Giuseppe Iuliano, testimone di poesia e libertà, 70 anni d’Impegno

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“Un forte impegno morale, sostenuto da passione per la scrittura e gusto della forma letteraria. Passato e presente, mito e realtà diventano autoanalisi e coscienza di verità”. Così Dante Della Terza raccontava l’impegno di Giuseppe Iuliano. Un impegno testimoniato da una preziosa raccolta “Giuseppe Iuliano. Testimone di poesia e libertà”, a cura di Paolo Saggese, omaggio a lui dedicato dagli amici e dalla casa editrice Delta 3 per i suoi 70 anni. E’ Paolo Saggese a soffermarsi su quella che è un’amicizia profonda, cresciuta negli anni “La prima ragione per cui scrivo queste pagine è per ringraziarti per aver colmato la mia solitudine”. Una comunanza di idee e sentimenti cominciata nel lontano 1999 “Le nostre strade si sono intrecciate in tempi lontani, quando mi invitasti a presentare una delle tue raccolte più belle, Digressioni di un aedo (1999), una plaquette aerea, tersa, sublime, frutto di un momento a mio avviso di grande serenità e di pace, che attraversavi, di raggiunta maturità e precisione, acribia stilistica. Quella raccolta mi colpì e mi convinse. Quel sodalizio momentaneo, in una sala gremita del palazzo vescovile di Nusco, divenne sempre più stretto anche perchè ero divenuto docente dei tuoi figli….Entrato in contatto con un poeta autentico quale tu sei, un poeta scotellariano e fortiniano, pasoliniano, scoprivo tutta una realtà che avevo trascurato e sottovalutato soprattutto durante gli anni del mio apprendistato universitario e di ricerca a Firenze”.

Un incontro che si fa rivelazione di un diverso modo di guardare al Sud “Confesso che con una certa stupidità e superficialità vedevo come antiquato quanto venisse dal Sud. Mi sentivo un meridionale che aveva voltato le spalle alla sua terra e che aspirava ad un’altra vita. Comprendevo i limiti del Mezzogiorno ma me ne ritenevo estraneo. Con gli anni ho compreso e fatto ammenda dei miei errori. Ho compreso che fosse mio dovere ritornare al Sud”. Nasce così un impegno comune in difesa della poesia del Sud, una battaglia contro la damnatio memoriae della poesia e letteratura meridionale con il sogno di poter realizzare un giorno una Carta poetica del Mezzogiorno. Un impegno concretizzatosi con le raccolte dedicate ai Poeti del Sud e agli Operai di sogni. Poeti Irpini del ‘900 e La Storia della poesia irpina del ‘900, confronti e dibattiti, le tre edizioni del Festival della poesia del Sud con il coinvolgimento di autori di tutto il Mezzogiorno, le tre edizioni del Festival della poesia dei paesi del mediterraneo e ka realizzazione del Centro di documentazione poesia del Sud in collaborazione cil Sancarluccio. Fino all’appello per una revisione delle Indicazioni Nazionali per i licei definite dal Ministero dell’istruzione, perchè accogliessero i poeti del Sud, una battaglia che va avanti perchè sia lasciata ai docenti e ai collegi delle istituzioni scolastiche la possibilità di scegliere la propria programmazione. Non ha dubbi Saggese “Non si tratta di un poeta occasionale, di un intellettuale che pone la vita ai margini della sua attività. Per Iuliano poesia e vita vengono a coincidere sono un tutt’uno”. A caratterizzare la sua produzione un impegno civile, una solitaria lotta per la giustizia contro ogni forma di clientelismo e corruzione. “La poesia per Iuliano – scrive Saggese – è necessario sfogo giovenaliano contro il degrado della società, qui non c’è spazio per la retorica, per l’eleganza fine a sè stessa”. Tre le fasi in cui può essere divisa la sua produzione, una prima che abbraccia il periodo dalla metà degli anni Settanta al 1983 in cui pubblica Malinconia di terra, Il Sud non è forse, Per non morire, Oltre la speranza, Una misura di sale”in cui a dominare è una sorta di pessimismo cosmico dominato dal terremoto del 23 novembre 1980 “Sud/riempi la bocca/di ciarlatani di mestiere/che hanno gola profonda/e mano rapace”. Una seconda fase abbraccia le raccolte Semi diversi, Umangraffiti, Celie,giambi, elzeviri, Antinomie e maschere in cui lo sguardo si amplia fino a rivolgersi ai Sud del mondo con uno stile più osucuro e quasi barocco. A caratterizzare la terza fase che arriva fino al 2006 Digressioni di un aedo, Parole per voce sola, Voli e nuvoli e Solo per amore contraddistinta dall’attenzione ai problemi del Terzo millennio, una maggiore propensione all’introspezione e dialogo com il divino, accompagnata da un’attenuazione del tono satirico. Fino all’ultima stagione che abbraccia raccolte come Fiori di carta, Sciami e formiche, A passo d’uomo, Parva Materia, Tantilla, Via crucis, Parole d’amore, La mia cantoria, Vuoti di materia.Versi d’asporto  che si fanno summa della produzione poetica di Iuliano con una predilezione per la riflessione esistenziale e religiosa e l’attenzione ai sentimenti, senza dimenticare l’impegno meridionalista.

Tante le testimonianze preziose che arricchiscono il volume, da Giuseppe Acocella a Emilia Cirillo, da Gianni Festa a Claudia Iandolo e Antonio La Penna, da Emanuela Sica a Franco Festa, da Ugo Piscopo ad Alessandro Di Napoli, da Francesco d’Episcopo a Jack Hirshman, da Giuseppe D’Errico a Gerardo Bianco, da Gennaro Saverse a Dante Della Terza e Giorgio Barber Squarotti

“Fin da quando lessi le prime raccolte di poesie di Giuseppe Iuliano, l’ho accostato a Giovenale, uno dei miei poeti latini prediletti: in tutte le sue opere ha gran parte l’indignatio, che dà luogo ad una protesta serrata e non raramente  gridata”. Per ribadire che “La dinamica poetica di Iuliano non esclude, come alcune avanguardie del Novecento il logos ma la sua forza è nelle immagini, soprattutto nelle metafore: talvolta metafore, anche eterogenee, geminano a grappolo dalla pianta piena di linfe”. Se il giornalista Gianni Festa parla di Iuliano come “La sensibilità fatta uomo. La coerenza come filo conduttore. Nei suoi scritti il riscatto del Sud è un desiderio dell’anima che lo porta a riscoprire il grande valore della civiltà contadina, le lotte per la conquista delle terre, quel meridionalismo che è stato dei grandi pensatori quali, tra gli altri, Rocco Scotellaro, Manlio Rossi Doria, Carlo Levi. “Iuliano è un autore inquieto – scrive Claudia Iandolo – esistenzialista per molti aspetti, il senso della precarietà è forte. La ricerca ossessiva di un senso che orienti, l’irripetibilità di ogni vita, tutto questo attraversa la sua più che ventennale produzione”. “La sincope- scrive Aldo Masullo – è la cifra stilistica dei Tantilla e ne fa un atto politico. Essa costringe a non scambiare questi versi per un elegante idillio letterario, ancor meno per una colta illustrazione turistica ma a sentire sulla pelle i laceranti graffi di una coscienza collettiva”. “Giuseppe – scrive Jack Hirshman – padroneggia così bene l’intensità e la concentrazione del lirismo italiano che, ad un certo punto, mi sono sorpreso nello scoprire nella mia autorecitazione che la voce del poera si era trasformata nella voce di un albero”


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