Glifosato in agricoltura, l’Unione europea al bivio: sì o no?

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Il tempo stringe e l’Unione europea quest’anno è chiamata a prendere una decisione definitiva sull’uso del glifosato, il controverso erbicida ritenuto cancerogeno, ma molto utilizzato in agricoltura. Negli Stati Uniti l’uso è ammesso, mentre in Europa l’iter di approvazione (o divieto) è molto più complicato.

Il rapporto sugli effetti del pesticida dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma, arriverà a luglio 2023, in ritardo rispetto alle previsioni. Nel frattempo la Commissione europea ha autorizzato l’uso del glifosato in modo provvisorio per un altro anno, dopo i 5 precedenti. Ora, però, arriva un nuovo report che sottolinea i rischi del glifosato per la salute umana e animale, e ne chiede la sostituzione con prodotti meno nocivi.

Il fascicolo sul glifosato

Si tratta di un fascicolo molto corposo, che ha costretto l’Efsa a tardare nell’emettere un parere sull’uso del glifosato: 3mila pagine che contengono studi, analisi, valutazioni, ai quali di recente si sono aggiunti 2.400 commenti da parte di esperti dei singoli Stati membri dell’Ue e 368 risposte da parte consulenti ad altrettanti quesiti.

Finora gli Stati europei non hanno trovato un parere unanime, come neppure le principali agenzie e gli enti per la sicurezza alimentare, quindi la Commissione Ue ha deciso un rinnovo per un solo anno, per dare modo all’Efsa di studiare in modo approfondito le carte.

Glifosato: tanti studi, poca chiarezza

Accusato di cancerogenicità, il potente erbicida è stato poi “assolto” da parte della Food and Drug Administration americana, dall’Organizzazione mondiale della Sanità (per la parte alimentare) e dall’Agenzia europea per la chimica (Echa).

Ma perché il glifosato rimane sul banco degli imputati? «Uno dei motivi è che, come spiega un dossier di Health and Environment Alliance (HEAL), un consorzio di organizzazioni ambientaliste europee, si sarebbero ignorati dieci studi condotti su ratti e topi dai quali emerge una incidenza tumorale statisticamente significativa. Gli studi presentati alle autorità di regolamentazione dalle stesse grandi aziende chimiche, però, non sarebbe conforme ai moderni standard internazionali per rigore scientifico», spiega Flavia Correale, medico chirurgo specialista in Dietologia – Endocrinologia e in Pediatria presso l’Università Federico II di Napoli.

La faccenda è complicata dal fatto che «nel 2017 il Guardian ha scoperto che molte pagine del rapporto dell’Efsa per la valutazione dei rischi dell’uso del glifosato erano state copiate dalla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione da parte delle aziende produttrici», chiarisce Correale.

Glifosato, quali effetti sulla salute umana?

Ma quali effetti comporterebbe il glifosato per la salute umana? «Il problema è la potenziale cancerogenicità. Nel 2019 l’Efsa è arrivata alla conclusione dell’improbabilità che il glifosato potesse costituire un pericolo cancerogeno per l’uomo. Un’assoluzione è arrivata anche dall’Epa, l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente. A giugno 2021 un rapporto di 11mila pagine, commissionato dalla stessa UE e presentato da Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia, ha confermato che il glifosato non è cancerogeno, non è mutageno, né tossico per la riproduzione e, quindi, avrebbe i requisiti per essere ri-autorizzato in Europa, anche se si raccomandano ulteriori analisi del suo impatto sulla biodiversità», spiega Correale.

«Al contrario, però, nuovi studi scientifici dimostrano la sua potenziale cancerogenicità, come il lavoro del tossicologo Christopher Portier, ex direttore dell’American National Toxicology Program (NTP) e ora professore associato presso l’Università di Maastricht (Paesi Bassi). Infine, nell’edizione di febbraio, la rivista Environmental Health ha pubblicato una nuova analisi condotta da Portier da cui emerge che il controverso erbicida è in grado di causare vari tumori nelle cavie animali esposte alla sua azione. Sono 37, in particolare cancri dei tessuti molli, della ghiandola surrenale, dei reni, del fegato e linfomi».

Dove si trova il glifosato

«I rischi riguardano soprattutto gli alimenti secchi come pasta, farine e farinacei, legumi secchi, frutta e verdura soprattutto provenienti dal nord America e Canada, dove le leggi sono molto più permissive che in Italia. Ma il glifosato si trova nella carne, latte e derivati perché oltre 85% dei mangimi utilizzati in allevamenti intensivi del Nord Europa e America è costituito da mais, colza, soia per i quali l’erbicida viene abbondantemente usato accumulandosi negli animali e nei prodotti alimentari di cui ci nutriamo», dice l’endocrinologa.

