Gisa e Adalgisa-L’occhio del pavone, donne coraggiose e ribelli tra storia e mistero – Corriere dell’Irpinia

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Destini che si intrecciano, in un continuo alternarsi tra presente e passato, mistero e sacralità. Sono gli ingredienti del romanzo di Giovanni Carullo “Gisa e Aldalgisa”. Protagoniste due giovani donne, coraggiose e ribelli, costrette dalle convenzioni della società a compiere scelte in cui non si riconoscono, a sposare uomini che non amano, a condurre una vita diversa da quella che avrebbero voluto vivere. Donne come Gisa, guerriera longobarda, tradita dal suo stesso fratello, il principe Romualdo, fino ad essere venduta al nemico e poi concessa in moglie al migliore dei guerrieri, un uomo che la donna detesta. O ancora come Aldalgisa, studentessa venticinquenne, appassionata e determinata, pronta a mettersi sulle tracce di una misteriosa immagine sacra, fino a sfidare la Chiesa locale ed essere ammessa a partecipare ai riti di una misteriosa Confraternita. Bellissimi i ritratti che l’autore consegna delle due eroine, femministe ante litteram, in società fortemente patriarcali, contraddistinte da una voglia a doppio cerchio sul seno, “segno di chi non si arrende”. O come Gisa, sorella del principe Romualdo è descritta come una vera combattente “abile maneggiatrice di lance e spade, capacissima arciera dallo sguardo fiero, contesa, senza fortuna, dai più valorosi cavalieri”, capace di tener testa al proprio marito e decisa a non rinunciare alla sua libertà, malgrado il matrimonio,

Una donna forte come Adalgisa, cresciuta dalla nonna, con un papà emigrato in cerca di fortuna e una mamma internata in un centro di igiene mentale, profondamente legata all’amica Maddalena, impegnata a condurre una ricerca sotto la guida di un professore illuminato su “Il sacrificio femminile nella cristianizzazione del Sud”, a partire da storie come quelle della guerriera Gisa.  A fare luce sul legame che le unisce un giornalista che crede fortemente nel suo lavoro, giunto a Volturara, nella piana del Dragone, per una breve vacanza insieme alla sua donna, figlia di un illustre avvocato e ritrovatosi da un giorno all’altro a investigare su un misterioso caso di omicidio, avvenuto a Forino. Il corpo ritrovato è proprio quello di Adalgisa, sparita e poi rinvenuta cadavere. A finire sotto accusa Fausto, un vigile urbano, che avrebbe dato un passaggio alla giovane, fermato dalle forze dell’ordine durante la processione del santo patrono, contro il quale le prove sembrano essere schiaccianti. “Adalgisa -scrive Carullo – era stata vista in paese il martedì intorno alle due del pomeriggio. Il padrone del bar in piazza Tigli l’aveva notata attraversare la strada in direzione di casa con una valigia in mano. Poi, c’era la testimonianza della donna che aveva sentito le grida, pressappoco alla stessa ora, e dichiarava di averla vista urlare rivolta alla macchina del vigile.”

Sospetti che ricadranno poi sul marito di Aldalgisa, sposato solo per salvaguardare la proprietà dei terreni, in un matrimonio non certo d’amore. Tanti gli indizi che l’autore dissemina lungo la narrazione, mantenendo sempre alta l’attenzione del lettore, a partire da un misterioso sogno ricorrente, che turba le notti del giornalista fin dal suo arrivo in Irpinia “Vagavo senza meta, cercando di rintracciare un sentiero che potesse condurre da qualche parte, attento a evitare le buche che si aprivano ora davanti, ora di lato, come se il fondo del terreno cedesse all’improvviso per ingoiare gli arbusti, gli alberi, qualsiasi cosa. Un piede in fallo, e venivo trascinato sul fondo, sepolto da un cumulo di ossa da cui a fatica riuscivo a far emergere la punta del naso quel tanto per respirare”.

