Il volume, curato dallo storico del cinema Paolo Speranza, con l’elegante grafica di Rosy Ampollino e un inserto di immagini rare, è strutturato in cinque capitoli (Il “progetto Notari”; Sulle tracce della “Dora Film”; Una regista e il suo tempo; Elvira e le altre; Memorie ritrovate), con interviste allo storico del cinema Mario Franco e all’artista Antonella Monetti e saggi di studiosi e cineasti: Licio Esposito e Paola Vacca, Gianfranco Pannone, Valentina Abussi, Giovanna Callegari, Lucia Di Girolamo, Antonio Farese, Sara Fiori, Angela Maria Fornaro, Simona Frasca, Salvatore Iorio, Mimmo Mastrangelo, Patrizia Reso, Marialaura Simeone, Paolo Speranza.
Un omaggio alla prima regista donna del cinema italiano. In un mondo dominato da maschi, e dal fascismo, le sue eroine, prese dai bassifondi di Napoli, erano donne insofferenti alle regole sociali, folli, violente e figure fortemente erotiche che si scontravano contro la visione sessista e patriarcale della società dell’epoca. L’arte della Notari, fu distrutta dall’avvento del Fascismo. Il regime capì presto che attraverso il cinema si poteva fare propaganda politica e il cinema della Notari fu subito messo al bando: Anche Elvira dovrà presto fare i conti con il fascismo. I film che dirige, spesso ambientati nei bassifondi del ‘ventre di Napoli’, non piacciono al giovane ma sempre più invasivo regime dittatoriale, specialmente perché all’estero godono di gran successo. Per fare un esempio era talmente forte l’intervento della censura che alla fine un film come Fantasia ‘e surdato (1927) diventa incomprensibile per i troppi tagli.
E’ il regista Pannone a sottolineare come fosse “caduta nell’oblìo con una scusante: quella del cinema muto che passava al sonoro e quindi la fine di un mondo antico. Ma noi raccontiamo la vicenda precedente all’avvento del cinema sonoro, ovvero quella dei film che subivano i tagli pasticciati della censura. Per una fase, negli anni Settanta, la figura di Elvira è diventata di riferimento per il mondo femminista. Anche se a mio modo di vedere occorre stare attenti a etichettarla solo come femminista e antifascista: lei era tantissime cose. Non mi piace chiamarla «eroina» , era una donna coraggiosa e in gamba. Elvira rappresenta un po’ Napoli, con la sua forza e la sua refrattarietà agli schemi imposti”.