E’ un volume prezioso “The musician and the senator. The microhistory of a friendship -Il musicista e il senatore. Microstoria di un’amicizia” di Vincenzo Barra, pubblicato in un’edizione inglese, dedicato allo studio della corrispondenza tra Luigi Prisco e il senatore Donato Di Marzo. E’ lo stesso autore a spiegare come abbia scoperto per caso l’interessante epistolario “Mi stavo occupando del carteggio tra Giustino Fortunato e Donato Di Marzo, ho notato che veniva spesso citato nelle lettere un personaggio dell’entourage del senatore Di Marzo, gli faceva da segretario ma si occupava soprattutto di musica, si chiamava Luigi Prisco, nato ad Avellino nel 1857. Ho scoperto, poi, che lo stesso archivio Di Marzo, conservato al centro Dorso, custodiva un corpus di lettere scritte al senatore proprio da Prisco, dopo la partenza per l’America. Così ho cominciato ad interessarmi di questo personaggio. Il musicista è una di quelle figure di cui non si conserva memoria, ponte tra società civile ed esponenti della politica. Pianista e compostore, pioniere del sassofono ma impegnato anche nella musica di piazza, la sua carriera musicale culminerà con la direzione dell’Orchestra del Teatro Comunale di Avellino. Sarà, poi, anche insegnante di canto al Convitto Nazionale alla Normale. La sua terza attività era quella di segretario del Di Marzo, era stato il senatore a farlo studiare, era cresciuto con lui, sarà sempre riconoscente a Di Marzo per il sostegno ricevuto e conserverà con lui una forte amicizia. Nel 1902 la scelta di emigrare, malgrado fosse radicato nel tessuto culturale e non certo un emarginato, una scelta per certi versi inaspettata, di qui il tentativo di capire, attraverso le lettere, le ragioni di quella partenza e il difficile percorso di integrazione a New York. Si ritroverà catapultato da una realtà provinciale in una metropoli, le lettere ci consegnano il suo sguardo sugli Usa”.
Barra sottolinea come “Siamo abituati alla narrazione dell’emigrazione dal punto di vista dei suoi costi sociali, parliamo del fenomeno soprattutto in termini di numeri. Questo carteggio ci aiuta a rimettere al centro le persone, si comprende che la storia è fatta di percorsi individuali”. Chiarisce come “La scelta è stata quella di studiare queste carte nella maniera più scientifica, a partire da un approccio microstorico che guardasse al corpus documentario dell’epistolario come fonte principale dello studio, dal linguaggio usato ai fatti narrati. Ad emergere è il desiderio del maestro Prisco di essere protagonista della sua esistenza, deciso ad affermarsi come musicista negli Usa. Quella di Prisco, vedovo, con due figlie adolescenti, sarà una scelta radicale, emigrerà a New York nel tentativo di coronare il sogno di diventare compositore. Un gesto che può essere letto anche come un segno di insoddisfazione nei confronti del contesto italiano del tempo, dominato dal clientelesimo, da una politica legata a un costante scambio di favori che limitava la sua volontà di realizzazione Negli Usa lavorerà come maestro privato di canto e continuerà a fare il musicista, membro attivo dell’orchestra dell’hotel Waldorf, nè smetterà di comporre musica e di eseguire pubblicamente le sue composizioni, coltivando in tutti i modi il sogno americano. Non lo realizzerà mai, anche a causa di una serie di vicende romanzesche, molto caratteristiche ma conserverà sempre un forte legame di amicizia con Di Marzo. Si tratta di un rapporto che nasce all’ombra di un sistema clientelare, perde, a poco a poco, il carattere legato al favoritismo e si consolida come rapporto di amicizia disinteressata. Malgrado non ci sia giunta la parte dell’epistolario scritta da Di Marzo, a delinearsi è anche la figura del senatore, dai consigli rivolti al giovane musicista alla condivisione di vicende familiari, fino alle competizioni eletteroali, si riflette in uno specchio anche la realtà che vive il senatore”