Un sogno che sembra coincidere misteriosamente con i dettagli relativi al luogo del ritrovamento del corpo di Adalgisa. “Il Castelletto presso il quale era stato trovato il corpo di Adalgisa risaliva alla metà del diciottesimo secolo. Il portale ad arco bugnato era una delle poche zone che risultavano libere dalla vegetazione che aveva invaso e ricoperto tutte e quattro le torri cilindriche, alte una decina di metri, collocate ai quattro vertici della pianta rettangolare; ciascuna era caratterizzata da una merlatura sulla sommità”. Non ci vorrà molto per convincere il giornalista a interrompere la sua vacanza e a cominciare la sua inchiesta “C’era una giovane ragazza ammazzata che reclamava giustizia, c’era un vigile portato in galera in tutta fretta, c’erano un figlio e una moglie che sostenevano l’innocenza del congiunto, e, soprattutto, mostravano verso di me una fiducia cieca, quasi una devozione, che in parte non comprendevo ma che nel contempo mi incitava a indagare”.

Sullo sfondo il paesaggio di Forino che si carica di un alone di mistero, fino a comporre una sorta di cammino “sacro”, dal monte Faliesi alla chiesa di San Nicola sui ruderi del vecchio castello fino al borgo di Celzi, troppo spesso inondato dalle acque che scendono dai monti con buche fino a venti metri di profondità che si formavano all’improvviso. Un itinerario che conduce alla chiesa di San Giovanni Battista de Celsis che sembrava quasi galleggiare sull’acqua, realizzata nel punto esatto in cui si era consumata un’antica battaglia, su un terreno che nascondeva le ossa dei cavalieri. In questo luogo di culto che sembra essere la chiave dei segreti che aleggiano nella narrazione, Adalgisa troverà una misteriosa immagine di donna, con una strana macchia sul seno e un anello, che richiamano proprio le due donne del passato e del presente “Aveva all’anulare un anello d’oro a forma di serpente che faceva il giro del dito e che terminava con due teste incrociate. Lei aveva riconosciuto in quell’anello lo stesso gioiello che le aveva consegnato la madre, in uno degli ultimi istanti di lucidità, prima che la portassero al manicomio. “È stato di tua nonna e sarà di tua figlia”, le aveva detto. Una narrazione che non risparmia strali all’indirizzo della Chiesa cristiana, una Chiesa che non ha fatto sconti alle donne, imponendo il culto cristiano con la violenza, attraverso figure come quelle del vescovo Barbato impegnato a combattere ogni culto pagano, pronto a scagliarsi contro le donne e contro i peccati che generava il loro animo perverso, condannando ogni pratica sessuale che non fosse conforme ai suoi Comandamenti. O come il parroco di Forino che snobba Adalgisa, solo perchè donna. E come Adalgisa cercherà di dimostrare nel suo saggio.

L’autore

Giovanni Carullo è ato ad Avellino nel 1965, laureato specialistico in Sociologia con 110 e lode presso l’Università degli studi di Urbino. Dopo aver conseguito un Master in Diritto Sanitario nel 2007 e nel 2013 ha seguito un corso di perfezionamento in Diritto del Lavoro. Dirigente Pubblico, appassionato cinofilo, condivide la sua vita con 5 cani di Terranova.

Nel corso degli anni, ha vinto numerosi riconoscimenti letterari per racconti brevi, come il Premio Kriterion e Premio Margherita Yourcenar 2004. Da un suo racconto è stato tratto un cortometraggio a seguito della vittoria del Premio Energheia.

Nel 2022 ha pubblicato il suo racconto lungo “La bocca del Dragone“, che è un atto di omaggio per l’Irpinia, sua terra natia, palcoscenico che vede protagonista un giovane cronista alla ricerca della verità per un terribile fatto di sangue. La sua raccolta di racconti “Non è vero, Nora?” è invece una raccolta museale di donne sofferenti, tutte alla ricerca del proprio riscatto per una esistenza che le ha provate nell’intimo. Il racconto “Il nastro rosa” ha invece vinto il premio Fara Editore 2023.

 



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