Questo spazio quotidiano di creatività si chiama “Idee Resistenti” per due motivi: anche nella Fase 2 dell’emergenza Covid-19 è necessario resistere, esercitare la creatività e applicarsi a ciò che ci piace aiuta la mente a orientarsi in una direzione diversa: quella del futuro. Se avete voglia di inviarci le vostre Idee Resistenti scrivete a: eventi@ilciriaco.it.
Incontriamo oggi Antonietta Gnerre, docente, poetessa, critico letterario, saggista, giornalista e promotrice culturale.
Laureata in Scienze Religiose, studia con passione la poesia religiosa del Novecento, collabora con la Cattedra di Diritto e Letteratura del Prof. Felice Casucci, Università del Sannio (BN) e con l’Università Irpina del Tempo Libero.
Ha pubblicato le sillogi poetiche: Il Silenzio della Luna (Menna,1994), Anime di Foglie (Delta 3, 1996), Fiori di Vetro- Restauri di Solitudine (Fara, 2007), Preghiere di una Poetessa (Lo Spirito della Poesia, Fara, 2008), Pigmenti (Edizioni L’Arca Felice, 2010), I ricordi dovuti (Le Gemme, Edizione Progetto Cultura, 2015). I Saggi: Meditazione
poetica e Teologica in Mario Luzi ( Delta 3, 2008), Cristina Campo – Il viaggio silenzioso e spirituale, Forme di pensieri, saggi di Diritto e Letteratura, a cura di Felice Casucci (ESI, Napoli, 2013 – 2015). Ha curato insieme a Rita Pacilio l’Antologia poetica “Una luce sorveglia l’infinito” sul tema del Giubileo della Misericordia (La Vita Felice 2016) e insieme
alla famiglia Bellofatto, l’antologia “Abracci” (D&P 2016). Consulenza e postfazione del libro di Andrea Fazioli “La beata analfabeta. Teresa Manganiello, la sapienza delle erbe (San Paolo, 2016. Collana Vite Esagerate). La favola “La storia di Pilli” (Scuderi Editrice, 2019). È
Presidente del PREMIO Internazionale PRATA, la cultura nella Basilica, giunto alla XIV ed. e Direttore artistico della Festa dei Libri e dei Fumetti di Avella. Collabora come opinionista con quotidiani e riviste religiose e come critico letterario e intervistatrice con riviste cartacee e on line di cultura poetica. Le sue opere sono state tradotte in Messico,
Slovenia, Bosnia.
Antonietta Gnerre, come hai vissuto l’esperienza della quarantena?
“Leggendo molto più di prima. Ho riletto il libro di Antonio Scurati “Il padre infedele” e tante altre cose che non prendevo dalla mia libreria da anni. Leggo su Zoom le favole ai bambini, su Skype con gli amici poeti. Invece su Twitter promuovo e condivido letture con Casa Lettori. Sono impegnata con la manifestazione on line della Festa dei Libri e dei fumetti di Avella. Inoltre, in quest’ultimo periodo, ho rivisto le lettere che conservo. Che non leggevo da anni. È stato molto difficile riprendere tra le mani quelle del poeta Vincenzo D’Alessio, scomparso da poco. Un irpino illustre che ha dato tanto a questa terra. Ho rivisto tante cose, ciò che resta in vita nei ricordi”.
Come è cambiata la tua vita e come ti aspetti il futuro?
“Ho continuato a fare le cose che facevo prima, soltanto da casa. Certo con tante limitazioni, preoccupazioni e paura. La didattica a distanza mi sta insegnando tantissime cose. Bisogna coordinare bene gli sguardi e ciò che si dice. C’è quella frazione di tempo che gioca sull’immagine rallentata che ci fa comprendere l’importanza delle piccole cose che
facevamo prima della pandemia. Il futuro, invece, lo guardo con fiducia. Lo guardo con la speranza di rimetterci in cammino, in fondo andando a ritroso nella storia riusciamo bene a capire che ce la faremo. La storia ci elenca le pandemie che gli esseri umani hanno dovuto affrontare come la peste, la spagnola, l’influenza asiatica, l’influenza Hong Kong e altre epidemie più recenti (Ebola, Sars, Influenza avaria). Ho molta fiducia nel mondo scientifico. Ho molto ammirato la forza dei medici, degli infermieri, dei farmacisti. Ci hanno fatto capire quanto è importante il loro lavoro”.
