Controlli post-Covid: è la nuova parola d’ordine degli esami radiografici targati 2022. Perché agli esami di routine si sono aggiunti quelli mirati a scoprire se il Covid ha lasciato danni non solo ai polmoni, ma anche al cervello, al cuore e persino alla circolazione sanguigna. Questi esami vanno prescritti in casi mirati, con appropriatezza: per esempio se nonostante la guarigione permangono o compaiono sintomi come l’incapacità di percepire odori e sapori, problemi respiratori, difficoltà nell’attenzione e nel memorizzare e cefalea.
Si fanno solo gli esami realmente necessari, evitando l’esposizione a radiazioni inutili. E bisogna dire che oggi abbiamo più tutele in questo campo. Ne parliamo con Luciano Riboldi, radiologo di Humanitas Medical Care di Varese.
I controlli davvero necessari
«Si fanno con la TC HR (Tomografia computerizzata ad alta risoluzione), la Risonanza magnetica e altri esami radiologici: servono per verificare se i sospetti di eventuali complicanze dopo la malattia da virus sono fondati. Innanzitutto per accertare quelle polmonari (va esplorato il parenchima polmonare, l’organo bersaglio del virus), ma anche cerebrali, cardiologiche e vascolari», dice Riboldi.
«Più che giustificata una TC HR in caso di complicanze polmonari, o una Risonanza magnetica encefalica per sospette complicanze cerebrali (i sintomi più comuni sono deficit del sensorio, mal di testa, disturbi della percezione di gusto e olfatto). Per gli arti, per verificare se c’è una trombosi periferica, si può eseguire l’indagine ecografica color-doppler. Per il cuore lo specialista clinico richiede una Rm cardiaca, che dà informazioni anche sulla funzionalità del muscolo».
Troppi raggi sono un rischio
Ma se ci sono esami necessari e anche “nuovi”, come richiede la pandemia, occorre prudenza nel prescrivere le metodiche che utilizzano le radiazioni ionizzanti: i raggi possono interagire con le cellule, provocando alterazioni della struttura del Dna. Secondo la Health Protection Agency, una radiografia al torace aumenta il rischio di 1 su 1 milione, mentre la TC lo fa crescere di 1 su 10mila. Si parla di rischi probabilistici: vale la pena di affrontarli se sono compensati dal vantaggio di avere una diagnosi precisa, ma non ha senso correrli se l’esame è inutile.
«O se ci sono alternative come la Risonanza magnetica, che non usa raggi e che è la metodica più appropriata per esempio per fare verifiche all’encefalo», spiega il radiologo. «Qualsiasi esame che non è giustificato non va fatto. Questo per prevenire il rischio potenziale sull’uomo di eventuali “danni probabilistici” all’esposizione alla radiazione. Ogni volta che mi sottopongo a radiazioni ionizzanti mi espongo alla probabilità, cioè al rischio di sviluppare una malattia da radiazioni (anche oncologica): questo rischio è imprevedibile, non richiede il superamento di un valore di soglia di dose per manifestarsi e può emergere dopo anni. Per esemplificare: se io fumo anche solo una sigaretta comunque ho la probabilità di sviluppare un tumore, un rischio molto basso ma che esiste, perché correrlo?».
Il rischio probabilistico è diverso da quello dose-dipendente o “deterministico”: «In questo caso siamo certi che superato un livello soglia di dose si produrranno delle conseguenze la cui gravità dipende dall’entità dell’esposizione; però le dosi di radiazioni impiegate in diagnostica radiologica sono basse, inferiori alla dose soglia, quindi non possono determinare questo tipo di danni. Resta che prescrizioni reiterate e inutili incrementano il rischio probabilistico», chiarisce l’esperto.
Come proteggersi dagli eccessi
In ogni caso, per ridurre al minimo il rischio di esporsi a troppe radiazioni facendo esami “inappropriati”, esistono linee guida approvate delle quali i radiologi devono tenere conto anche per responsabilità medico-legale (leggi il box a fianco). Ma ci sono precauzioni che possiamo adottare anche noi per proteggerci. La più importante è tenere un diario delle nostre analisi, dalla TC alle mammografie, con allegati i referti. Daremo così modo al radiologo e a chi dopo di lui farà la diagnosi finale di capire se c’è un’evoluzione del problema e quale, ma anche di avere sotto gli occhi le quantità di raggi somministrata in un certo lasso di tempo.
«Infine, per la nostra sicurezza, adeguatezza e qualità delle tecnologie usate sono garantite nei Servizi di radiologia da una figura specifica, il fisico sanitario», conclude Riboldi. «È un laureato in fisica che si occupa della sorveglianza delle emissioni radiologiche e fa le verifiche della qualità».
Questo esame non è da farsi
L’eccesso di prescrizione di esami inutili è una realtà e la Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM) ha stilato l’elenco di quelli che più spesso vengono prescritti senza una reale necessità. In prima linea la radiografia in caso di mal di schiena o per i dolori alle ginocchia. «Noi radiologi parliamo di richiesta non appropriata», spiega Riboldi.
«Ogni esame richiede un’autorizzazione specifica del medico radiologo, che in caso di esami inappropriati e che espongono a rischi il paziente può rifiutare di farli, motivando il perché e indicando alternative diagnostiche. La responsabilità in termini di “costo biologico” non è solo per il paziente ma anche per la popolazione generale, perché più si utilizzano radiazioni ionizzanti più c’è un incremento del cosiddetto “fondo radioattivo” (le radiazioni nell’ambiente) e quindi del rischio di tumori. Infine c’è una responsabilità medico legale del radiologo in caso di contenzioso».
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