Pochi minuti per i gruppi parlamentari del centrodestra, un intero pomeriggio per le opposizioni arrivate in ordine sparso: bastano i fotogrammi delle consultazioni al Quirinale, fra giovedì e ieri, per diagnosticare lo stato di salute dei partiti al momento del varo del primo governo guidato da una donna che rivendica con orgoglio la sua matrice di destra. L’unità della maggioranza, raggiunta a fatica silenziando le intemperanze di Silvio Berlusconi, è attesa presto alla prova dei fatti, mentre le divisioni delle opposizioni non hanno purtroppo bisogno di conferme. Insomma, il nuovo governo nasce col vento in poppa e potrebbe ricevere presto il benvenuto di Emmanuel Macron che sarà a Roma domenica e lunedì; ma per il momento vive in equilibrio in un contesto politico che potrebbe riservare sorprese. Cominciamo dalla maggioranza, dove nessuno più si fida ormai del fondatore di Forza Italia, le cui iniziative, dopo la pubblicazione dei video con i giudizi eterodossi su Putin, Zelensky, la guerra e la composizione dell’esecutivo, restano imprevedibili. Berlusconi ha dovuto subire la leadership e le decisioni di Giorgia Meloni e quindi rinunciare a piazzare al governo persone di sua fiducia in posti chiave come il ministero della Giustizia; ma gli restano ancora carte pesanti da giocare. Con la nomina dei capigruppo di Camera e Senato si è garantito il controllo di parte delle pur ridotte truppe parlamentari, e fra poco potrà contare anche sul coordinamento dell’intero partito, affidato a Licia Ronzulli. Il rischio di imboscate, soprattutto al Senato, è evidente, tanto che, a quanto pare, i fedelissimi di Giorgia Meloni si stanno già dando da fare per mettere a punto una strategia di riserva per ovviare alla possibile fronda di qualche senatore nelle votazioni più difficili. Occasioni di una conta non mancheranno, visto che il calendario dei lavori d’aula è molto corto. Ieri, in un’intervista al “Corriere della Sera” il ministro dell’Economia uscente Daniele Franco ha rivendicato i successi della propria gestione: crescita superiore alle attese, riduzione del debito, buone prospettive per l’immediato futuro. Al nuovo governo spetterà il compito di mantenere il trend positivo, ma per farlo dovrà rinunciare alle promesse di aumento della spesa e riduzione delle entrate fiscali fatte in campagna elettorale soprattutto da Forza Italia e dalla Lega. Se dovessero venir meno alcuni voti della maggioranza, come è già successo nelle elezioni dei presidenti delle Camere, occorrerà ricorrere all’aiuto di qualche “volenteroso”, senza rinunciare all’ipotesi di una defezione dai ranghi berlusconiani. Poi c’è il capitolo della politica estera, della fedeltà atlantica, degli aiuti militari all’Ucraina. Il decreto che finora ha consentito per cinque volte l’invio di armi a Kiev è in scadenza e dovrà essere rinnovato entro l’anno: viste le perplessità della Lega e in parte di Forza Italia, per la maggioranza sarà un banco di prova, anche se il Pd dovrebbe garantire il suo appoggio. Se, come è probabile, lo farà, approfondirà ulteriormente il solco che lo separa dai Cinque Stelle, e la prospettiva del “campo largo”, invano accarezzata da Enrico Letta in campagna elettorale, si allontanerà ulteriormente. E così veniamo alle opposizioni, che alla nascita del governo di destra si presentano divise e preda di sospetti reciproci. Insomma, non una luna di miele per il governo, ma neppure una passeggiata per le opposizioni.
di Guido Bossa
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