Questo spazio quotidiano di creatività si chiama “Idee Resistenti” per due motivi: anche nella Fase 2 dell’emergenza Covid-19 è necessario resistere, esercitare la creatività e applicarsi a ciò che ci piace aiuta la mente a orientarsi in una direzione diversa: quella del futuro. Se avete voglia di inviarci le vostre Idee Resistenti scrivete a: eventi@ilciriaco.it.
L’ospite di oggi è Oscar Cini, noto in città come organizzatore di festival (è uno dei fondatori di Koiné Art Lab, associazione organizzatrice di MAS Fest, una delle più longeve e innovative manifestazioni musicali in città), serate musicali anche come dj. Figlio di un’irpina e di un toscano, come ama definirsi, Oscar si appassiona alla musica dall’adolescenza, ma non solo: ama anche il calcio e la scrittura. Come tanti avellinesi, perciò, da qualche anno vive a Milano, dove ha scritto di sport per Rivista Undici e oggi lavora per una agenzia di comunicazione, Oggi ha 35 anni e sogna di invecchiare nella sua città. Ha scritto di musica sul sito Dancelikeshaquilleoneill dlso.it, Zero e su Rockit.
Oscar, come hai vissuto la quarantena in Lombardia?
“Non benissimo. Purtroppo si percepiva chiaramente un senso di precarietà e assoluta incapacità da parte delle istituzioni lombarde nel gestire l’emergenza. Essendo solo ho dovuto fare tre mesi di allenamento sull’autocontrollo, non potendo uscire molto ho imparato a cucinare almeno. Per il resto non avere interazioni sociali in un contesto come quello dell’emergenza pandemica è stata dura, già vivere lontano da casa lo è un po’ tutti i giorni, figurati con una situazione così delicata in cui intorno a te le ambulanze viaggiano in continuazione e il portiere del palazzo ti avverte che due numeri dopo di voi ci sono almeno due casi sicuri. È stato stressante”.
Cosa è cambiato ora con la Fase 2, che sensazioni hai o come hai modificato le tue abitudini?
“A Milano, prima che tornassi qui ad Avellino per un paio di settimane, la vita aveva lentamente ripreso a scorrere. Alcuni ovviamente non avevano capito che Fase 2 non voleva dire liberi tutti e questo non mi lascia grande fiducia per i prossimi mesi. Io avevo ripreso a uscire giusto qualche volta durante la settimana per fare una passeggiata in solitaria. Ora sono tornato per qualche a casa, potendo lavorare ugualmente da qui mi sono concesso di allontanarmi temporaneamente dal centro del problema”.
Come vivevi le notizie che apprendevi sull’Irpinia, il grande focolaio di Ariano e la relativa calma degli altri luoghi… ti sei mai pentito di non essere tornato giù?
“Con preoccupazione, la mia famiglia è tutta ad Avellino. Cercavo di tenermi informato, il fatto stesso di aver aspettato così tanto per tornare era dovuto al senso di responsabilità. Alla volontà di non creare problemi. È complicato però, vivi una doppia tensione: per te che sei solo in Lombardia e per la condizione di familiari e amici che sono lontani. La situazione di Ariano è stata forse la maggior fonte di angoscia, soprattutto dal punto di vista umano; per un fatto di empatia”.
Cosa hai fatto di diverso in quei giorni? Hai avviato qualche nuovo progetto approfittando di quel tempo bloccato?
“Non molto. Non credo alla creatività da quarantena, siamo in un momento in cui guardiamo la nostra condizione di finitezza dritto negli occhi. Personalmente ho guardato qualche film che avevo lasciato indietro, come dicevo ho imparato a cucinare e provato a leggere ogni tanto. Ma con scarsi risultati devo dire. La concentrazione era poca”.
Cosa pensi di aver imparato da questa esperienza?
“Che sono molto più forte di quello che credevo”.
In una situazione di catastrofe come questa immagino tu abbia pensato a cosa avrebbe fatto tuo padre Giovanni Cini, il mitico “Giovanni della Misericordia”, giunto in Irpinia per aiutare dopo il terremoto e attivissimo nel sociale…
“Eh, bella domanda. Il mio ricordo di mio padre è da sempre di lui con i capelli bianchi, quindi adulto, quasi anziano. Oggi avrebbe potuto fare poco direi, ma avesse avuto qualche anno in meno sarebbe stato su qualche ambulanza della Misericordia a dare una mano. Essere in prima linea era il suo modo per non pensare ad altro. Aveva questo chiodo fisso dell’aiutare il prossimo, non riusciva a non farlo. Credo sarebbe stato in giro a prestare soccorsi o aiutare per quel che poteva”.
Come vedi il futuro? Specie per i giovani, specie per chi si occupa di comunicazione come te?
“Bella domanda, a cui non so rispondere. Io credo che avvenimenti come questi servano anche a ragionare su possibili cambiamenti di prospettive globali e personali. Onestamente la cosa che continuo a percepire è il fatto che questo Paese non dà particolari garanzie ai più giovani. Molte delle persone con cui sono cresciuto sono dovute andare via, per volontà o necessità, per provare a costruirsi un futuro e non mi sembra che sia cambiato poi molto; conosco persone molto valide che faticano a trovare una stabilità. Direi che è frustrante. Sulla questione del lavoro nel mondo della Comunicazione da un lato può presentare grosse occasioni sapendole cogliere, dall’altro devi fare anche i conti con il fatto che non sei essenziale in casi come questo. Puoi inventarti delle attività ma ecco, quello che è fondamentale sta altrove”.
Credi che le norme di sicurezza per i concerti funzioneranno? Il clubbing è morto?
“Per la musica, beh, è l’anno zero; conosco molti amici che stanno provando a ragionare e immaginare idee per una ripartenza. Non è semplice. In questo senso le scelte del Governo non sono esattamente lungimiranti: se non puoi somministrare cibo e bevande durante i live gli eventi stessi smettono di essere sostenibili. C’è il tentativo di organizzare dei live in streaming, ma anche lì se il potere di spesa si abbassa non sono certo che pagare per un live in questa modalità sia più una priorità per molti. Al tempo stesso è in questi momenti che possono nascere grandi innovazioni; certo per ora ancora non ne abbiamo viste e non è facile immaginarle in una condizione di preoccupazione generale così elevata. Per il clubbing la questione è simile: se ascoltare musica è un momento di condivisione, di confronto, come puoi farlo veramente e godere di un evento in cui devi mantenere le distanze da chi hai vicino, non puoi bere una birra, non puoi parlare con gli amici con cui sei andato nel posto? Diventerebbe forse ancora più alienante”.
Cos’è la musica per te?
“Da qualche anno la vivo meno intensamente. Da quando ho cominciato a lavorare seriamente ho dovuto sottrarle del tempo ed essendo un perfezionista se non faccio qualcosa con precisione non la faccio. Continuo però ad ascoltare cose e cerco di tenermi aggiornato. Durante il lock-down, nei primi mesi abbiamo avuto dei momenti con i miei amici storici in cui condividevamo i guilty pleasures dell’ascolto. Abbiamo passato un’intera serata a mandarci classici e gemme nascoste della canzone italiana fino alle due di notte. Direi che per me la musica è un’indispensabile compagna di viaggio”.
Ecco la playlist di Oscar Cini
- James Senese, Love Supreme
- Jeff Parker, Go Away
- Nino Buonocore, Anche questo è amore
- Rosa, Acqua di Sale
- India Jordan, For you