«Assurdo che a 40 anni dal sisma Avellino faccia ancora i conti con i “buchi neri”. Dall’amministrazione ci aspettiamo un atto di coraggio, anche l’esproprio per pubblica utilità. Ci vuole una visione strategica per la città». Erminio Petecca traccia un bilancio di un anno di attività dell’Ordine degli Architetti che, nel 2021, dovrà rinnovare le sue cariche dirigenziali.
Per l’Ordine degli Architetti il 2020 è stato un anno di incontri nonostante la pandemia. Che bilancio traccia?
«Non ci siamo persi d’animo, abbiamo da subito deciso di utilizzare il Covid e le restrizioni conseguenti all’emergenza sanitaria, per organizzarci attraverso la piattaforma digitale e continuare nel lavoro di formazione e confronto con i colleghi. E, paradossalmente, in questo anno così particolare abbiamo lavorato in maniera eccezionale. Siamo riusciti ad avere ai nostri convegni fino a 1000 partecipanti, in presenza sarebbe stato impossibile trovare in città finanche un luogo adatto ad ospitare tante persone. Al di là dei numeri, i nostri eventi formativi sono stati di grande qualità e ci hanno consentito di avere con noi relatori importantissimi, storici dell’arte, giornalisti, intellettuali, architetti di fama internazionale. Quindi un bilancio assolutamente positivo dell’anno in cui abbiamo celebrato anche il quarantennale del terremoto dell’80. Appuntamento che abbiamo affrontato con serietà e con confronti lontani dalle solite passerelle politiche a cui siamo abituati ogni 23 novembre, preferendo discutere, anche in chiave autocritica, sul lavoro fatto soprattutto dagli architetti nella ricostruzione post terremoto».
Del terremoto restano ancora indelebili i segni in centro città con la presenza dei cosiddetti “buchi neri”.
«Quella dei buchi neri di Corso Vittorio Emanuele è una questione non più rinviabile. Il Comune di Avellino deve affrontarla ponendosi anche una scadenza certa, interpellando legali e proprietari dei palazzi e degli spazi in questione senza spaventarsi neanche di fronte all’ipotesi di dover arrivare ad un esproprio di quei beni per pubblica utilità. Ci vuole un’azione forte, non è più tollerabile che dopo 40 anni quei palazzi siano ancora lì in quelle condizioni, segni indelebili del terremoto ancora intatti nel loro decadimento. Su ogni cosa ci vuole un progetto strategico, un amministratore illuminato a tutti i livelli prima di candidarsi deve qual è la sua idea sulle cose da fare, sui problemi da affrontare e come risolverli. Se i proprietari non si attivano per quanto di loro competenza, il Comune si prenda quei beni e li ascriva al patrimonio immobiliare comunale. Poi si decide cosa farne. Personalmente ritengo che quelle quinte vanno completate, non trovo soddisfacente pensare di abbatterle e creare spazi vuoti perché significherebbe lasciare incompleta una cortina di città. Certo qualsiasi soluzione sarebbe migliore dello stato attuale di mini parchi urbani di erbacce selvatiche nel pieno centro del capoluogo. Ma, ripeto, bisogna agire concentrando le energie, senza disperderle in azioni estemporanee come ad esempio spostare dalla sera alla mattina il mercato da una zona all’altra della città, salvo poi rendersi conto che la nuova location individuata, campo Genova, presenta criticità non trascurabili».
Tra i progetti da portare avanti c’è il restyling della Dogana. Perché l’Ordine è contrario alla procedura di selezione di un archistar proposta dal Comune?
«La Dogana è ferma lì da danni e oggi si è ancora alla ricerca di un archistar per la progettazione, procedura che a nostro avviso non è percorribile, ma che è il segno della mancata capacità di progettazione amministrativa. Così come il restauro dell’ex Asilo Patria e Lavoro costato alla comunità 1,7 milioni per poi venderlo a 480.000 euro, senza porsi il problema di chiedersi cosa non abbia funzionato per arrivare a svenderlo a meno della metà di quanto è costato. Tornando alla Dogana, finché si paventava l’ipotesi di un super consulente quale poteva essere il professore Francesco Venezia, nostro iscritto e tra gli architetti più qualificati di levatura nazionale e internazionale, era un conto. Ma da qui a dire di affidare un incarico di progettazione ad un archistar che possa risolvere il problema, significherà perdere altro tempo. Innanzitutto la legge oggi non consente affidamenti diretti se non fino a 75.000 euro, cifra che non comprende solo la parcella del professionista chiaramente. L’incarico va affidato attraverso una gara ad evidenza pubblica che, a nostro avviso, dovrebbe prevedere due gradi: un concorso internazionale di idee aperto alla partecipazione di giovani laureati, da far poi accoppiare ad uno studio professionale avviato che possa avere requisiti ed esperienza necessari richiesti dal progetto. Invece ad un anno e mezzo dall’insediamento di questa amministrazione siamo ancora a discutere della ricerca di un archistar, mentre la Dogana resta lì immobile e abbandonata».
Tra i progetti che stanno facendo discutere, c’è anche quello di restyling della Biblioteca provinciale con la previsione di una teca esterna. Cosa ne pensa?
«Innanzitutto da parte della Provincia noto molta più operatività, da quello che ho potuto seguire il progetto rispetta i parametri di legge, gli incarichi sono sotto soglia, la spesa per la teca è esigua e peraltro parliamo di una struttura mobile, quindi smontabile. E’ un progetto che ha una sua logica anche strategica e che mira a mettere in collegamento il museo con quella parte di città. E lo dice uno che con il presidente Biancardi è stato anche molto critico in altre circostanze, come ad esempio sul progetto del traforo del Partenio su cui resto dell’idea che prima di immaginare altre grandi opere bisognerebbe concentrare l’attenzione sul completamento dell’esistente, come la strada a scorrimento veloce della Valle Caudina o la ferrovia Cancello-Benevento tra le più antiche della Campania».
Il 2021 sarà per l’Ordine anche anno di elezioni e rinnovo delle cariche. Lei si ricandiderà alla presidenza?
«A febbraio dovrebbe esserci l’elezione del consiglio nazionale e poi quelle degli ordini territoriali che però potrebbero essere rinviate perché diventa difficile farle da remoto. Credo di riprovarci, me lo stanno chiedendo in tanti. Tutti d’altronde ci riconoscono il lavoro svolto, l’Ordine ha acquisito una visibilità di livello nazionale e viene visto tra i più attivi sul territorio per il numero e la qualità degli eventi realizzati, per le iniziative intraprese come la riqualificazione dei borghi e delle masserie storiche, i castelli, insomma un lavoro di squadra che mi piacerebbe proseguire».