Armonia, pace e serenità dovrebbero essere le parole d’ordine a Natale. Dovrebbero, sì. Peccato che a guastare la festa ci siano la corsa ai regali, gli auguri da spedire, i progetti di lavoro da chiudere, i pranzi da organizzare e talvolta gli incontri (e scontri) con famiglie sempre più allargate, composte da ex coniugi, nuovi compagni, figli nati da precedenti matrimoni.
Così, per un motivo o per l’altro, oltre la metà degli italiani vive le feste come fonte di stress, stanchezza e nervosismo, manifestando addirittura disturbi fisici, come mal di stomaco, emicrania, pancia gonfia, difficoltà digestive o dermatiti. E allora che fare?
Siamo felici!
La buona notizia è che, oltre a rallentare il ritmo, possiamo riderci su. A sostenerlo sono il formatore e coach Richard Romagnoli e il professor Pier Mario Biava, esperto di epigenetica di fama internazionale e proposto alla candidatura al premio Nobel 2025 per la medicina: insieme, hanno creato il Metodo Happygenetica, coniugando le pratiche spirituali con il benessere fisico della persona.
Nel loro nuovo libro Il gene della felicità (Edizioni Sonda), i due autori spiegano che è possibile insegnare la felicità al nostro Dna. Basta imparare le pratiche giuste per sviluppare abitudini felici e apportare un beneficio immediato al nostro corpo.
Le 5 pratiche di felicità
Soprattutto alle soglie di un nuovo anno, è essenziale liberarsi dall’influenza dell’energia pessimistica che, come una nuvola grigia sopra alla nostra testa, ci oscura la luce e i colori della vita.
«La nostra mente tende spesso a concentrarsi su eventi passati, in particolare su quelli dolorosi e difficili, piuttosto che sulle esperienze gratificanti», spiega Romagnoli nel libro. «Questo atteggiamento può provocare il riaccendersi in noi di tutti quei sentimenti negativi, di inquietudine, di tristezza e di repulsione che abbiamo già vissuto».
Al contrario, il metodo Happygenetica propone di seguire almeno 3 delle 5 pratiche descritte da Romagnoli e Biava, in modo da ripristinare in pochi minuti la chimica della felicità, influenzando il flusso armonico dei nostri pensieri ed equilibrando a livello vibrazionale la nostra energia.
Prima pratica: il respiro
Diventare consapevoli del nostro respiro ci permette di entrare in contatto con la parte più profonda di noi stessi, esattamente dove risiede il mistero della vita.
Il respiro è il termometro di come ci sentiamo in quel preciso momento della nostra vita, di come le nostre emozioni si stanno manifestando in noi. Quello corretto è il “respiro di pancia”, profondo, che sperimentiamo nei momenti di tranquillità e di pace della mente.
Respirare in modo consapevole, per almeno 5 o 10 minuti al giorno ci permette di iniziare il processo di trasformazione chimica nel nostro corpo.
Seconda pratica: la risata
La risata attiva diversi neurotrasmettitori deputati al benessere, ma soprattutto agisce sul nervo vago attivando un processo neurochimico che trasmette a varie parti e organi del corpo uno stato di profondo rilassamento. La risata yogica, che Romagnoli definisce “terapeutica”, ci permette di decidere quando ridere e per quanto tempo, permettendoci così di scegliere il momento in cui sentiamo la necessità di ripristinare il nostro stato fisico, mentale ed energetico.
Il respiro consapevole seguito da almeno 10 o 12 minuti di risata incondizionata – da “attivare” ripetendo il mantra “ho ho ha ha” – ci permette di godere di uno stato dell’essere paragonabile ai benefici di ore di meditazione ma che in pochi minuti e con nessuna esperienza meditativa possiamo raggiungere con estrema facilità.
Terza pratica: il rilassamento
Se la risata ha agito a livello mentale come eccitante, il rilassamento permette di riportare in equilibrio e nella corretta centratura la qualità dei nostri pensieri.
Per rilassamento, si intende uno “scanning” del corpo che comporta gradualmente una distensione dei muscoli del nostro corpo, che può essere sperimentata da seduti o da sdraiati. Il suggerimento è quello di chiudere gli occhi per entrare maggiormente a contatto con la nostra visione interiore.
Quarta pratica: la gratitudine e il perdono
Concepire la gratitudine e il perdono come pratiche quotidiane, al pari della meditazione, è un concetto rivoluzionario nella nostra vita. L’energia che consegue alla gratitudine e al perdono permette di sperimentare un profondo senso di appagamento verso noi stessi, realizzando un’intima connessione di pace interiore e di armonia verso tutto ciò che ci accade e nelle nostre relazioni con gli altri.
È dalle piccole cose che si inizia a essere grati, dal riconoscere i piccoli insegnamenti e dalla capacità di perdonare situazioni e parole fastidiose. Durante la meditazione, sperimentiamo mentalmente dei momenti verso i quali esprimere la nostra gratitudine e altre circostanze e persone verso le quali rivolgere il nostro perdono.
Quinta pratica: il mantra
I mantra sono suoni emessi da antiche parole in sanscrito e che hanno in sé una potente vibrazione. La loro ripetizione, sia verbale sia mentale, permette di produrre una vibrazione, che in base al tipo di mantra, agisce a livello energetico. Per esempio, se desideriamo avere maggiore forza e coraggio, potremmo per esempio recitare durante la nostra meditazione il mantra “Om Gam Ganapataye Namaha”.
Nel metodo Happygenetica, però, la parola mantra viene estesa anche a tutte quelle parole che assumono un significato importante a livello vibrazionale per la nostra vita. Uno dei più importanti è “io sono felice”: ripeterlo ci permette di agire sul terzo chakra, la sede della nostra autostima, potenziandola e rendendoci maggiormente sicuri del nostro valore.
La ripetizione costante di affermazioni positive come questa crea in noi l’abitudine mentale a focalizzarci sugli aspetti positivi della vita e migliora la nostra resilienza emotiva.
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