Da un punto di vista poetico cosa rappresenta per te l’epidemia, il distanziamento, il desiderio di speranza o la mancanza di essa?
“La poesia racconta gli eventi in modo frazionato. Per esempio durante l’assedio a Sarajevo il poeta Izet Sarajlic vive quel dramma osservandolo fino al dolore più lacerante. Osservare il proprio dramma significa posizionarlo in quella parte che racchiude il dolore che io chiamo “reale e invisibile”. La parte dove per me nasce la poesia. La scrittura ha bisogno di quei passaggi fondamentali come l’arte del procedimento del pane: impasto, lievitazione, cottura. Il poeta racconta l’essenza della nostra umanità. Quel vento trasparente ripreso più volte dall’autrice Lina Kostenko. La poesia ha la capacità di rivolgersi a qualsiasi vento. Parla della natura, diventa natura. Attinge dal mistero di un’intuizione per arricchirsi nella metafisica della quotidianità degli esseri umani”.
Che supporto ti stanno dando la fede e la poesia?
“Papa Francesco ha detto più volte che la preghiera è potente. Egli stesso comincia ogni sua giornata alzandosi prima dell’alba e dedicando alla preghiera le prime due, tre ore. Perciò anch’io coltivo questo rapporto quotidiano con la preghiera. Forse prego anche quando scrivo le poesie. Ho pensato moltissimo alle persone che non ci sono più. Che sono andate via con un silenzio terrificante”.
Quali sono i progetti a cui stai lavorando?
“La scrittura mi fa compagnia da sempre. Oltre alla critica letteraria e alla poesia, che non mi abbandonano mai, sto ultimando un romanzo per ragazzi che uscirà in autunno. Una storia, ambientata in Irpinia, che ho iniziato a scrivere due anni fa”.
Pensi che da tutto questo trarremo un insegnamento utile, una qualche
evoluzione?
“Penso proprio di si. Intravedo cambiamenti notevoli, mi riferisco all’enorme mutamento che abbiamo subito usando in modo nuovo i social. La tecnologia sta aiutando i giovani, i bambini, gli anziani, a superare le distanze con un filo di speranza in può. L’uso intelligente dei social network, di cui parlavano da anni gli esperti, è arrivato”.
Come vedi tu l’uomo messo di fronte alla sua piccolezza e di fronte alla forza della natura?
“L’uomo è abituato a combattere contro gli attacchi delle pandemie. La letteratura è un ottima fonte per ricercare altre situazioni simili. Basta rileggere Tucidide, il celebre storico greco, che racconta la peste che nel 430 a.c. colpì la città stato di Atene. La peste nera che arrivò in Italia nel 1348 raccontata da Giovanni Boccaccio. Le cento novelle che compongono il Decameron, narrano di dieci giovani che si allontanano da Firenze per sfuggire al contagio. La peste del 1630 raccontata da Manzoni ne I promessi sposi. Ma la natura non è solo matrigna, come potrebbe apparire. È soprattutto madre e può insegnarci tante cose, prima di tutto il rispetto per noi stessi e per il creato. Dalle piante, sto imparando ancora di piu ad apprezzarla. La natura è la forza che ci ha fatto compagnia in questo periodo difficile”.
Poesia dedica a all’Irpinia
Provvisori segni, versi di cicatrici consumate.
Già cresce un’altra nuvola sulla montagna
dove riposano le ombre dei lupi.
Vedi, l’Irpinia somiglia all’universo.
La misuro con le imposte delle case distanti,
che abbiamo abitato,
per esercitare un sopralluogo di pensieri.
Ecco, l’istante comprende ciò che siamo stati,
la resa degli anni che si riorganizza.
Se mi dici, se ti dico,
che questa gioia di guardarci è poca cosa
un’eco da lontano ricompone,
dentro e fuori dall’atmosfera,
la voce di un amore.