Gerardo Di Martino
«Rivendico a gran voce — scrive il generale ormai ex — il diritto all’odio e al disprezzo, a poterli manifestare liberamente nei toni e nelle maniere dovute». Siamo al «lavaggio del cervello di chi vorrebbe favorire l’eliminazione di ogni differenza, compresa quella tra etnie, per non chiamarle razze», narra nel suo libro “Il mondo al contrario”. Tutti contro, ovviamente. O quasi… “Ha il diritto di scrivere; ma non quello di farlo mentre ricopre uno dei più elevati gradi dell’esercito italiano”, si è detto. E fin qua…
Qualche giorno fa il Maresciallo alpino Chiariglione – reo di aver accostato i tanti suicidi nel comparto della Difesa all’atteggiamento delle linee di comando – dopo essere stato allontanato, veniva reintegrato dal Consiglio di Stato in ossequio all’art. 21 della Costituzione. E Vannacci allora? E il suo “Mondo al contrario” dunque? Non è anch’esso riconducibile a quella libertà d’espressione? “I concetti sono diversi”, si è annotato. E sin qui… Ma dalle nostre parti esiste, e con quale solidità, la cd. “maggioranza silenziosa”?
Più che andare in brodo di giuggiole per il politically correct, sarebbe interessante conoscere il numero degli italiani che, scorso o meno il libro, lamentano – come fa con rammarico Vannacci – di non poter più pronunciare «termini che fino a pochi anni fa erano nei nostri dizionari: pederasta, invertito, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista, culattone»?
Quanti, e quali, penserebbero che “il generale, in fondo in fondo, tutti i torti non ce l’ha”, dopo aver letto, nell’ordine:
che «le coppie arcobaleno non sono normali» perché «la normalità è l’eterosessualità»;
che «non esiste un diritto dei gay alla genitorialità»;
che, invece, è previsto eccome il diritto del padrone di casa a sparare verso i ladri d’appartamento;
che «Paola Egonu (è) italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità»;
che «le razze esistono» e che «gli omosessuali, normali non lo sono».
Decisamente di meno sarebbero gli eredi di Cesare, diretto ascendente del soldato Vannacci, come lui stesso declama.
Non fosse altro perché, si è ricordato, il grande Giulio era bisessuale: amava maschi e femmine allo stesso modo, portando la toga «in modo sconveniente – affermava Silla – come una ragazza».
Era idolatrato dai suoi saldati come il più grande condottiero, certo, ma al contempo definito “Regina di Bitinia”, avendo intrattenuto una storia d’amore – per come ricorda anche Dante nella Divina Commedia – nientepopodimeno che con lo sconfitto Nicomede, re di Bitinia, per l’appunto.
Ai tempi, i nobili e la classe dirigente non avevano tutte queste nostre preoccupazioni, tanto meno era giunta la Chiesa con i suoi atti impuri
E così, mentre i legionari cantavano «Cesare ha sottomesso i Galli, ma Nicomede ha messo sotto lui», Cicerone, in Senato, asseverava: «Tutti sappiamo cosa tu hai dato a lui, e cosa lui ha dato a te».
Ergo: volete vedere che alla fine, dopo molto tuonare, a difendere l’ex Generale si ritroveranno proprio quelli che “tanto normali non sono”?
Il mondo, per una volta, potrebbe essere dritto, anziché al contrario.
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