I segreti di longevità delle comunità dei supernonni

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Ricordi il film con Julia Roberts “Mangia, prega, ama”? È uscito nel 2010 ma è ancora attualissimo per la sua lezione di vita, riassunta nel titolo. Mangia, perché non si vive d’aria, ma poi ricordati di coltivare il “cibo spirituale” come gli affetti e le amicizie. È un po’ il concetto implicito nel detto giapponese “se hai uno yen compra un chicco di riso e una rosa”, e suggerito da Dan Buettner, l’explorer del National Geographic che ha scoperto le blue zone, le cinque aree della terra più longeve, lontanissime tra loro ma con dei grandi valori comuni: l’amore per il prossimo, la fede e il contatto sociale. Scopriamo il fil rouge che le tiene unite.

Ridere allunga la vita

Fun forever? Sì, non è mai troppo tardi per farsi quattro risate e la scienza dimostra che la capacità di ridere e sorridere è un favoloso elisir di lunga vita. La dottoressa April Everett dell’University College of London, con il suo team di ricercatori, ha indagato sui benefici del R divertimento e della “risata collettiva” come scudo contro l’ansia, lo stress e il senso di solitudine che spesso attanaglia gli anziani. Ridere, infatti, è uno dei segni di appartenenza a un gruppo (chi ride da solo?), un messaggio che comunica “stiamo bene insieme, condividiamo le stesse emozioni”.

Ma come si divertono i veterani delle blue zone? Con musica, balli e giochi di società, che nulla hanno a che vedere con i solitari videogame tipo candy crash. Capofila del divertimento è Nicoya, una penisola della Costa Rica che lambisce l’Oceano Pacifico e che fa parte della provincia di Guanacaste.

Qui, le musiche e le danze preferite dai ticos animano le vie dei paesi, creando un clima festoso a cui partecipano tutti, bambini, adulti e anziani. E non è raro vedere ultranovantenni alle prese con danze caraibiche (cumba, lambada, salsa, merengue, swing costaricano) e che spesso, nelle feste tradizionali, si esibiscono in balli di gruppo come la danza della luna, quella del sole o lo spassosissimo “punto guanacasteco”, il ballo folcloristico della provincia di Guanacaste.

Anche a Icaria, l’isoletta greca sperduta nel mar Egeo che con i suoi 8500 abitanti rientra nelle blue zone, ci si diverte. Qui tutto ha il sapore di estrema tranquillità: la calma, i ritmi lenti, la contemplazione del mare e delle spiagge non ancora prese d’assalto dai turisti… Eppure, Edvilos e altri villaggi dell’isola diventano spesso teatro di eventi e di sagre paesane animate da balli folcloristici come il Sirtos, il Kalamatianos, il Tsamikos e l’Ikariotikos, una danza veloce nata proprio nell’isola di Ikaria. Così, tra un bicchiere di Pithari (vino rosso) e una chiacchierata all’aperto con i propri vicini, i vecchi vengono trascinati nel vortice delle danze.

Divertimento assicurato in Ogliastra e Barbagia, le due aree della Sardegna centro-orientale dove vive un elevato numero di centenari. Pensate: negli ultimi 20 anni Seulo, in Barbagia, si è confermato il paese più longevo al mondo, con diversi abitanti che hanno soffiato 107 candeline. E, caso strano, è proprio in queste provincie montuose della Sardegna che si mantengono vive le tradizioni: qui vengono organizzate sagre e feste campestri (come la sagra del cinghiale, che interessa diversi paesi, o quella del pecorino sardo e del caprino che si tiene a Tertenia) in cui si suona e si balla nei costumi tradizionali.

Conosci il ballo dell’argia, un antico rituale di guarigione, o “su ballu ogliastrinu”? Rappresentano momenti di aggregazione unici, che divertono e scacciano la malinconia, magari condividendo un bel bicchiere di Cannonau. E che dire dell’isola di Okinawa, situata a sud del Giappone tra il Mar Cinese Orientale e il Pacifico, che ospita circa 80 centenari ogni 100.000 abitanti? Qui non si balla molto, ma le occasioni di divertimento non mancano. E poiché i giapponesi sono superorganizzati, esistono dei “gruppi di gioco” per gli anziani che si ritrovano nei locali messi a loro disposizione per sorseggiare una tazza di té verde, raccontarsi le proprie vicende, giocare a carte, a Shogi (scacchi giapponesi) o a Go, un gioco da tavolo simile alla dama. Sfidandosi nei tornei, gli anziani discutono tra loro, vincono o perdono ma si divertono.

Le centenarie, invece, preferiscono altre pratiche ricreative, come dedicarsi all’ikebana, agli origami con la variante del Sembazuru (l’arte di piegare mille gru di carta) o al bashofu, la tessitura e pittura delle stoffe tipica di Okinawa. Così, tra pettegolezzi e confidenze di gioie e dolori, scorre la vita “social” degli isolani che, divertendosi insieme, mantengono l’ikigai, lo scopo della vita. Una vita degna di essere vissuta fino in fondo, a 30 come a 100 e passa anni.

