anni Sessanta alla fine del secolo. Cosi che una lunga, spessa scia di sangue, coperta da tenebrosi misteri e nascente da diaboliche trame eversive, come un osceno e lugubre filo di Arianna congiunge la storia d’Italia dalla nascita della Repubblica ai giorni nostri. Peraltro quel che è accaduto dopo con Berlusconi non è un caso. Non è, quindi, meglio sognare, per dirla con D’Alema, un’Italia “paese normale”, fondato finalmente sullo stato di diritto (e non sulla raccomandazione e il favore), in cui si confrontano una destra presentabile e una sinistra riformista?

di Luigi Anzalone



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