«Inoltre, al contrario di quanto si credeva in molti casi sulla base di ricerche condotte dai produttori, il glifosato rimane nel terreno a lungo, fino a quasi un anno, come emerso da un recente studio condotto in Europa dal Joint Reserch Centre della Commissione Ue assieme a due università danesi – Wageningen e Rikilt – che sul 45% dei 317 campioni di terreno coltivabile ha trovato tracce dell’erbicida. Per la precisione nel 42% dei terreni utilizzati per sei differenti colture, tra cui cereali, tuberi, girasoli, vegetali, frutta, ulivi e vigneti, di undici Paesi europei (Italia, Regno Unito, Danimarca, Grecia, Spagna, Portogallo, Olanda, Francia, Germania, Ungheria e Polonia)».

Glifosato, i sospetti sui bambini e adulti

«L’erbicida Roundup che contiene glifosato si trova al 177° posto nella lista di materiali che hanno un impatto negativo a livello riproduttivo e su altre funzioni ormonali, del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). Il sospetto è che sia responsabile di danni genetici e ossidativi, perché agirebbe come interferente endocrino e quindi potrebbe danneggiare l’informazione genetica che le cellule si scambiano tra loro, a livello della tiroide (20%) e del sistema nervoso centrale (80%)» chiarisce l’esperta.

«A rischio sarebbero soprattutto le fasi di sviluppo embrionale e fetale, ma anche dopo la nascita con potenziali problemi riproduttivi, infertilità in testa. Per questo motivo anche i ginecologi si oppongono all’uso del glifosato. La Federazione internazionale di Ginecologia e Ostetricia ha pubblicato una dichiarazione chiedendo la messa al bando del glifosato nel mondo. Una posizione basata non solo sui risultati emersi negli anni da numerosi studi scientifici, ma anche sull’applicazione del principio di precauzione».

«Quanto agli adulti, nell’uomo abbasserebbe il livello di testosterone con rischio di femminilizzazione, perdita di libido e forma del corpo con mammelle di tipo femminile (problematiche ancora più gravi se colpiscono bambini o adolescenti). Nella donna, porta a predisposizione al cancro degli organi sessuali: ovaie, utero… Studi dimostrano che anche da noi, per esempio in Trentino e in Veneto nelle zone di produzione intensiva delle mele, si è verificato un aumento di tali problematiche ormonali», dice l’endocrinologa.

Il glifosato nell’agricoltura: è necessario?

Il vero problema del glifosato sarebbe la “persistenza” nel terreno dove, in particolari condizioni, resterebbe «fino a 280 giorni con conseguenti danni ancora più consistenti agli ecosistemi degli organismi che vivono nel terreno a partire da lombrichi, batteri e funghi innescando così un impoverimento generale» afferma Correale. L’erbicida, quindi, sarebbe una minaccia anche per la biodiversità.

«Gestire le erbe infestanti senza gli erbicidi chimici è del tutto fattibile. Gli agricoltori e i coltivatori biologici lo fanno da oltre 70 anni! Scienziati e aziende produttrici di macchinari hanno accumulato un’enorme quantità di esperienza, competenza e scienza e hanno sviluppato tecniche e molti macchinari per la gestione non chimica delle infestanti», ha affermato il dottor Charles Merfield, autore principale del rapporto firmato da PAN Europe in collaborazione con i Verdi europei, e tra i maggiori esperti mondiali di gestione non chimica delle erbe infestanti.

Glifosato, i consigli dell’esperta

«La legislazione Italiana vieta l’uso indiscriminato di pesticidi e questo rende i nostri prodotti anche tra i più apprezzati nel mondo per il sapore e la qualità degli ingredienti. Parliamo, per esempio, della farina di semola di grano duro assolutamente “non OGM” dei nostri pastai meridionali di Gragnano e di Cicciano, agli allevamenti dei bovini e ovini ancora non intensivi che ancora seguono le tradizioni della transumanza e a cui è vietato somministrare cibo trattato con diserbanti e pesticidi, alla nostra produzione di latticini e derivati ancora nel rispetto delle regole biologiche di produzione e di stagionatura. Il consiglio è sempre scegliere i prodotti nostrani e le carni certificate» conclude l’endocrinologa.

«Secondo uno studio condotto dall’Iddri, un centro di ricerca indipendente, un passaggio all’agroecologia, cioè ad un’agricoltura che si basi sull’eliminazione progressiva dei fertilizzanti sintetici, sulla ridistribuzione di praterie naturali e sull’ampliamento di infrastrutture naturali come siepi, alberi, stagni, pietraie, potrebbe sfamare l’intera popolazione europea entro il 2050».

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