Nella lotta contro il cancro il fattore tempo è fondamentale. L’obiettivo dei ricercatori è proprio quello di mettere a punto strategie mirate per arrivare a una prognosi sempre più precoce. Tra le tecniche più innovative oggi c’è la biopsia liquida, considerata da molti il futuro dell’oncologia.
Due le ragioni delle aspettative che il mondo scientifico ha verso questa tecnica: le potenzialità che già oggi esprime e i risultati che potrà offrire un domani. Ne parliamo con Lorenza Rimassa, professore associato di Oncologia Medica di Humanitas University e Capo Sezione Oncologia Epato-billio-pancreatica dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Milano.
Che cos’è la biopsia liquida
«Si tratta di un esame del sangue specifico che permette di vedere se ci sono cellule tumorali circolanti, o meglio, Dna tumorale circolante. Può essere impiegata, in situazioni ben definite, per monitorare il decorso di una malattia o per trovare una risposta a farmaci antitumorali. Non si tratta però di un metodo di screening oncologico da impiegare su persone sane», precisa la professoressa Rimassa.
Come si esegue la biopsia liquida
Il paziente oncologico viene sottoposto a un prelievo di sangue. Grazie a specifici test si cercano cellule tumorali o frammenti di Dna rilasciati nel sangue dal tumore stesso.
«Si parte dunque da una malattia in corso – puntualizza la specialista -. E questa tecnica potrà servire a monitorare l’evolversi della stessa, evitando al paziente esami più impegnativi come Tac, risonanza magnetica e biopsia».
Non è un test di screening
È importante sottolineare che a oggi questa tecnica non può essere utilizzata a fini diagnostici. «Nelle persone sane ancora non sappiamo che cosa cercare. Quindi non è ipotizzabile impiegarla per sapere se una persona si ammalerà», fa notare l’oncologa dell’IRCCS Humanitas.
«È altresì vero, però, che in alcuni tipi di cancro possiamo riconoscere la presenza di cellule malate prima della Tac e della risonanza magnetica e quindi anticipare il riscontro di una recidiva della malattia. Tale possibilità è però in corso di studio e non è ancora utilizzabile nella pratica clinica. Un’applicazione già in uso è invece quella di ricercare mutazioni genetiche che insorgono come meccanismo di resistenza a terapie a bersaglio molecolare e agire quindi sulle terapie farmacologiche quando non sono più efficaci».
Per quali tumori funziona la biopsia liquida
La biopsia liquida come strumento di monitoraggio della malattia non può essere utilizzata per tutti i tipi di tumore.
«L’impiego riguarda ad oggi solo alcune patologie come il tumore al polmone non a piccole cellule, dopo terapie con farmaci a bersaglio molecolari. Si effettua al termine di un ciclo di cure e ha il vantaggio di essere meno invasiva della biopsia tradizionale».
Il futuro della ricerca
Se oggi la biopsia liquida si effettua sul sangue, in futuro la ricerca potrebbe aprire nuove soluzioni e utilizzare questa tecnica per il tumore delle vie biliari (sulla bile) o per i tumori del sistema nervoso (sul liquor cefalorachidiano).
«Anche nel tumore al colon retto la bipsia liquida potrebbe essere un’arma preziosa per riconoscere in tempi più rapidi un’eventuale recidiva», evidenzia la professoressa Lorenza Rimassa. «Quello a cui si vorrebbe arrivare, ma siamo ancora lontani (ci vorranno ancora anni di ricerca), è poter individuare precocemente il pericolo di insorgenza di una malattia nei soggetti a rischio, oppure la presenza della malattia in una fase talmente precoce da poterla trattare quando ancora con altri strumenti non è visibile».
Fai la tua domanda ai nostri esperti