I commercianti fanno sentire la loro voce: “Ci state rovinando”. E la politica è assente – IL CIRIACO

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Avellino – Le nuove misure anti-Covid varate dal Governo nazionale e da quello regionale fanno paura ai commercianti di tutta Italia che hanno deciso di far sentire la loro voce. Anche ad Avellino gli esercenti scendono in piazza contro quelle limitazioni e chiusure che rischiano di creare danni incalcolabili alle loro attività. Nel primo pomeriggio si sono radunati nei pressi della Prefettura per far sentire il loro grido d’allarme, ma anche la loro rabbia. «Ci avete fatto spendere soldi per adeguare le nostre attività alle normative anti-Covid. Lo abbiamo fatto senza lamentarci e ora decidete di chiuderci?».

È questa la denuncia che sollevano i commercianti. In strada si sono riuniti principalmente quelli più colpiti dalle nuove disposizioni: ristoratori, gestori di bar, di palestre. Ma c’è anche chi ha voluto portare la propria solidarietà come qualche avvocato e gestori di altre attività non colpite direttamente da dpcm e ordinanze regionali. La preoccupazione, però, è di tutti perché, una crisi economica, avrebbe effetti devastanti per ogni settore, anche quelli non direttamente coinvolti nelle attuali misure. Se i commercianti sono scesi in piazza, ci sono stati due grandi assenti: la politica e gli avellinesi. E gli esercenti non hanno nascosto il loro disappunto di fronte a queste assenze ingiustificate. «Se la regione Campania non è stata chiusa è perché i napoletani sono scesi in piazza, ma gli avellinesi dove sono?» domanda uno dei tanti esercenti che si sono alternati al microfono per esprimere i propri disappunti e preoccupazioni.

«Siamo pochi in strada. Non vedo i cittadini, ma noi dobbiamo continuare a manifestare e far sentire la nostra voce. Ovviamente in modo pacifico», aggiunge un ristoratore prima di ammettere: «Penso che alla fine siamo soli, non ritengo che qualcuno ci possa appoggiare da un punto di vista politico, altrimenti sarebbe potuto venire qui anche solo ad esprimerci la propria solidarietà». Una denuncia forte, prima di raccontare i mesi vissuti dal primo lockdown a oggi, compreso quei contributi stanziati dal Governo e mai visti. «Gestisco da 16 anni una trattoria in città a conduzione familiare, sono stati mesi difficili – spiega. Siamo andati avanti facendo tanti sacrifici. Intanto i 600 euro più gli altri 600 del Governo Conte non li ho visti. Ma a parte questo, cosa avrei dovuto farci con soli 600 euro?». E da qui la provocazione: «Se la mia attività vale tanto, secondo lo Stato, cioè 7200 euro all’anno, vuol dire che il prossimo anno pagherò le tasse su questa cifra». Nonostante la delusione, l’invito a tutti è ad «andare avanti con la nostra protesta, mantenendo toni pacifici. Dobbiamo far sentire la nostra voce».

A prendere la parola c’è un altro ristoratore, questa volta di Ospedaletto, che ammette: «Tra ordinanze e dpcm non stiamo capendo più niente. Ci impongono di chiudere alle 18, ma la mia attività apre alle 19. In pratica non posso lavorare». L’appello a proseguire con le proteste arriva da più parti: «Questa piazza deve andare avanti – aggiunge un altro commerciante. Dobbiamo far sentire a tutti che ci siamo e che l’economia siamo noi. Se pagano gli stipendi è perché noi paghiamo le tasse. Senza di noi crolla tutto».
Oltre ai ristoratori e gestori di bar, ci sono anche altre attività pesantemente colpite dalle ultime misure: «Ora il problema sono diventate le palestre – spiega un esercente. Prima ci hanno fatto spendere un bel di soldi per adeguarci alle normative e ora ci chiudono».

Il malcontento è diffuso e tra i commercianti c’è chi, oltre a sottolineare i gravi disagi causati in tutti questi mesi, lancia una provocazione: «Bisogna tagliare gli stipendi a politici e forze dell’ordine per darli alle partita Iva». Non tutti sono d’accordo con provocazioni così forti, perché qualche commerciante chiede maggiore attenzione per non farsi coinvolgere in «una guerra tra le persone. Qualcuno diceva di tagliare gli stipendi politici, va bene, ma non alle forze dell’ordine che già guadagnano una miseria». E poi aggiunge la sua preoccupazione: «Questo non è un lockdown di 40 giorni, qua ci metteremo due anni per riprenderci. Per chi ce la farà a superare questo periodo».

Non solo commercianti in piazza, come dicevamo, ma anche esponenti di altre professioni. «Il dpcm non è una strategia per il futuro, ma un’ammissione di fallimento per il passato – spiega l’avvocato Gerardo De Martino. In questi otto mesi il Governo non ci ha capito niente e infatti arriviamo di nuovo a chiudere le attività commerciali. Se il lavoro non è più un diritto, allora perché pagare le tasse dovrebbe essere ancora un dovere?». L’avvocato De Martino denuncia gli errori commessi anche a livello regionale: «Eravamo arrivati a quasi zero contagi, ora sono riesplosi e di chi è la colpa? De Luca ha fatto in modo che in 5 mesi il virus arrivasse ovunque». Oltre a quello che succede nell’immediato c’è la paura che queste misure possano non portare a nulla, come sottolinea De Martino: «Credo che questo Dpcm non servirà. Dopo aver costretto in tanti a fare sacrifici, potremmo ritrovarci senza soldi, senza lavoro e con i contagi più alti».

Tra gli interventi non manca quello di stampo più negazionista: «Nei mesi del primo lockdown c’è stata una forte speculazione – denuncia un esercente. La pandemia non esiste e lo dicono tanti medici. È un finto problema. Le dinamiche sono di carattere economico».
Complotti a parte, il malcontento in piazza è diffuso. I commercianti provano a fare quadrato e pianificare le iniziative future perché, nonostante avellinesi e politica non si siano fatti vedere, il problema resta e la protesta andrà avanti.



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