E’ tempo di prendere decisioni

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L’invito al Governo a far presto nel prendere decisioni sul rilancio dell’economia e dello sviluppo e di come spendere i fondi messi a disposizione dall’Europa è di tutti i partiti della maggioranza e dell’opposizione, delle imprese e delle forze sociali, dei sindacati, della stampa, sottintendo naturalmente, di tendere ciascuno ad avere la sua parte. Gli Stati Generali, convocati dal Premier Conte, sono stati criticati per averci fatto perdere tempo, conoscendo benissimo le cose da fare subito sulle quali, naturalmente non si è affatto d’accordo tirando ognuno l’acqua al proprio mulino. Infatti la riduzione dell’IVA proposta dal Premier collegata all’uso della carta di credito, non è accettata da chi non vuol neanche sentir parlare di riduzione del contante e, purtroppo, neanche dal PD che vorrebbe la riduzione delle tasse sul lavoro.

La lentezza dei Governi ad assumere decisioni rapide riflette un po’ tutte le democrazie, nelle quali il Parlamento assume una funzione primaria ed i partiti politici sono coprotagonisti delle decisioni che devono passare il vaglio del voto parlamentare, soprattutto nei governi formati da coalizioni. In Italia, poi, le cose si complicano notevolmente, per la presenza di una burocrazia elefantiaca, talvolta incompetente, corriva al potere politico, volta più a salvaguardare i propri privilegi e che trova nell’applicazione di tantissime leggi che si accavallano, si duplicano, prevedono adempimenti e controlli, il pretesto per tirarsi fuori dalle proprie responsabilità. I Decreti emessi –su impulso personale del Presidente del Consiglio- nella prima fase del coronavirus, che non hanno ancora raggiunto i risultati sperati, ne sono l’esempio più che evidente: centinaia di decreti attuativi molti non ancora pubblicati, nei quali sono coinvolti ben 17 ministeri e altrettanta burocrazia.

Come si fa ad incolpare il Governo, e Conte in particolare, se agisce con cautela nel tentativo di coagulare il consenso in primo luogo degli alleati. Ma c’è un’aggravante di più: la stampa e i social compiono, in nome dell’audience, un’azione distruttiva più che collaborativa, come i partiti di opposizione che si servono di loro per una propaganda infinita. In Italia si è in perenne campagna elettorale e le televisioni e i giornali, invece di limitarsi a dare le notizie, finiscono per arzigogolare su ogni parola dei politici, di interpretare il loro pensiero e i loro obbiettivi, ripetendo fino alla noia concetti già detti, frottole e bugie raccontate dai politici di turno senza alcun ritegno, innalzando ai limiti dell’estremo una discussione politica che finisce sempre per parlare meno dei problemi reali e più delle intenzioni vere o presunte.

I giornalisti ed i conduttori televisivi dovrebbero, invece, fermarsi a dare le notizie, nel modo più oggettivamente onesto e non alimentare infiniti tavoli di discussioni. Basterebbero pochi telegiornali e ancor meno talk show. Invece sono tantissimi ed in continua concorrenza tra loro a chi la spara più grossa e ad invitare personaggi cialtroni e violenti come Sgarbi, Feltri, Belpietro sempre più spesso dimenticando l’etica professionale, e la loro funzione etica richiamata dal Popper.

Come superare tutto questo? Facendo riforme strutturali, soprattutto quelle a costo zero che frenano, nei fatti, lo sviluppo e la crescita del Paese. Forse Conte, che gode di un largo consenso nel Paese, dovrebbe avere più coraggio e proporre direttamente ai cittadini le riforme che ha in animo di fare indicandole, nei singoli dettagli, a cominciare dalla sburocratizzazione di cui abbiamo bisogno senza ulteriori decreti semplificazioni ma proponendo leggi più semplici, che non richiamano altre norme e che siano immediatamente esecutive. C’è bisogno di molto coraggio e i vari mestatori, dai due cazzari alla vispa Teresa, ai nostalgici movimentisti  di Di Battista andassero dove vogliono perché la gente, quella che ragiona con la propria testa, ne ha le scatole piene.

di Nino Lanzetta


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