Guanti monouso: le regole per il corretto utilizzo

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Oltre a essere diventati “rari”, quanto sono utili, i guanti monouso servono per prevenire il contagio? Come usarli correttamente? «In alcune condizioni hanno una loro validità, ma non sostituiscono il lavaggio delle mani. Offrono un aiuto se indossati per azioni che richiedono poco tempo e costringono a toccare superfici che non siamo certi siano state sanificate come, per esempio, tasti del bancomat e denaro; oppure quando dobbiamo pulire le scarpe una volta rientrati a casa», dice Pucci Romano, dermatologa a Roma e presidente di Skineco, Associazione internazionale di dermatologia ecologica.

Ma se portati per ore si trasformano in un boomerang, perché ostruiscono la pelle alterandone il microbiota cutaneo, la flora batterica naturale che contrasta germi e virus: una buona ragione per cambiarli spesso quando si è costretti a utilizzarli a lungo, offrendo un po’ di tregua alle mani.

«Inoltre, se indossati bisogna evitare di toccarsi il viso per impedire che eventuali microorganismi raggiungano bocca, naso e occhi, impresa tutt’altro che facile», chiarisce la dermatologa.

Perché non vanno portati a lungo

Il fattore tempo, quindi, riveste un ruolo importante: «Portare a lungo i guanti crea una sorta di effetto serra capace di causare la macerazione degli strati superficiali della cute», avverte Pucci Romano. Purtroppo, però, questi dispositivi vanno indossati “a secco” e l’utilizzo preventivo di creme lenitive e protettive potrebbe peggiorare la situazione.

«Nel caso si possono consigliare impacchi notturni che sfruttano soluzioni in grado di ripristinare l’equilibrio fisiologico della pelle come acido ialuronico, vitamina C, principi attivi a base di oli vegetali, olio di argan oppure burro di karité», suggerisce l’esperta. Un’abitudine raccomandabile anche per chi si lava le mani più volte al giorno e utilizza spesso un gel sanificante.

No ai guanti con la polvere

Attenzione ai modelli con polvere, sostanza usata per favorire la calzata e che, spesso, impiega elementi come il talco: «La polvere è in grado di favorire la disidratazione della pelle, predisponendo più facilmente alla dermatite da contatto. Inoltre, quando si indossano i guanti può essere inalata, evento capace di danneggiare l’apparato respiratorio», avverte la dermatologa.

Cosa fare se la pelle si infiamma

In agguato anche le infiammazioni della pelle: «Quelle dovute all’uso dei guanti sono molto diffuse e possono essere da contatto (cioè allergiche), irritative (dovute all’”effetto serra” del dispositivo) o esfoliative (causate dall’eccessiva secchezza della cute)», avverte la dermatologa. «In questi casi il medico suggerirà una crema a base di cortisone che può essere mescolata a una soluzione idratante, per attutirne l’effetto farmacologico, ma nelle situazioni più gravi, può essere necessario prendere il medicinale per bocca.

Per le forme allergiche, dopo la guarigione, lo specialista può consigliare di indossare un paio di guanti in materiale diverso rispetto a quello che potrebbe aver scatenato il problema. Oppure, suggerire una doppia protezione, con un modello di cotone leggero da indossare sotto quelli usa e getta».

L’igiene delle mani è fondamentale

Un’altra importante raccomandazione: lavare le mani, sia prima sia dopo aver indossato i guanti monouso: «Meglio utilizzare l’acqua fredda, poiché quella calda può disidratare la pelle. Quindi, dopo averle insaponate per un minuto (va bene un normale detergente), vanno risciacquate e asciugate. A questo punto, se necessario, se ne può indossare un nuovo paio. Si tratta di una buona abitudine per eliminare quella specie di “vapore” che si forma sulle mani, contribuendo così a rivitalizzare così la cute», precisa l’esperta.

Il top sono in lattice e nitrile

L’attenzione per la pelle è fondamentale, così come è importante scegliere i guanti giusti: «In commercio ne esistono diversi tipi, ma in questo periodo di Covid 19 i modelli da considerare sono in lattice, nitrile e vinile», spiega Fabrizio Zago, chimico industriale a Venezia e fondatore di ecobiocontrol. bio. In generale la scelta migliore cade sui primi due: «Le versioni in lattice offrono un ottimo effetto barriera, sono di natura vegetale, ottenute da fonti rinnovabili e a basso impatto ambientale.

L’unico ostacolo è la presenza di alcune proteine che potrebbero scatenare un’allergia», precisa l’esperto. «Quelli in nitrile, invece, sfruttano una versione sintetica del lattice che, oltre a ridurre i rischi di intolleranza, vanta un’efficace difesa per le mani». Seguono le versioni in vinile: «Secondo la letteratura scientifica potrebbero presentare qualche problema di impermeabilità e utilizzare ftalati, dannosi per l’organismo», continua il chimico. È importante quindi verificare che sulla confezione ci siano la dicitura En Iso 374-5: 2016 e il simbolo del rischio biologico: dimostrano che i guanti sono omologati contro batteri e funghi. Inoltre, se il modello è testato per difendere anche dall’azione virale, sotto l’illustrazione troverai la parola virus.

Dove gettare guanti e mascherine

Purtroppo si stanno moltiplicando gli episodi che vedono mascherine e guanti monouso abbandonati lungo strade e marciapiedi. Una ragione in più per fare chiarezza e ricordare come smaltire questi rifiuti: «Vanno nell’indifferenziata, preferibilmente chiusi all’interno di un altro sacchetto», suggerisce il chimico industriale Fabrizio Zago. «Da evitare assolutamente, quindi, l’errore di gettarli nei contenitori della plastica, altrimenti c’è il rischio di rovinarne la raccolta».

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Articolo pubblicato sul n. 19 di Starbene, in edicola e nella app dal 16 giugno 2020




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