Forest bathing, cosa sono i bagni di foresta e perché fanno bene

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Ti sei mai chiesta come mai, dopo aver passeggiato nella natura, ti senti meglio? I giapponesi, popolo superstressato ma con bellissime foreste, hanno studiato il fenomeno già negli anni Ottanta, dimostrando le virtù terapeutiche dei boschi. Così hanno cominciato a prescrivere le escursioni come prevenzione e cura degli effetti dello stress. Si chiama shinrin-yoku, letteralmente “foresta-bagno” ed è una terapia riconosciuta dai servizi sanitari di molti Paesi asiatici (Giappone, Corea del Sud e Cina, per citare i più grandi).

Le numerose ricerche scientifiche condotte nel corso degli anni hanno dimostrato la sua efficacia nel contrastare il tecnostress che affligge chi lavora in un ambiente urbano ad alto tasso di digitalizzazione. Si rivolge a noi, insomma. Gente che sta tutto il giorno con lo smartphone in mano, mentre armeggia con tablet e schermi ad alto tasso di luce blu. E la natura la vede poco e male. Le conseguenze di questo tipo di vita, secondo i ricercatori portano a squilibri a livello del sistema nervoso e immunitario.

«Da numerose evidenze scientifiche emerge come il contatto con la natura sia una risorsa preziosa per riequilibrare il sistema nervoso autonomo, migliorare l’umore e rinforzare le difese immunitarie. La terapia forestale può dunque rivelarsi utile in neuropsicologia e medicina riabilitativa», spiega Tania Re, psicologa clinica, antropologa specializzata in antropologia della salute ed etnomedicina, nonché socia fondatrice della cattedra Unesco “Salute, Antropologia, Biosfera e sistemi di cura” dell’università di Genova.

Noi esseri umani siamo predisposti ad avvalerci del supporto offerto dalle piante: secondo il biologo Edward Osborne Wilson siamo “biofili”, attratti cioè dalla vita e dalla bellezza della natura proprio perché ci preserva e ci aiuta a vivere meglio.

Il bosco come antidoto allo stress

Già solo guardare gli alberi e la luce tra le foglie è fonte di benessere. «Secondo gli studiosi regolarizza la pressione e il battito cardiaco in modo misurabile. Basterebbe addirittura osservare l’immagine di una foresta su uno schermo per 90 secondi per avere i primi benefici psicofisici. Inoltre, toccare gli alberi, sentire il contatto del palmo della mano con i tronchi, porta a un rilassamento rilevabile in termini neurofisiologici. Respirare nel bosco, poi, consente di inalare sostanze volatili che inducono benessere e attivano il sistema immunitario», sottolinea Tania Re.

Ecco perché si chiama “bagno di foresta”: ci si immerge facendosi avvolgere dai profumi, i colori e le sensazioni tattili. Proprio i cinque sensi sono la chiave per goderne appieno.

I ritmi lenti della natura

Ma in cosa consiste, di preciso, lo shinrin-yoku? È una breve passeggiata tra i boschi che non prevede attività particolari: non è sport, non è trekking, non ci sono risultati da conseguire.

«A guidare il bagno di foresta sono le 5 S (slow-down, safety, sense, silence e share), rallentare, muoversi in sicurezza, attivare i sensi, praticare il silenzio e la condivisione», spiega Ann Tilman, guida certificata di Forest therapy con una lunga esperienza. Per questo, almeno le prime volte, è consigliabile il supporto di una guida. Quando si è soli, infatti, non si riesce a “staccare” e l’occhiata allo smartphone è in agguato, così come la tendenza a camminare di fretta, senza lasciarsi davvero prendere dalla meraviglia dell’ambiente naturale, con i suoi benefici effetti.

«La nostra funzione è di facilitare il processo, aprire le porte in modo che ciascuno si connetta alla natura da solo. Perciò non diamo informazioni o insegnamenti, solo suggerimenti che si è liberi di accettare o no», dice Tilman.

Un’esperienza da condividere

La guida, insomma, non dice cosa fare, non è un maestro. Da lei (o da lui) ricevi degli “inviti” aperti, come fare conoscenza con il luogo, ognuno per conto proprio: c’è chi annusa un fiore, chi accarezza le foglie, chi osserva gli insetti sul tronco di un albero, chi ascolta il fruscio dei rami e il canto degli uccelli.

Il bagno di foresta funziona bene in gruppi, piccoli o grandi che siano, perché consente la condivisione delle impressioni, dei pensieri, via via che l’esplorazione procede. Occorre però che tutto ciò, almeno le prime volte, sia regolato dalla guida, altrimenti si finisce a chiacchierare e addio connessione con il bosco. Un altro invito è quello di percepire i movimenti: il vento che soffia sull’erba, la farfalla che vola davanti a noi, l’acqua di un ruscello che scorre.

«Così mettiamo a fuoco anche ciò che si trova su diversi piani dell’orizzonte e non solo quello che abbiamo davanti, come facciamo con lo smartphone», rimarca Ann Tilman. Per sentirsi parte del bosco, non servono attrezzature particolari e nemmeno allenamenti da fare. Basta un po’ di costanza e un abbigliamento comodo, adatto alla stagione e alla località scelta. Si tratta infatti di camminare per un totale di almeno due ore alla settimana, frazionabili in più momenti. Qui di seguito ti proponiamo tre tipi di bagni di foresta in zone diverse d’Italia.

Benessere da respirare

I benefici per la salute del Forest bathing sono stati dimostrati da innumerevoli ricerche scientifiche, come spiega Tania Re, psicologa clinica, antropologa specializzata in antropologia della salute ed etnomedicina: «È appurato che le piante e il suolo forestale emanino dei composti organici volatili biogenici (BVOC) dalle proprietà benefiche sull’uomo, con effetti antiossidanti, antinfiammatori e immunomodulanti. Ogni molecola emessa, se inalata, produce degli effetti sulla nostra salute e i terpeni, rilasciati dalle conifere, sono i più efficaci. Si tratta di molecole molto leggere che, attraversando facilmente la barriera ematoencefalica, raggiungono il sistema nervoso centrale generando effetti psicofisici positivi, con una valenza clinica riconosciuta».

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