Perché condividere una passione fa bene

«L’uomo è un animale sociale e la solitudine uccide più delle sigarette», spiega il professor Andrea Ungar, docente di geriatria all’Università di Firenze e presidente della SIGG (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria).

«La socialità è il sale dell’esistenza, la molla alla motivazione. Alzarsi al mattino con l’idea di avere piccoli impegni “in agenda”, compreso quello di incontrare amici e parenti per condividere delle cose, consente all’anziano di unire la propria energia individuale a un’“energia di gruppo”. Io dico sempre ai miei pazienti: la motivazione è alla base dell’azione. Dovete trovare uno scopo che va oltre i confini della vostra esistenza, occuparvi di qualcosa o di qualcuno, fosse anche un cane, un gatto o un criceto. Ridere, sorridere, mantenere una vita sociale riduce lo stato infiammatorio alla base di molte patologie geriatriche, aumenta le difese immuntarie e abbassa il rischio di trombosi.

Il ballo, poi, ha la magica capacità di fondere due benefici: il movimento fisico e la dimensione relazionale perché nessuno balla da solo. Due plus che agiscono in sinergia per affinare la funzionalità del sistema immunitario che, nella terza età, diminuisce. L’anziano che resta solo, invece, divenuto apatico e annoiato dalla routine ordinaria, si ammala di più e va incontro al declino cognitivo: a causa dell’atrofia cerebrale, dovuta alla mancanza di stimoli e di scambi interpersonali, si riduce la dimensione del cervello che diventa poco plastico e con meno connessioni neuronali». E poiché vige il detto mens sana in corpore sano, se si “ammala” la psiche, con disturbi d’ansia, insonnia e depressione, prima o poi lo fa anche il corpo.

Tutti i benefit della spiritualità

Un altro collante è la spiritualità. Qualche esempio? A Loma Linda, la cittadina di 10.000 abitanti situata in California, i cittadini sono accomunati dalla fede nella Chiesa Avventista, una branca del Cristianesimo protestante che ha come giorno di culto il sabato. Un giorno in cui gli abitanti si ritrovano per commentare i passi della Bibbia e, spesso, per consumare insieme i pasti. E se qualche anziano manca alle riunioni, c’è sempre qualcuno che gli bussa alla porta per sapere come sta o se ha bisogno di essere accompagnato.

La Chiesa Avventista, inoltre, svolge attività solidali attraverso l’ADRA (Adventist Development & Relief Agency) che arruola volontari per portare aiuto dove c’è bisogno. A Nicoya, invece, predomina il culto cattolico, sentito da tutta la popolazione e manifestato non solo nella celebrazione eucaristica della domenica ma anche nelle processioni religiose in stile spagnolo che animano la città, soprattutto nella settimana di Pasqua. Anche nell’Ogliastra e nella Barbagia, culle di supercentenari, la fede cattolica riunisce figli, nonni e nipoti e non si contano le feste patronali, in onore di santi e sante, che pullalano nei paesini arroccati sulle montagne del Gennargentu.

Tra queste, la festa di Sant’Antonio Abate che si svolge a Baunei tra il 16 e il 17 gennaio. Saltando di continente in continente, voliamo di nuovo a Okinawa dove gli abitanti osservano una religione autoctona chiamata ryukyana, che ha subìto influenze di taoismo, buddismo e shintoismo e che promuove il culto degli antenati: non c’è isolano che non abbia a casa il “tempietto degli avi” a cui rivolgere preghiere e offerte. La ryukyana prevede inoltre riunioni al tempio per recitare le preghiere e per ricordarsi di praticare la compassione del bodhisattva, quel sentimento di empatia e solidarietà che fa sì che nessun anziano venga abbandonato a sé stesso o rinchiuso in un ospizio. Religione a parte, sempre a Okinawa è facile notare “over 90” riuniti in un prato per praticare il tai chi chuan, una “meditazione in movimento” che tempra lo spirito e aumenta l’energia vitale.

Ma perché condividere una fede è sinonimo di lunga vita? «Giova alla salute psichica dell’anziano regalandogli un senso di protezione e l’intima convinzione che, se ha qualche problema di salute, può contare su una rete di supporto», spiega il professor Claudio Mencacci, psichiatra a Milano e presidente della SINPF (Società Italiana di Neuropsicofarmacologia). «Viceversa, non poter contare su nessuno è fonte di stress cronico. Questo causa infiammazione, dovuta al rilascio di citochine proinfiammatorie, con disturbi metabolici (diabete), cardiologici, oncologici e neurodegenerativi: gli anziani soli si ammalano di Alzheimer e Parkinson».

Oltre alla rete sociale, conta la capacità dell’anziano di dare e ricevere amore. «Il famoso Harvard Study, durato 85 anni (dal 1937 al 2022), ha dimostrato che le coppie felici si ammalano meno», prosegue Mencacci. «Perché hanno dalla loro parte la “chimica dell’amore”: ossitocina (l’ormone degli abbracci e del piacere del contatto fisico), vasopressina (stimola sentimenti di tenerezza e di calore), dopamina (senso di gratificazione), serotonina (l’ormone del benessere) e, non ultime, endorfine che non sono soltanto degli antidolorifici naturali ma un segnale di piacere importante».

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